La mano sulla porta Kazumasa Nakagawa
Quando sto zitto
arriva mia madre.
Sta sola mia madre nella stanza di là.
E io solo e zitto nella stanza di qua.
Mia madre si alza e arriva di quando in quando.
Con una mano sulla porta
cerca di leggere il mio cuore:
io zitto mi lascio leggere.
Intanto mi nascono affetti
e le sorrido: “Che sei venuta a fare?”.
Ma so bene perché viene da me.
Dopo aver scambiato con me due o tre parole,
mia madre se ne va.
E io penso a tutti gli uomini.
Noi viviamo sostenendoci l’un l’altro.
E’ come reggerci con le mani sulle spalle di chi ci è accanto.
Si ha bisogno perfino delle persone che danno fastidio.
Chi sa se mia madre non pensa a questo
quando viene e mi guarda
con la mano appoggiata sulla porta?
Nonna Laura Zucco
Mi dicevi bella
con la voce ormai persa,
carezzavi la mia spalla
la mano rugosa
storte le dita,
c’era confidenza nel breve sorriso
poi tornava a sparire ogni coscienza
e lontano da tutti
lo sguardo rifletteva timore.
L’anima allegra rubata dal male
la parola caduta nella valle del nulla,
nonna vagavi
in un mondo di nebbie
cercando presenza passate
affetti lontani
per noi solo ricordi
per te l’unica vita.
Così soffrivi di incolpevoli assenze
quando alla finestra per ore
aspettavi la mamma,
ombra ormai da tanto,
tu
che già lo eri
senza sapere,
Pativo i tuoi vuoti
indovinavo i tuoi discorsi
calmavo la mia rabbia
ma nulla scalfiva
l’ovatta del tuo isolamento.
Quando la morte ti ha colto
ha benedetto il tuo viso
regalandoti un nuovo sole,
sei tornata quella che eri
e nel silenzio
ho risentito il saluto di un tempo
mentre l’immagine di te,
le dita lievi alle labbra
sfiorate da un bacio,
mi è compagna da allora
per sempre nella tua memoria.
L’arco de Costantino
Vincenzo Galli da “Roma romanesca turistica e panoramica”
Ed. Rugantino e Calandrino.
Doppo d’avé ammirato ‘sto colosso
da cima a fonno; te ritrovi accanto
a quell’amore d’Arco ch’è un incanto,
fatto da Costantino, lì a ridosso…
Lo fece fa, co’ l’animo commosso
per onorà er ricordo puro e santo
de chi morì cusì senza rimpianto
ma sereno, e cantanno a più nun posso…
Lo fece fa per onorà la Croce
che j’apparì ner mentre combatteva
una battaja quanto mai feroce…
Lo fece fa pe’ nun scordasse mai
la scritta luminosa che diceva:
“Sortanto in questo segno vincerai!”
Paese Dominick Ferrante “Poesie”
Dopo pranzo il paese non ha suoni
e il sole fiacca in giallo il silenzio.
Dopo pranzo l’aria calda non ha suono
come anche i rumori fossero fiaccati.
Così le foglie timide s’aprono finalmente
al vento placido, quasi innocuo, stanco.
Quei cinguettii s’alzano rari quassù
come brevi preludi alla vita che verrà;
un rombo imponente, due zoccoli che si
trascinano e voci assonnate scaldano
le prime ore del meriggio, le vie.
Nei bar i primi botti degli espressi
e il brillante scoppiettio dei bicchieri
annuncia la solita ripresa, gli incontri.
Ma il pomeriggio qui è un’amaca
calma che penzola
che appena si dondola molle,
poi si placa.