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MARZO 2008

     

La mano sulla porta Kazumasa Nakagawa

 

Quando sto zitto

arriva mia madre.

Sta sola mia madre nella stanza di là.

E io solo e zitto nella stanza di qua.

Mia madre si alza e arriva di quando in quando.

Con una mano sulla porta

cerca di leggere il mio cuore:

io zitto mi lascio leggere.

Intanto mi nascono affetti

e le sorrido: “Che sei venuta a fare?”.

Ma so bene perché viene da me.

 

Dopo aver scambiato con me due o tre parole,

mia madre se ne va.

 

E io penso a tutti gli uomini.

Noi viviamo sostenendoci l’un l’altro.

E’ come reggerci con le mani sulle spalle di chi ci è accanto.

Si ha bisogno perfino delle persone che danno fastidio.

 

Chi sa se mia madre non pensa a questo

quando viene e mi guarda

con la mano appoggiata sulla porta?

 

 

            Nonna Laura Zucco

 

Mi dicevi bella

con la voce ormai persa,

carezzavi la mia spalla

la mano rugosa

storte le dita,

c’era confidenza nel breve sorriso

poi tornava a sparire ogni coscienza

e lontano da tutti

lo sguardo rifletteva timore.

L’anima allegra rubata dal male

la parola caduta nella valle del nulla,

nonna vagavi

in un mondo di nebbie

cercando presenza passate

affetti lontani

per noi solo ricordi

per te l’unica vita.

Così soffrivi di incolpevoli assenze

quando alla finestra per ore

aspettavi la mamma,

ombra ormai da tanto,

tu

che già lo eri

senza sapere,

Pativo i tuoi vuoti

indovinavo i tuoi discorsi

calmavo la mia rabbia

ma nulla scalfiva

l’ovatta del tuo isolamento.

Quando la morte ti ha colto

ha benedetto il tuo viso

regalandoti un nuovo sole,

sei tornata quella che eri

e nel silenzio

ho risentito il saluto di un tempo

mentre l’immagine di te,

le dita lievi alle labbra

sfiorate da un bacio,

mi è compagna da allora

per sempre nella tua memoria.

 

            L’arco de Costantino

Vincenzo Galli da “Roma romanesca turistica e panoramica”

                        Ed. Rugantino e Calandrino.

 

Doppo d’avé ammirato ‘sto colosso

da cima a fonno; te ritrovi accanto

a quell’amore d’Arco ch’è un incanto,

fatto da Costantino, lì a ridosso…

 

Lo fece fa, co’ l’animo commosso

per onorà er ricordo puro e santo

de chi morì cusì senza rimpianto

ma sereno, e cantanno a più nun posso…

 

Lo fece fa per onorà la Croce

che j’apparì ner mentre combatteva

una battaja quanto mai feroce…

 

Lo fece fa pe’ nun scordasse mai

la scritta luminosa che diceva:

“Sortanto in questo segno vincerai!”

 

 

         Paese Dominick Ferrante “Poesie”

 

Dopo pranzo il paese non ha suoni

e il sole fiacca in giallo il silenzio.

Dopo pranzo l’aria calda non ha suono

come anche i rumori fossero fiaccati.

Così le foglie timide s’aprono finalmente

al vento placido, quasi innocuo, stanco.

Quei cinguettii s’alzano rari quassù

come brevi preludi alla vita che verrà;

un rombo imponente, due zoccoli che si

trascinano e voci assonnate scaldano

le prime ore del meriggio, le vie.

Nei bar i primi botti degli espressi

e il brillante scoppiettio dei bicchieri

annuncia la solita ripresa, gli incontri.

Ma il pomeriggio qui è un’amaca

calma che penzola

che appena si dondola molle,

poi si placa.

 

 



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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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