Chiesetta de San Bartolomeo da “Roma
romantica, turistica e Panoramica” di Vincenzo Galli
Esculapio, er gran dotto straordinario,
cià er tempio sotto a ‘sta Chiesetta santa
co’ tutto un episodio leggendario
dell’arte sua da medico, che incanta…
Ce venne da la Grecia, volontario,
guidato da la stella che imbrillanta
‘sto sito ancora adesso, er Serpentario,
che se ne gloria sempre e se ne vanta!
Qui tutti quanti l’assi della mente,
guidati da Esculapio ner lavoro
pijeno ancora in cura… er sofferente…
gente che, libberata dalle pene,
è sempre pronta de ripéte in coro:
“Fatebenefratelli…fate bene!..”
Zanguilone da “Poesie” di Dominick Ferrante
Così qui lo chiamano
quel poeta scalzo pazzo e furioso.
Furioso coi violenti
pazzo per vivere e
scalzo per il nostro riso.
Zanguilone, Pindaro e nonsense, luce zoppa in volo,
da quando ha preso a calci il cielo
non ha più smesso
lui, con la mole della morgia,
la voce del tuono,
occhi di diamanti offesi.
Pazzo, perché ama vita e morte insieme,
perché corpo in cancrena e anima immortale
perché pura, perfetta corruzione.
Amo il suo fiato fetido,
le sue nere zanne storte,
la pelle che intravedo fra quei solchi.
Amo le ciabatte smangiate dall’asfalto,
l’ombra inquieta del suo passo,
l’amore inferocito del suo sguardo,
“Penso razionale: amo e schivo il disuguale.
Amo ciò che mai sarò,
piripì piripò.”
Il normale ha schifo, ride sputa
il normale non lo ascolta mai.
Il normale è un muro frivolo
dove infrange il suo sogno ossessionato.
Amo, sogno il suo sogno, come lui lo sogna,
è il canto di un tenore irraggiungibile,
il sorriso inarrivabile di un bimbo,
la potenza innocente d’un pianto.
La stanza con vista sui tetti
Elena Salvatori (la mamma di Dominick)
E un tonfo
che fa da richiamo
un sussulto,
un batter di ciglia
al franar di pensieri
sul dorso di lacrime asciutte.
Su cristalli di sale
lentamente si sbriciolano
frammenti di immagini
rinchiuse nella stanza
con vista sui tetti
Cavalcano leggeri l'aria
a infilarsi
negli anelli di fumo
di sogni consumati
ai chiaro di luna.
Con dentro quell'ansia
che aspetta quell'alba
che tarda, che non spunta.
La corsa della pioggia
sul tetto
dirotta la foglia
che danza col vento
intorno all'alone
di un solitario lampione.
Presto cadrà
a confondersi
nel nulla di un pantano
o tra i granelli di un terriccio,
lontano.
Come il volo
di quel sogno dirottato
da un improvviso sobbalzo
sulla gobba di nuvole dense
Lo sguardo allora
si aggrappa alle stelle
per contare i passi
tracciati nell'aria
per illudersi di guardare laggiù
con gli occhi immensi
di quel profondo blu.
Per vedere riflesso
sui tetti di quel sogno
un' istante-che mai fu.
Fiore di campo da “Fiori di campo”
di Cristina Zucchetto
Forte è il richiamo
della terra in me
semplice fiore di campo.
Mai sarò in mostra
dietro la vetrina scintillante
di una grande città.
Per me grandi spazi
campi profumati
sotto un cielo di rondini.
Certo anch’io morirò
ma insieme al grano
e ai papaveri
in un caldo luminoso
giorno d’estate.