Nei giardini che nessuno sa
Renato Zero
Senti quella pelle ruvida,
un gran freddo dentro l’anima.
Quel dolore che non sai cos’è,
solo lui non t’abbandonerà.
E’ un rifugio quel malessere,
troppa fretta in quel tuo crescere.
Quella suora ha un bel carattere,
ci sa fare con le anime…
Ti darei gli occhi miei
Per vedere ciò che non vedi.
L’energia, l’allegria,
per strapparti ancora sorrisi.
Dirsti sì, sempre sì e riuscire
A farti volare,
dove vorrei, dove sai,
senza più quel peso sul cuore.
Sorreggili, aiutali, ti prego,
non farli cadere.
Esuli, fragili, non negargli
Un po’ del Tuo amore…
Non lasciarli adesso no
Che non li sorprenda la morte,
Siamo noi gli inabili,
che pur avendo a volte non diamo.
Dimentica, c’è chi dimentica,
distrattamente un fiore una domenica
E poi… silenzi… silenzi…
Quanno a capa parte
Edoardo De Filippo
Quanno ‘ a capa è partuta
certamente
‘a capa è ccapa …
Ch’è fatta, treno,
ca tene l’orario
ca, per esempio,
a pagina trentotto,
te dice: il treno tale
parte a ta’ora,
arriva totte e totto?
A capa può sapè quann’’è partuta
Ma p’ ‘o fatto ‘e sapè
l’ora e ll’arrivo,
pè do’’è passato
e quanno nce ha mettuto
pè te mannà,
mettimmo,
all’atu munno …
e che ne poò sapé,
ch’è fatta, treno?
Santa Maria dell’Angioli
da “Roma romantica, turistica e Panoramica”
di Vincenzo Galli
Appena Michelangelo, quer mostro
de genio, vidde tutte ‘ste rovine
pensò a una cosa, senza fine:
aripijà da lì l’orgojo nostro …
Preso er righello, squadra, penna e inchiostro,
disegnò su la carta ogni confine …
Trattò cor papa, che je disse, arfine:
“Dateme tempo, eppoi ve lo dimostro”.
Ce lo sapeva che da quele mura
da l’arcate ciclopiche e potenti
ciavrebbe ricavato ogni struttura.
Tra un misto de pagano e de cristiano,
Santa Maria dell’Angioli, chi senti
dice che quest’è er Tempio più nostrano.
E la morte non avrà più dominio
Dylan Thomas da (Poesie inedite”)
E la morte non avrà più dominio.
I morti nudi saranno una cosa
Con l’uomo nel vento e la luna d’occidente;
Quando le loro ossa saranno spolpate
e le ossa pulite scomparse,
Ai gomiti e ai piedi avranno stelle;
Benchè ammattiscano saranno sani di mente,
Benchè sprofondino in mare risaliranno a galla,
Benchè gli amanti si perdano l’amore sarà salvo;
E la morte non avrà più dominio.
E la morte non avrà più dominio.
Sotto i meandri del mare
Giacendo a lungo non moriranno nel vento;
Sui cavalletti contorcendosi mentre i tendini cedono,
Cinghiati ad una ruota, non si spezzeranno;
Si spaccherà la fede in quelle mani
E l’unicorno del peccato li passerà da parte a parte;
Scheggiati da ogni lato non si schianteranno;
E la morte non avrà più dominio.
E la morte non avrà più dominio.
Più non potranno i gabbiani gridare ai loro orecchi,
Le onde rompersi urlanti sulle rive del mare;
Dove un fiore spuntò non potrà un fiore
Mai più sfidare i colpi della pioggia;
Ma benchè matti e morti stecchiti,
Le teste di quei tali martelleranno dalle margherite;
Irromperanno al sole fino e che il sole precipiterà,
E la morte non avrà più dominio.
Garcia Lorca
Giaccio da solo nella casa silenziosa,
la lampada è spenta,
e stendo pian piano le mie mani
per afferrare le tue,
e lentamente spingo la mia fervente bocca
verso di te e bacio me fino a stancarmi e ferirmi
- e all'improvviso son sveglio,
ed intorno a me la fredda notte tace,
luccica nella finestra una limpida stella –
o tu, dove sono i tuoi capelli biondi,
dov'è la tua dolce bocca?
Ora bevo in ogni piacere la sofferenza
e veleno in ogni vino;
mai avrei immaginato che fosse tanto amaro
essere solo essere solo e senza di te!
Che fosse tanto amaro E solo …