LA PROCESSIONE DEL “CORPUS DOMINI”
Sotto un baldacchino
finemente ricamato
e impreziosito ai bordi
di frange doro fino,
troneggia in uno splendido ostensorio
il Corpo Sacratissimo
del Cristo Salvatore.
Il parroco, avvolto nel suo magnifico omerale
lo sorregge assorto in profonda adorazione,
avanzando lentamente
nella lunga processione.
Un tintinnio festoso di campane
si espande nell’ aria mite e profumata
di petali di rosa
e fiori di ginestra
sparsi a dovizia
sulla via maestra.
S’innalza lieto
il canto dei fedeli
al dolce suono
della banda musicale e,
dai balconi
ornati di bei drappi colorati,
vecchi sofferenti
si prostrano contriti
dinanzi al Dio vivente.
Immersa in fervente adorazione,
mi accorgo con stupore
che, anche la natura
nella molteplicità dei suoni,
delle voci e dei colori
s’inchina riverente
all’adorabile Signore
ed una tenerezza viva
mi pervade il cuore.
Lontane passan le navi
Inediti Dino Campana
Lontane passan le navi
Nere perfide silenziose
Ma la tua bocca insaziabile
Le chiama in ruggito violento
Cannone furia appiattata
Fumida roggia che abbaglia
Cannone potenza in agguato
Sul mare che ride e abbarbaglia
Furore della terra
Che chiami sui mari infiniti
Le antiche potenze a raccolta
Lampo fumido come un sogno
Vivo e terribile sulla rovina
Voce inconscia di libertà
Amore titanico eroico
O voce rombo del cuore del mondo
Come il mar ti sorride
Ringiovanito, come la terra, e fresca
Aspra e acerba e balza ed anela tra il fumo
Che rode e scioglie la sua giovinezza
Acre aspera urgente insaziata.
Overdose
Adolfo Silveto II premio
Io comunque ero pronto
a inventarmi una lacrima,
a raccoglierla in un fiato di perla
per lavarti il destino
come straccio dismesso
in lavacri di sole.
Io per te custodivo in un filo di seta
richiami di luna
da cenere spenta di tempo agguantati,
per svelarti il mistero
del furto di un tetro sorriso
alla notte dell’uomo.
Io comunque avrei dato
il mio sogno più vero
per poter dipanare
quell’imbroglio dal cuore scheggiato,
e schiacciare la serpe
che beveva il tuo sangue
dal calice scuro del nulla.
T’avrei dato il mio canto più chiaro
in un soffio scucito di vento
per lanciare nel cuore del mondo
quella goccia sul ciglio,
come piuma di luce incollata dal sangue
sotto l’occhio sbarrato per sempre.
T’avrei dato il sospiro che scuote,
la carezza sottile che incanta
intessuta di trame di cielo,
e pagato il tuo conto alla vita,
sfilacciata canzone di sale
appena intravista,
e non ti sarebbe costato
neppure una stilla di niente,
nascosta da dita velate di delicatezza.
Io comunque t’ho amato.
La pace senza sera
Agostino IV sec.
O Signore, dacci la pace
tutto infatti è tuo dono …
la pace del riposo,
la pace della festa,
la pace della sera.