Il divorzio facile
La società americana è stata la prima a conoscere le conseguenze del “divorzio facile e senza colpa”, il cosiddetto “no-fault divorce".
Numerosi studi sociologici e statistici hanno dimostrato che l'assenza del padre in casa durante gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza, a causa del divorzio dei genitori, è un fattore di devianza sociale che ricorre molto più di tutti gli altri.
A partire dalle bocciature e dagli abbandoni scolastici, per arrivare alla depressione, all’alcolismo e alla tossicodipendenza, alla disoccupazione, alla marginalità sociale, fino ai casi più gravi di suicidio e criminalità, l’essere cresciuti senza il padre in casa è sempre il fattore statisticamente più ricorrente tra i campioni di popolazione coinvolti in questi problemi.
Dire queste cose è doloroso, ma la realtà va guardata e non nascosta, soprattutto per rimediare e prevenire.
In quasi quarant’anni dall’approvazione della legge Fortuna-Baslini le duecento separazioni e i cento divorzi al giorno in Italia sono veramente un progresso?
Il divorzio, che secondo la legge doveva essere un estremo rimedio per le crisi familiari senza soluzioni, nella prassi giudiziaria è invece diventato un autorevole diritto individuale. Non è soltanto riconosciuto e garantito, ma anche favorito più di altri diritti e doveri che dovrebbero discendere dal matrimonio.
Oggi un coniuge in crisi può ottenere una rapida separazione senza dover fornire una giustificazione, sapendo di poter trarre anche vantaggi economici.
Inoltre è diffusa l’idea che un “bel divorzio” sia sempre meglio di un cattivo matrimonio, specialmente se tra i coniugi in crisi vi è conflittualità.
Ci si illude che per i figli sia meglio non assistere ai litigi dei genitori, e accettare così la loro separazione. Una buona parte di psicologi e neuropsichiatri ammette invece che sembra vero il contrario: essere cresciuti in una casa dove i genitori “non si amavano più” è un fattore di instabilità psichica molto meno grave, rispetto al divorzio.
Ed è anche vero che sono proprio le situazioni di “grande conflitto” tra coniugi quelle che lascerebbero i maggiori margini di mediazione, specialmente se le parti accettano di farsi aiutare.
Dal punto di vista legislativo avanza un’idea interessante, già adottata dagli Stati nordamericani Louisiana, Arkansas ed Arizona, quella del “covenant marriage”. Si tratta di un nuovo modello matrimoniale dove gli sposi decidono fin dall'inizio che il loro legame “sarà un'alleanza per la vita”, e quindi potranno divorziare “solo” fornendo motivazioni oggettive, e dopo essersi sottoposti ad un periodo di mediazione familiare.
Un matrimonio aiutato e “salvato” è anche un valore per il “bene comune”.
Per saperne di più è utile la lettura del libro dal titolo provocatorio: “La fabbrica dei divorzi. Il diritto contro la famiglia” (Edizioni San Paolo, 18 Euro), dell’avvocato Fiorin, giornalista, Presidente della Camera Civile di Bologna.
Gabriele Soliani, R.E.