CHRISTIFIDELES LAICI
(seguito)
Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo
Esortazione apostolica postsinodale di Giovanni Paolo II
Dopo la pausa estiva riprendiamo a leggere insieme l’esortazione apostolica, per approfondire e capire profondamente il nostro ruolo di essere Laici ed in particolare Laici dell’Amore Misericordioso.
I carismi
24. Lo Spirito Santo, mentre affida alla Chiesa-Comunione i diversi ministeri, l'arricchisce di altri particolari doni e impulsi, chiamati carismi. Possono assumere le forme più diverse, sia come espressione dell'assoluta libertà dello Spirito che li elargisce, sia come risposta alle esigenze molteplici della storia della Chiesa. La descrizione e la classificazione che di questi doni fanno i testi del Nuovo Testamento sono un segno della loro grande varietà: «E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; a uno il potere dei miracoli, a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue» (1 Cor 12, 7-10; cf. 1 Cor 12, 4-6. 28-31; Rom 12, 6-8; 1 Pt 4, 10-11). Straordinari o semplici e umili, i carismi sono grazie dello Spirito Santo che hanno, direttamente o indirettamente, un'utilità ecclesiale, ordinati come sono all'edificazione della Chiesa, al bene degli uomini e alle necessità del mondo.Anche ai nostri tempi non manca la fioritura di diversi carismi tra i fedeli laici, uomini e donne. Sono dati alla persona singola, ma possono anche essere condivisi da altri e in tal modo vengono continuati nel tempo come una preziosa e viva eredità, che genera una particolare affinità spirituale tra le persone. Proprio in riferimento all'apostolato dei laici il Concilio Vaticano II scrive: «Per l'esercizio di tale apostolato lo Spirito Santo, che opera la santificazione del Popolo di Dio per mezzo del ministero e dei sacramenti, elargisce ai fedeli anche dei doni particolari (cf. 1 Cor 12, 7), "distribuendoli a ciascuno come vuole" (1 Cor 12, 11), affinché, "mettendo ciascuno a servizio degli altri la grazia ricevuta", contribuiscano anch'essi, "come buoni dispensatori delle diverse grazie ricevute da Dio" (1 Pt 4, 10), alla edificazione di tutto il corpo nella carità (cf. Ef 4, 16)»(79).Nella logica dell'originaria donazione da cui sono scaturiti, i doni dello Spirito esigono che quanti li hanno ricevuti li esercitino per la crescita di tutta la Chiesa, come ci ricorda il Concilio(80). I carismi vanno accolti con gratitudine: da parte di chi li riceve, ma anche da parte di tutti nella Chiesa. Sono, infatti, una singolare ricchezza di grazia per la vitalità apostolica e per la santità dell'intero Corpo di Cristo: purché siano doni che derivino veramente dallo Spirito e vengano esercitati in piena conformità agli impulsi autentici dello Spirito. In tal senso si rende sempre necessario il discernimento dei carismi. In realtà, come hanno detto i Padri sinodali, «l'azione dello Spirito Santo, che soffia dove vuole, non è sempre facile da riconoscere e da accogliere. Sappiamo che Dio agisce in tutti i fedeli cristiani e siamo coscienti dei benefici che vengono dai carismi sia per i singoli sia per tutta la comunità cristiana. Tuttavia, siamo anche coscienti della potenza del peccato e dei suoi sforzi per turbare e per confondere la vita dei fedeli e della comunità»(81).
Per questo nessun carisma dispensa dal riferimento e dalla sottomissione ai Pastori della Chiesa. Con chiare parole il Concilio scrive: «Il giudizio sulla loro (dei carismi) genuinità e sul loro esercizio ordinato appartiene a quelli che presiedono nella Chiesa, ai quali spetta specialmente, non di estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono (cf. 1 Tess 5, 12 e 19-21)»(82), affinché tutti i carismi cooperino, nella loro diversità e complementarietà, al bene comune(83).
La pertecipazione dei fedeli laici alla vita della Chiesa 25. I fedeli laici partecipano alla vita della Chiesa non solo mettendo in opera i loro compiti e carismi, ma anche in molti altri modi.
Tale partecipazione trova la sua prima e necessaria espressione nella vita e missione delle Chiese particolari, delle diocesi, nelle quali «è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica»(84). Chiese particolari e Chiesa universale Per un'adeguata partecipazione alla vita ecclesiale è del tutto urgente che i fedeli laici abbiano una visione chiara e precisa della Chiesa particolare nel suo originale legame con la Chiesa universale. La Chiesa particolare non nasce da una specie di frammentazione della Chiesa universale, né la Chiesa universale viene costituita dalla semplice somma delle Chiese particolari; ma un vivo, essenziale e costante vincolo le unisce tra loro, in quanto la Chiesa universale esiste e si manifesta nelle Chiese particolari. Per questo il Concilio dice che le Chiese particolari sono «formate a immagine della Chiesa universale, nelle quali e a partire dalle quali esiste la sola e unica Chiesa cattolica»(85). Lo stesso Concilio stimola con forza i fedeli laici a vivere operosamente la loro appartenenza alla Chiesa particolare, assumendo nello stesso tempo un respiro sempre più «cattolico»: «Coltivino costantemente _ leggiamo nel Decreto sull'apostolato dei laici _ il senso della diocesi, di cui la parrocchia è come una cellula, sempre pronti, all'invito del loro Pastore, ad unire anche le proprie forze alle iniziative diocesane. Anzi, per venire incontro alle necessità delle città e delle zone rurali, non limitino la loro propria cooperazione entro i confini della parrocchia o della diocesi, ma procurino di allargarla all'ambito interparrocchiale, interdiocesano, nazionale o internazionale, tanto più che il crescente spostamento delle popolazioni, lo sviluppo delle mutue relazioni e la facilità delle comunicazioni non consentono più ad alcuna parte della società di rimanere chiusa in se stessa. Così abbiano a cuore le necessità del Popolo di Dio sparso su tutta la terra»(86).Il recente Sinodo ha chiesto, in tal senso, che si favorisca la creazione dei Cansigli Pastorali diocesani, ai quali ricorrere secondo le opportunità. Si tratta, in realtà, della principale forma di collaborazione e di dialogo, come pure di discernimento, a livello diocesano. La partecipazione dei fedeli laici a questi Consigli potrà ampliare il ricorso alla consultazione e il principio della collaborazione _ che in certi casi è anche di decisione _ verrà applicato in un modo più esteso e forte(87).La partecipazione dei fedeli laici nei Sinodi diocesani e nei Concili particolari, provinciali o plenari, è prevista dal Codice di Diritto Canonico(88); essa potrà contribuire alla comunione e alla missione ecclesiale della Chiesa particolare, sia nel suo proprio ambito sia in relazione con le altre Chiese particolari della provincia ecclesiastica o della Conferenza Episcopale.Le Conferenze Episcopali sono chiamate a valutare il modo più opportuno di sviluppare, a livello nazionale o regionale, la consultazione e la collaborazione dei fedeli laici, uomini e donne: si potranno così soppesare bene i problemi comuni e meglio si manifesterà la comunione ecclesiale di tutti(89).
La parrocchia
26. La comunione ecclesiale, pur avendo sempre una dimensione universale, trova la sua espressione più immediata e visibile nella parrocchia: essa è l'ultima localizzazione della Chiesa, è in un certo senso la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie(90).
E' necessario che tutti riscopriamo, nella fede, il vero volto della parrocchia, ossia il «mistero» stesso della Chiesa presente e operante in essa: anche se a volte povera di persone e di mezzi, anche se altre volte dispersa su territori quanto mai vasti o quasi introvabile all'interno di popolosi e caotici quartieri moderni, la parrocchia non è principalmente una struttura, un territorio, un edificio; è piuttosto «la famiglia di Dio, come una fraternità animata dallo spirito d'unità»(91), è «una casa di famiglia, fraterna ed accogliente»(92), è la «comunità di fedeli»(93). In definitiva, la parrocchia è fondata su di una realtà teologica, perché essa è una comunità eucaristica(94). Ciò significa che essa è una comunità idonea a celebrare l'Eucaristia, nella quale stanno la radice viva del suo edificarsi e il vincolo sacramentale del suo essere in piena comunione con tutta la Chiesa. Tale idoneità si radica nel fatto che la parrocchia è una comunità di fede e una comunità organica, ossia costituita dai ministri ordinati e dagli altri cristiani, nella quale il parroco _ che rappresenta il Vescovo diocesano(95) _ è il vincolo gerarchico con tutta la Chiesa particolare.
E' certamente immane il compito della Chiesa ai nostri giorni e ad assolverlo non può certo bastare la parrocchia da sola. Per questo il Codice di Diritto Canonico prevede forme di collaborazione tra parrocchie nell'ambito del territorio(96) e raccomanda al Vescovo la cura di tutte le categorie di fedeli, anche di quelle che non sono raggiunte dalla cura pastorale ordinaria(97). Infatti, molti luoghi e forme di presenza e di azione sono necessari per recare la parola e la grazia del Vangelo nelle svariate condizioni di vita degli uomini d'oggi, e molte altre funzioni di irradiazione religiosa e d'apostolato d'ambiente, nel campo culturale, sociale, educativo, professionale, ecc., non possono avere come centro o punto di partenza la parrocchia. Eppure anche oggi la parrocchia vive una nuova e promettente stagione. Come diceva Paolo VI, all'inizio del suo pontificato, rivolgendosi al Clero romano: «Crediamo semplicemente che questa antica e venerata struttura della parrocchia ha una missione indispensabile e di grande attualità; ad essa spetta creare la prima comunità del popolo cristiano; ad essa iniziare e raccogliere il popolo nella normale espressione della vita liturgica; ad essa conservare e ravvivare la fede nella gente d'oggi; ad essa fornirle la scuola della dottrina salvatrice di Cristo; ad essa praticare nel sentimento e nell'opera l'umile carità delle opere buone e fraterne»(98).
I Padri sinodali, dal canto loro, hanno attentamente considerato l'attuale situazione di molte parrocchie, sollecitando un loro più deciso rinnovamento : «Molte parrocchie, sia in regioni urbanizzate sia in territorio missionario, non possono funzionare con pienezza effettiva per la mancanza di mezzi materiali o di uomini ordinati, o anche per l'eccessiva estensione geografica e per la speciale condizione di alcuni cristiani (come, per esempio, gli esuli e gli emigranti). Perché tutte queste parrocchie siano veramente comunità cristiane, le autorità locali devono favorire: a) l'adattamento delle strutture parrocchiali con la flessibilità ampia concessa dal Diritto Canonico, soprattutto promuovendo la partecipazione dei laici alle responsabilità pastorali; b) le piccole comunità ecclesiali di base, dette anche comunità vive, dove i fedeli possano comunicarsi a vicenda la Parola di Dio ed esprimersi nel servizio e nell'amore; queste comunità sono vere espressioni della comunione ecclesiale e centri di evangelizzazione, in comunione con i loro Pastori»(99). Per il rinnovamento delle parrocchie e per meglio assicurare la loro efficacia operativa si devono favorire forme anche istituzionali di cooperazione tra le diverse parrocchie di un medesimo territorio.
L'impegno apostolico nella parrocchia
27. E' necessario ora considerare più da vicino la comunione e la partecipazione dei fedeli laici alla vita della parrocchia. In tal senso è da richiamarsi l'attenzione di tutti i fedeli laici, uomini e donne, su di una parola tanto vera, significativa e stimolante del Concilio: «All'interno delle comunità della Chiesa _ leggiamo nel Decreto sull'apostolato dei laici _ la loro azione è talmente necessaria che senza di essa lo stesso apostolato dei pastori non può per lo più raggiungere la sua piena efficacia»(100). E', questa, un'affermazione radicale, che dev'essere evidentemente intesa nella luce della «ecclesiologia di comunione»: essendo diversi e complementari, i ministeri e i carismi sono tutti necessari alla crescita della Chiesa, ciascuno secondo la propria modalità.
I fedeli laici devono essere sempre più convinti del particolare significato che assume l'impegno apostolico nella loro parrocchia. E' ancora il Concilio a rilevarlo autorevolmente: «La parrocchia offre un luminoso esempio di apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le differenze umane che vi si trovano e inserendole nell'universalità della Chiesa. Si abituino i laici a lavorare nella parrocchia intimamente uniti ai loro sacerdoti, ad esporre alla comunità della Chiesa i propri problemi e quelli del mondo e le questioni che riguardano la salvezza degli uomini, perché siano esaminati e risolti con il concorso di tutti; a dare, secondo le proprie possibilità, il loro contributo ad ogni iniziativa apostolica e missionaria della propria famiglia ecclesiastica»(101).
L'accenno conciliare all'esame e alla risoluzione dei problemi pastorali «con il concorso di tutti» deve trovare il suo adeguato e strutturato sviluppo nella valorizzazione più convinta, ampia e decisa dei Consigli pastorali parrocchiali, sui quali hanno giustamente insistito i Padri sinodali(102).
Nelle circostanze attuali i fedeli laici possono e devono fare moltissimo per la crescita di un'autentica comunione ecclesiale all'interno delle loro parrocchie e per ridestare lo slancio missionario verso i non credenti e verso gli stessi credenti che hanno abbandonato o affievolito la pratica della vita cristiana.
Se la parrocchia è la Chiesa posta in mezzo alle case degli uomini, essa vive e opera profondamente inserita nella società umana e intimamente solidale con le sue aspirazioni e i suoi drammi. Spesso il contesto sociale, soprattutto in certi paesi e ambienti, è violentemente scosso da forze di disgregazione e di disumanizzazione: l'uomo è smarrito e disorientato, ma nel cuore gli rimane sempre più il desiderio di poter sperimentare e coltivare rapporti più fraterni e più umani La risposta a tale desiderio può venire dalla parrocchia, quando questa, con la viva partecipazione dei fedeli laici, rimane coerente alla sua originaria vocazione e missione: essere nel mondo «luogo» della comunione dei credenti e insieme «segno» e «strumento» della vocazione di tutti alla comunione; in una parola, essere la casa aperta a tutti e al servizio di tutti o, come amava dire il Papa Giovanni XXIII, la fontana del villaggio alla quale tutti ricorrono per la loro sete.
Bruna