GEREMIA
A tanti secoli di distanza non possiamo non sentire simpatia per questo profeta. Non perché, come si dice, è un grande profeta, un profeta maggiore, un oratore impetuoso e di razza, un uomo capace di comprendere i drammi della sua terra e del suo popolo, ma perché Geremia è un uomo di Dio, che non nasconde le sue debolezze.
Abbiamo di fronte a noi un mistico di qualità, che rivela i propri limiti, un uomo religioso capace anche di strapazzare Dio.
Geremia è testimone dei fatti drammatici culminati con la conquista babilonese e la deportazione in Mesopotamia di una parte del popolo israelita.
Il racconto della vocazione di Geremia è altamente suggestiva e si distingue da quello di altri profeti, giacché per lui si tratta non di una folgorante rivelazione, ma di un dialogo con Dio che, di fronte alle sue incertezze e debolezze, lo rassicura e gli promette di essergli vicino, aiutandolo anche a superare i frequenti momenti di sconforto (Ger.1,4-9).
Tra i principali temi della predicazione di Geremia vi è la libertà di Dio, che non è obbligato a salvare il suo popolo, come insegna l’episodio del vasaio (Ger.18,1-10)
Un altro tema ricorrente è quello dell’inevitabilità della fine del Regno di Giuda (Ger.19.1-11).
Geremia riconosce nell’invasione straniera la volontà divina e raccomanda ai compatrioti di cedere senza resistenza all’avanzata babilonese; perciò è accusato di tradimento ed è imprigionato (Ger. 29,1-14).
La predicazione di Geremia ha un tono altamente spirituale, allorché preannuncia un “Nuovo Patto” tra Dio e il suo popolo: un patto scritto non più su tavole di pietra, come ai tempi di Mosé, ma nei cuori, considerandolo come una profezie del Nuovo Testamento (Ger.31,27-34)
La conversione, per Geremia, non consiste nemmeno in uno sforzo etico tendente a porre in piena luce i valori del decalogo, ma in un tocco divino, che viene a cambiare il volto della terra e dell’uomo.
L’innocente che soffre è il segno più alto di una umanità che cerca nel Signore la sua nuova strada e la nuova forza per risorgere.
Ricerca a cura di Bruno
LA CATECHESI NELLA MISSIONE PASTORALE DELLA CHIESA Gabriella
La Catechesi è una delle tante forme usate per esercitare il ministero della Parola. La prima forma è quella della predicazione missionaria, che fa nascere nei cuori quel primo atto di fede, che permette agli uomini di accettare la Parola di Dio. Segue la catechesi che, per mezzo di un’adeguata istruzione, non solo fa rivivere la fede, ma la rende fruttuosa.
Nessuno decide da solo di diventare catechista, perché è il Signore stesso che chiama i catechisti per la sua Chiesa, donando loro la chiamata.
Perciò, rispondendo all’invito di Dio, “Il catechista è consacrato e inviato da Cristo per mezzo della Chiesa. E il catechista, per custodire il dono ricevuto da Dio, deve chiedere continuamente con la preghiera l’abbondanza della grazia, per crescere sempre più spiritualmente, imitando Maria.
Per fare catechesi non viene chiesto di essere prima “dei supercristiani”, ma di volere ogni giorno crescere come cristiani con gli altri. Perciò non scoraggiamento o desiderio di tirarsi in dietro, ma la gioia e la speranza di chi ha un traguardo da conseguire e si sente continuamente recuperato alla vita, perché ha sempre un passo da compiere.
Dobbiamo pregare e confidare nel Signore e nella sua Santa Madre con un cuore fiducioso di bambini, perché i bambini sono estremamente aperti a Dio. La loro innocenza, l’umiltà naturale, la sensibilità e la totale fiducia che li distingue, permettono loro di sentire il soprannaturale in modo assai diverso e più sublime degli adulti.
Dobbiamo proteggere questo loro candore e lasciarli essere piccoli il più a lungo possibile, perché il mondo di oggi li scaglia troppo presto nella società arrogante, violenta e molta della loro bellezza viene guastata e perduta per sempre. Ho conosciuto molti bambini, vi assicuro che ho visto gli Angeli.
Il Signore concede moltissimo ai piccoli tra di noi ed è per questo che la Madonna inizia i suoi messaggi con questa frase “Cari figli”; desidera che i nostri cuori siano come quelli dei bambini, perché le loro anime sono molto più pulite, limpide e innocenti delle nostre.