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GENNAIO 2020

     

 

“BEATI I MITI”

 “Beati i miti” è la terza beatitudine nel discorso della montagna riferitoci da Matteo, dopo “i  poveri in spirito” e “gli afflitti”. 

La parola MITE nel dizionario Treccani è considerata solo un aggettivo riferito a “persona che ha carattere dolce e umano, disposta alla pazienza e all’indulgenza”. Nella Bibbia la parola MITE ha un riscontro nella vita quotidiana dell’epoca, infatti in Isaia si legge “come agnello condotto al macello, come pecora davanti ai suoi tosatori”. Ma oggigiorno la gente comune non ha esperienza di pecore e agnelli, per cui nella traduzione in lingua corrente diventa: “Beati quelli che non sono violenti”, che a mio avviso è riduttivo, in quanto uno potrebbe non essere violento, ma non essere mite.

Questa traduzione riporta subito alla mente quanto ogni sera ci propinano i telegiornali:

  • L’automobilista pugnalato per non aver dato la precedenza;
  • La ragazza uccisa perché aveva interrotto una relazione nella quale non si sentiva rispettata;
  • Raid aerei in risposta al lancio di razzi;
  • Madre uccisa perché non dava al figlio i soldi per l’ennesima dose di eroina; ecc.

Verrebbe proprio da pensare che le parole di Gesù siano necessarie oggi più che mai.

La generazione attuale ha come scopo della vita l’affermazione di sé ad ogni costo, la soddisfazione di ogni desiderio come un diritto, l’arricchimento come ricetta per una vita felice, l’esaltazione della bellezza fisica come passaporto per il successo e la popolarità, il massimo risultato con il minor sforzo. Questa generazione ritiene perdenti le parole di Gesù.

Eppure Gesù non si è limitato a dare un buon consiglio, ma ha detto “fate come me”: in Mt 11, 29 dice “… imparate da me che sono mite …” e lo ha testimoniato nella sua passione, che, come profetizzato da Isaia (Is 50, 6) “Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi” e in Isaia 53, 7 “Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori”.

La domanda che dobbiamo farci è: Gesù, così facendo, ha vinto o ha perso?

Noi sappiamo che per quella strada ha salvato il mondo intero, ha salvato ognuno di noi, ci ha riscattati dai nostri peccati, è risorto e ci ha aperto la via del Regno.

La sua promessa è: “Beati i miti, perché erediteranno la terra”, erediteranno, cioè saranno eredi ov-vero figli, eredi del Regno di Dio: regno di pace, di giustizia, di gioia, di fratellanza, di solidarietà.

Le cose che sentiamo e che vediamo potrebbero indurci allo scoramento, non solo quelle riportate dai telegiornali, ma anche quelle che osserviamo ogni giorno attorno a noi; ad esempio quando siamo nel traffico, dove, quando siamo in fila, c’è sempre qualcuno che cerca di superarci sulla destra; quando chi dovrebbe darti la precedenza ti taglia la strada; o quando sei pedone sulle strisce e non riesci ad attraversare perché nessuno si ferma; quando sei fermo con le quattro frecce perché si sta liberando un posto per parcheggiare e appena vuoto un altro si infila dove volevi parcheggiare tu. Ma non è sempre così. Ci sono persone che hanno raccolto seriamente l’invito di Gesù e si sono fatte promotori di movimenti pacifisti per stigmatizzare la violenza e praticare la mitezza.

Un esempio per tutti: Gandhi che enunciava il principio secondo cui ogni essere umano ha il diritto-dovere di difendere le proprie concezioni morali e politiche fondamentali, anche se debba patire sofferenze per questo; cioè, senza il ricorso alla violenza, neppure nel caso che si usi violenza nei suoi confronti. Ed è riuscito a piegare il colonialismo inglese mobilitando milioni di indiani. E non era cristiano!

E noi che ci fidiamo delle parole di Gesù, “BEATI I MITI, PERCHE’ EREDITERANNO LA TERRA”, da questa meditazione dovremmo trovare nuovo slancio per una vita fatta di relazioni sociali (in famiglia, in comunità, nell’associazione, nel quartiere) improntate sulla pazienza, sulla dolcezza, sul rispetto delle esigenze degli altri, sulla misericordia nei confronti degli errori altrui.

“Beati i miti” dice Gesù.

Renzo Botteghi

LA DIGNITÀ DEL MATRIMONIO

Sant’Agostino

Prima di fare una sintesi sul giornalino che suor Rifugio ci ha proposto il mese scorso, mi sono informata un po' sulla vita di Sant'Agostino dato che viene citato in queste riflessioni.

Dalle ricerche fatte ho appreso che Sant'Agostino ha vissuto nel 345 dopo Cristo e ha avuto uno stile di vita molto simile all'uomo odierno: era attratto dal piacere, dalle seduzioni e dal successo, un po' come noi oggi che siamo attratti da tutto ciò che ci piace. Sant'Agostino ad un certo punto della sua vita iniziò a porsi delle domande: essendo lui uno studioso della filosofia cominciò a mettersi alla ricerca della verità. Si mise ad approfondire la scrittura per cercare delle risposte che potessero colmare quel vuoto che aveva nel cuore. Infatti secondo Sant'Agostino solo chi dubita è animato dal desiderio sincero di trovare la verità, a differenza di colui che non si pone nessuna domanda. A questo proposito ci parla della verità di Dio, del suo amore in chiave coniugale e ci dice che il matrimonio è un bene perché Dio non produsse l'uomo e la donna separatamente per poi coniugarli come estranei, ma creò l'uno dall'altro per indicare la forza del loro legame, infatti il primo legame in assoluto della società umana fu quello tra l'uomo e la donna. In questi anni di cammino di formazione della coppia, guidata dalla nostra suor Rifugio, abbiamo appreso che il matrimonio è un progetto di vita che Dio ha avuto per noi e, una volta che entriamo a far parte di questo progetto, dobbiamo riconoscere il nostro coniuge come carne della nostra carne. Dobbiamo accettarlo con tutte le sue imperfezioni considerandole proprie, e impegnarsi ad eliminarle con la buona volontà. Ma come fare?

In queste riflessioni ci sono alcuni suggerimenti, per esempio se l'altro è impaziente, sii paziente, se l'altro è lussurioso, sii casto e se lui non prega, prega tu per lui. Nel matrimonio la coppia deve essere di supporto, di aiuto l'uno dell'altro e se nella coppia uno dei coniugi non ha raggiunto ancora questa maturità, vuol dire che l'altro coniuge deve allargare il cuore come Dio fa con noi, avendo tanta Misericordia e aspettare che arrivi per l'altro anche il suo momento. Il matrimonio è soprattutto una vocazione particolare alla santità coniugale, che implica il compito di camminare in due verso Dio. Tutti noi mediante il battesimo siamo diventati figli di Dio e siamo quindi chiamati tutti alla Santità, nel matrimonio abbiamo il compito di camminare in due verso questa santità, perciò dobbiamo essere ognuno trascinatore dell'altro anche se tutto ciò è molto difficile perché non sappiamo amare in modo puro, paziente e generoso perché siamo condizionati dal peccato originale. Ogni volta che non mettiamo Dio al primo posto ci allontaniamo da lui e cadiamo nel peccato. Tante volte ci prefissiamo degli obiettivi, ci disperiamo e ci affanniamo per cercare di raggiungerli pensando di poter fare tutto con le nostre forze, pensando di essere padroni di noi stessi, dimenticandoci che Dio sa ciò di cui abbiamo bisogno. In passato ho cercato di affrontare situazioni complesse solo con le mie forze ignorando fosse necessario chiedere l’aiuto di Gesù. A volte quando ci penso mi viene pure da sorridere perché dico: Dio mio, com’è possibile che io dimentichi che tu sei onnipotente e tutto puoi? Eppure succede, succede spesso che cadiamo nella tentazione di sostituirci a lui. L'importante però è che non ci scoraggiamo, ad ogni nostra caduta dobbiamo rialzarci. Dio ci ha lasciato un unico modello da seguire, ha mandato il suo figlio Gesù Cristo che con le parole e con gli esempi si è mostrato sobrio, laborioso, modesto, servizievole e generoso, non ha risposto all’offesa con un'altra offesa, ha accettato l'ingiusta condanna senza difendersi e ha chiesto perdono per noi consegnando la sua vita nelle mani del Padre. Gesù ci ha insegnato che si impara ad amare vincendo il male con il bene. Noi come coppia, dopo tanti anni, siamo riusciti ad amalgamare i nostri caratteri; sicuramente il cammino di Fede che facciamo ci è servito a capire che le diversità di ognuno di noi è motivo di completezza per l'altro. Condividiamo le stesse idee ma se capita qualche divergenza ci ascoltiamo reciprocamente cercando di arrivare ad un accordo in modo che non prevalga l'ira su di noi. Abbiamo imparato a mettere da parte il proprio io rendendoci più disponibile l'uno verso l'altro. Per concludere, chiedo al Signore che ci illumini sempre, ogni giorno della nostra vita, e che tenga sempre accesa in noi la luce della speranza facendoci arrivare a lui in pienezza di spirito.

                        (Giovanna e Nicola Comunità di Succivo)


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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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