Beati gli afflitti
Affliggere: far soffrire qualcuno con un dolore fisico o morale, perseguitare, ciò fa vivere l’uomo in uno stato di prostrazione, di angoscia continua, martellante, sull’orlo dello sfinimento; in questo stato l’uomo è incline ad attaccarsi a qualcosa che lo possa sollevare da questo stato di sofferenza … è sicuramente più fragile, può cadere … può essere attratto da falsi idoli … può chiedere … o può fidarsi di persone, diciamo, “sbagliate”… ecco che qui subentra la differenza nel vivere questa afflizione o con l’ottica cristiana o secondo i canoni del mondo.
Gesù li chiama “beati”, ci fa capire che c’è un disegno divino su di loro, che è sicuramente di misericordia e di amore nei loro confronti.
Il mondo li chiama “sfortunati”, basa tutto sulla fortuna, sul fato. Ti manca qualcosa quando sei debole o malato, quindi in qualche modo sei diverso
Gesù fa una promessa, dice: “Beati gli afflitti perché saranno consolati”, quindi saranno aiutati.
Il mondo, invece emargina” o sfrutta questo tuo stato in tanti modi (maghi, cartomanti, prostituzione, falsi dottori, falsi profeti, soldi facili, alcool, droga, guerre, deportazioni).
Pensiamo ai nostri lutti, alla solitudine, ai tanti dolori che ci portiamo addosso, allo sconforto, insomma a tutta la nostra vita vissuta e da vivere. Chi ha dato un senso a tutto ciò, chi ci ha fatto riscoprire la gioia, la presenza, l’amore, la forza in questi momenti bui della nostra vita? Abbiamo provato tutti quanto è grande l’amore che Dio nutre nei nostri confronti, ognuno sulle proprie spalle, ognuno con la propria fragilità, i propri difetti, ma anche con i propri pregi, carismi, e con tanti doni e miracoli che Dio ha operato nella nostra vita.
Il mondo è pieno di “disperazione”; quanta gente nella disperazione di una gravidanza abortisce, mette fine alla sua vita o a quella degli altri, si prostituisce perché ha perso il lavoro e così via. Basta ascoltare qualsiasi telegiornale: il mondo ti dice che non devi accettare questa tua situazione, devi accelerare i tempi, devi trovare una soluzione il prima possibile, devi porre fine a questo stato di cose. L’ansia ci pervade, ci sovrasta e perdiamo pian piano quella “sapienza” che ci ha donato Dio, la “nostra” intelligenza si allontana da questa “sapienza”, non cammina supportata da questo dono che ci mette a disposizione Dio. Ci basiamo sulle nostre forze, ci sentiamo perduti, siamo come svuotati. Se non hai un’ancora di salvezza, puoi commettere qualsiasi cosa (suicidio, omicidio, tradimento, furto , ecc …).
Dio fa una promessa, e quando Dio nella Sacra Scrittura fa una promessa la mantiene sempre (la Bibbia è tutta una promessa che Dio fa all’uomo, dalla creazione ai giorni nostri. Dio non ci abbandona, questa è una certezza). Gesù, prima di salire al cielo, vedendo gli Apostoli afflitti perché consapevoli ormai che Gesù li avrebbe lasciati “visibilmente” e che sarebbe ritornato al Padre, dice che il Padre manderà su tutti loro lo “Spirito consolatore” (Gv 15, 26). La consolazione che può dare lo Spirito di Dio è forza, sopportazione, speranza, discernimento, perseveranza, conoscenza, bontà, misericordia, ecc …
Essi vivevano nella convinzione che Dio non li avrebbe abbandonati, oltretutto il loro rapporto con Dio è servito a tutta la Chiesa per crescere (i dottori della Chiesa, i mistici, i papi con le loro encicliche e concilii); la Chiesa si è evoluta grazie a questi personaggi aiutati dallo Spirito di Dio, alcuni poi hanno subito persino la persecuzione e il martirio. Ancora oggi ci sono le persecuzioni e la Chiesa è continuamente attaccata dal “mondo” che la circonda, la misericordia di Dio suscita, fa nascere, crea …
Solo nel nostro secolo ci sono state due guerre mondiali, infinite guerre civili, stermini malattie epidemiche, però allo stesso tempo ci sono stati una schiera di santi, beati, mistici, papi santi, che hanno lavorato con gioia nella vigna del Signore e hanno portato frutti buoni anche in questi momenti di “afflizione” che la Chiesa e tutti gli uomini del “mondo” hanno vissuto.
Nel Vangelo di Luca oltre alle beatitudini, subito di seguito ci sono i rimproveri per tutti quelli che nel mondo vivono per se stessi, che sfruttano, si approfittano, calpestano, monopolizzano, fanno soffrire, ecc…
Per quanto riguarda la beatitudine di cui stiamo parlando, Gesù ammonisce tutti quelli che danno un’afflizione: “Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete”, e sempre in Luca 11,46 dice: “Guai a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito”.
Nell’esortazione apostolica di Papa Francesco “Gaudete et exultate” a proposito di questa beatitudine. “Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati”, troviamo: “Il mondo ci propone il contrario. Il divertimento, il godimento, la distrazione, lo svago, e ci dice che questo è ciò che rende buona la vita. Il mondano ignora, guarda dall’altra parte quando ci sono problemi di malattia e di dolore in famiglia o intorno a lui. Il mondo non vuole piangere: preferisce ignorare le situazioni dolorose, coprirle, nasconderle. Si spendono molte energie per scappare dalle situazioni in cui si fa presente la sofferenza, credendo che sia possibile dissimulare la realtà, dove mai, mai può mancare la croce”. Continua: “La persona che vede le cose come sono realmente, si lascia trafiggere dal dolore e piange nel suo cuore, è capace di raggiungere le profondità della vita e di essere veramente felice. Quella persona è consolata, ma con la consolazione di Gesù e non quella del mondo. Così può avere il coraggio di condividere la sofferenza altrui e smette di fuggire dalle situazioni dolorose. In tal modo scopre che la vita ha senso nel soccorrere un altro nel suo dolore, nel comprendere l’angoscia altrui, nel dare sollievo agli altri. Questa persona sente che l’altro è carne dalla sua carne, non teme di avvicinarsi fino a toccare le sue ferite, ha compassione fino a sperimentare che le distanze si annullano. Così è possibile accogliere quell’esortazione di San Paolo “Piangete con quelli che sono nel pianto” (Rm 12,15). Saper piangere con gli altri, questo è santità.