Colui che lotta contro la giustizia razziale col metodo della non violenza ha la possibilità di capire che l’antagonismo fondamentale non è tra le razze, come a me piace dire al popolo di Montgomery: “La tensione in questa città non è tra gente bianca e gente Negra, essa è piuttosto tra giustizia e ingiustizia, fra forze della luce e forze delle tenebre. Se ci sarà una vittoria, non sarà soltanto la vittoria di cinquantamila Negri, ma quella della giustizia e delle forze della luce. Noi vogliamo sconfiggere l’ingiustizia, non quei bianchi che sono ingiusti.
Il quarto aspetto della non violenza è il desiderio e la volontà di accettare la sofferenza senza spirito di vendetta e di essere colpiti dall’opposizione senza colpirlo a nostra volta. Gandhi disse ai suoi connazionali: “Fiumi di sangue forse dovranno scorrere prima che noi riusciamo ad avere la nostra libertà, ma il sangue dovrà essere il nostro”. L’oppositore non violento è disposto ad accettare la violenza solo se è necessaria, ma mai ad infliggerla. Non cerca di evitare la prigione se andarci è necessario, egli vi entra come lo sposo nella camera della sposa.
Si potrebbe chiedere: “Quale giustificazione ha l’oppositore non violento, quando invita gli altri a questa dura prova e applica politicamente e socialmente la dottrina antica di porgere l’altra guancia?” La risposta si trova nella convinzione che la sofferenza ha immense possibilità educative e di rinnovamento. “I valori più alti non si acquistano soltanto con la ragione, ma si conquistano con la sofferenza”, disse Gandhi. Egli continua: “La sofferenza è immensamente più efficace della legge della giungla nel convertire l’oppositore e nel fargli porgere orecchio alla voce della ragione”.
Il quinto aspetto della non violenza è che essa rifugge non soltanto dalla esteriore oppressione fisica, ma anche dall’interiore costrizione spirituale. Il non violento si rifiuta di sparare contro il suo oppositore e di odiarlo. Al centro della non violenza sta il principio dell’amore. Il non violento afferma che, nella lotta per la difesa della dignità umana, gli oppressi non devono lasciarsi vincere dalla tentazione di provare rancore e di abbandonarsi all’odio. Rispondere alle offese con le offese non farebbe altro che accrescere l’esistenza dell’odio nel mondo. E’ necessario nella vita trovare qualcuno che sia dotato di buon senso e di sufficiente moralità per spezzare la catena dell’odio; e questo si può ottenere soltanto col proiettare l’etica dell’amore al centro della nostra vita.
Martin Luther King