ORAZIO Dada
Io ricordo di avere conosciuto Orazio negli anni '50: ero una ragazzina appena tornata dall'America. E' venuto a trovarci da Milano, dove abitava. Quando arrivava lui, tutto il paese diceva: "E' arrivato Re Faruk!". Lo ricordo quel giorno in spolverino nero di cachemire e sciarpa di seta bianca, con il suo seguito di amici, l'autista, le donne vistose e ingioiellate, i bauli foderati di pelle pregiata, i cani barboncini tosati perfettamente: mi sembrava proprio un re orientale, ricco, gaudente e generoso.
La sua corte cambiava spesso, perché in realtà gli amici non erano amici, le donne erano volubili, e l'autista chissà chi era in realtà. Era un grande circo la sua vita così piena di colore, di frivolezze, di volubilità, di superficialità e di promesse mai mantenute. E lui era il saltimbanco della situazione: sempre pronto a trasformarsi, a camuffarsi per prendere dalla vita tutto ciò che gli dava ebbrezza, eccitazioni, od occasione per fare esperienze sempre più estreme.. Spendeva i soldi che non aveva e poi inventava le cose più assurde per racimolare qualcosa a tamponare i debiti. Tutto per puro divertimento. Ai parenti, sempre in qualche modo sue vittime, diceva che lui la vita se la voleva godere fino in fondo e che non gli interessava ciò che sarebbe accaduto in futuro. C'era sempre chi in famiglia si sacrificava per andare a toglierlo dai guai e lui lo sapeva; e ne approfittava.
Ma era simpatico e piaceva ai bambini, si capisce. Ai miei occhi sembrava un re delle favole e mi pareva potesse ottenere tutto, come per magia. Grande attore, sempre pronto a improvvisare una gag o un'imitazione, era particolarmente bravo a fare Aldo Fabrizi. "Orazio, facci Fabrizi!" E lui si gonfiava tutto e, senza parole, ma solo con atteggiamenti e suoni, sbuffi e lazzi diventava proprio Fabrizi. Non aveva ancora finito che già mi prendeva per le braccia e mi faceva roteare come un pupazzo, poi mi lasciava improvvisamente per sparire in qualche angolo della casa e, in solitudine, si drogava.
Tutta così la sua vita, da un'eccitazione all'altra, alla ricerca di piaceri sempre più forti sino agli estremi più sconcertanti. Gli assegni emessi a vuoto gli hanno fatto conoscere il carcere, la miseria e la povertà più squallida fatta di espedienti, di frequentazioni ambigue, di compromessi.
E intanto passavano gli anni e quella vita che Orazio voleva vivere fino in fondo, gli aveva bruciato l'anima e intaccato la salute. Una moglie se ne era scappata inorridita, l'altra, quella della vecchiaia, era una disperata come lui. Orazio, ormai vecchio, cominciava a invidiare chi era stato capace di crearsi una vecchiaia serena, chi aveva lavorato onestamente ed accumulato qualche risparmio e chi era in salute.
Lui ormai era un rudere, i reni malandati, il cuore a pezzi, la bronchite cronica e chissà ancora.
La madre intanto era morta, i fratelli lo avevano abbandonato pensando che il suo secondo matrimonio lo portasse in qualche modo a rinsavire. Ma era tardi e lui in fondo non avrebbe saputo come fare a diventare una persona normale. Qualche anno fa sono andata a Baden Baden, in Germania, proprio per vedere il luogo dove lui, ragazzo, era stato mandato a studiare e ho capito. In questa cittadina molto bella, fatta di gente ricca, dove si va per spendere i soldi al Casinò, a passare le acque ed a divertirsi, Orazio ha fatto i primi passi da solo, lontano dalla famiglia, la quale gli aveva fatto conoscere la povertà di una vita contadina, che in fondo gli era sempre rimasta estranea. Nell'incanto di un ambiente dorato, lui, gaudente per natura, si trovò a suo agio e attinse a piene mani tutto ciò che quel mondo gli poté offrire in superficialità, divertimento e vizio.
Orazio è morto solo in un ospedale di Milano, senza nessun conforto, disperato. La moglie, il giorno del funerale, mi ha chiesto di fissare un crocifisso piuttosto grande sul suo abito, perché lui voleva così. Cercai di inserirlo in un'asola della giacca, senza emozioni. Eravamo in 5 ad accompagnarlo in un triste cimitero di periferia.
Sono passati tanti anni ormai da quel giorno, che non avrei mai voluto vivere. Nelle mie notti insonni spesso prego per Orazio e gli parlo facendogli coraggio. Non mi pare possibile che questo nostro parente debba scontare tutto ciò che di male può aver fatto nella vita. Penso alla misericordia di Dio e confido in essa. Coraggio, Orazio, non tutto è perduto, ti voglio bene, non disperare. Forza, rialzati e cammina verso la Luce. C'è un Dio per tutti.