Continuiamo l'analisi dell'intervista al card. Caffarra pubblicata nel quotidiano Il Foglio del 15 marzo scorso (v. giornalino di aprile). Dopo aver risposto alle prime quattro domande che lo sollecitavano a riflettere sulla Familiaris Consortio e sulla Humanae vitae, il cardinale affronta la domanda successiva che è la seguente:
Anche il cardinale Kasper sottolinea che ci sono grandi aspettative nella chiesa in vista del Sinodo e che si corre il rischio di “una pessima delusione” se queste fossero disattese. Un rischio concreto, a suo giudizio?
Nella sua risposta, Caffarra fa notare che quando parla di aspettative, la stampa si riferisce esclusivamente a ciò che il mondo occidentale sembra aspettarsi. Così sembra che tutti i cattolici vogliano che la Chiesa sconfessi quanto ha finora insegnato e accetti di stravolgere la tradizionale dottrina sul matrimonio. In realtà non è così: al contrario di quanto i giornali dicono, le risposte al questionario inviato a tutte le diocesi del mondo, non sono univoche. I cattolici tedeschi o inglesi o americani effettivamente si augurano che, ad esempio, i divorziati risposati siano ammessi alla Comunione, ma la stragrande maggioranza dei cattolici africani la pensa esattamente al contrario. In altre parole, le aspettative dei paesi ricchi sono completamente diverse da quelle dei paesi poveri. In considerazione di ciò, il cardinale conclude: "Di quali attese stiamo parlando? Di quelle dell’ occidente? E’ dunque l’occidente il paradigma fondamentale in base al quale la Chiesa deve annunciare? Siamo ancora a questo punto? Andiamo ad ascoltare un po’ anche i poveri. Sono molto perplesso e pensoso quando si dice che o si va in una certa direzione altrimenti sarebbe stato meglio non fare il Sinodo. Quale direzione? La direzione che, si dice, hanno indicato le comunità mitteleuropee? E perché non la direzione indicata dalle comunità africane?”.
Nella successiva domanda, l'intervistatore fa riferimento ad una preoccupazione espressa dal cardinale Muller (attuale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede), il quale ha osservato che i cristiani non conoscono più la dottrina della Chiesa, aggiungendo che però, "questa mancanza non può giustificare l’esigenza di adeguare l’insegnamento cattolico allo spirito del tempo". Si chiede quindi a Caffarra: "Manca una pastorale familiare?"
La risposta del cardinale va trascritta per intero ed è tale da spingerci a riflettere profondamente:
(La pastorale familiare) "è mancata. E’ una gravissima responsabilità di noi pastori ridurre tutto ai corsi prematrimoniali. E l’educazione all’affettività degli adolescenti, dei giovani? Quale pastore d’anime parla ancora di castità? Un silenzio pressoché totale, da anni, per quanto mi risulta. Guardiamo all’accompagnamento delle giovani coppie: chiediamoci se abbiamo annunciato veramente il Vangelo del matrimonio, se l’abbiamo annunciato come ha chiesto Gesù. E poi, perché non ci domandiamo perché i giovani non si sposano più? Non è sempre per ragioni economiche, come solitamente si dice. Parlo della situazione dell’occidente. Se si fa un confronto tra i giovani che si sposavano fino a trent’anni fa e oggi, le difficoltà che avevano trenta o quarant’anni fa non erano minori rispetto a oggi. Ma quelli costruivano un progetto, avevano una speranza. Oggi hanno paura e il futuro fa paura; ma se c’è una scelta che esige speranza nel futuro, è la scelta di sposarsi. Sono questi gli interrogativi fondamentali, oggi. Ho l’impressione che se Gesù si presentasse all’improvviso a un convegno di preti, vescovi e cardinali che stanno discutendo di tutti i gravi problemi del matrimonio e della famiglia, e gli chiedessero come fecero i farisei, ‘Maestro, ma il matrimonio è dissolubile o indissolubile? O ci sono dei casi, dopo una debita penitenza, …?’ . Gesù cosa risponderebbe? Penso la stessa risposta data ai farisei: ‘Guardate al ‘Principio’. Il fatto è che ora si vogliono guarire dei sintomi senza affrontare seriamente la malattia. Il Sinodo quindi non potrà evitare di prendere posizione di fronte a questo dilemma: il modo in cui s’è andata evolvendo la morfogenesi del matrimonio e della famiglia è positivo per le persone, per le loro relazioni e per la società, o invece costituisce un decadimento delle persone, delle loro relazioni, che può avere effetti devastanti sull’intera civiltà? Questa domanda il Sinodo non la può evitare. La Chiesa non può considerare che questi fatti (giovani che non si sposano, libere convivenze in aumento esponenziale, introduzione del c.d. matrimonio omosessuale negli ordinamenti giuridici, e altro ancora) siano derive storiche, processi storici di cui essa deve prendere atto e dunque sostanzialmente adeguarsi. No. Giovanni Paolo II scriveva nella ‘Bottega dell’Orefice’ che ‘creare qualcosa che rispecchi l’essere e l’amore assoluto è forse la cosa più straordinaria che esista. Ma si campa senza rendersene conto’ .Anche la Chiesa, dunque, deve smettere di farci sentire il respiro dell’eternità dentro all’amore umano? Deus avertat! (Dio ci liberi! )".
Le domande seguenti affrontano più direttamente il problema dell'ammissione all'Eucaristia dei divorziati risposati. Il card. Kasper nei giorni precedenti questa intervista aveva sostenuto l'ipotesi che essi possano essere ammessi alla Comunione dopo un periodo di penitenza, ma Caffarra la pensa diversamente e riafferma con forza che, secondo la dottrina cristiana il matrimonio è indissolubile e che neanche il Papa può cambiare questo comandamento. Se la Chiesa ammettesse i divorziati risposati alla Comunione, sarebbe come se riconoscesse legittimo l'esercizio della sessualità fuori dal matrimonio, cosa che contrasta con la dottrina.
L'intervistatore chiede ora al cardinale Caffarra una riflessione sulla 'grazia' conferita agli sposi dal sacramento del matrimonio. "La grazia del matrimonio - risponde Caffarra - sana perché libera l'uomo e la donna dalla loro incapacità di amarsi per sempre con tutta la pienezza del loro essere. Questa è la medicina del matrimonio: la capacità di amarsi per sempre... L'indissolubilità matrimoniale è un dono che viene fatto da Cristo all'uomo e alla donna che si sposano in Lui. È un dono, non è prima di tutto una norma che viene imposta. Non è un ideale cui devono tendere... Il matrimonio, il segno sacramentale del matrimonio produce immediatamente tra i coniugi un vincolo che non dipende più dalla loro volontà, perché è un dono che Dio ha fatto loro. Queste cose ai giovani che oggi si sposano non vengono dette."
La domanda successiva sembra a questo punto quasi obbligata: allora "che senso ha la parola 'misericordia'?
Nel rispondere a questa domanda, Caffarra fa riferimento all'episodio dell'adultera: Gesù non la condanna, ma neanche si sottrae al giudizio. L'adulterio è comunque un male, un peccato e il peccato (non il peccatore) va condannato. La misericordia di Gesù consiste nel dire alla donna: "Va' e non peccare più", non nel 'tollerare' il suo comportamento . "Questa è la misericordia di cui solo il Signore è capace. Questa è la misericordia che la Chiesa, di generazione in generazione, annuncia. La Chiesa deve dire che cosa è male. Ha ricevuto da Gesù il potere di guarire, ma alla stessa condizione.... Nel caso del divorziato risposato, la Chiesa dice: ‘Questo è il male: il rifiuto del dono di Dio, la volontà di spezzare il vincolo messo in atto dal Signore stesso’. La Chiesa perdona, ma a condizione che ci sia il pentimento."
Naturalmente, il cardinale non sottovaluta il sacrificio pesante che viene richiesto al coniuge incolpevole, ma anzi fa riferimento a diversi casi di cui ha personalmente avuto conoscenza e nei quali ha potuto constatare le oggettive difficoltà a seguire l'insegnamento della Chiesa che chiede anche al coniuge che ha subito l'abbandono di rimanere fedele al vincolo coniugale: potrà così anche accostarsi all'Eucaristia e questo sarà la sua forza.
Rispondendo ad una ulteriore domanda del suo interlocutore, Caffarra si sofferma infine sull'importanza che ha il rapporto con il confessore che con amorevolezza deve condurre il penitente a considerare il rapporto tra la verità e la sua libertà. " Questo è il cuore del dramma umano, perché io con la mia libertà posso negare ciò che ho appena affermato con la mia ragione. Vedo il bene e lo approvo, e poi faccio il male." La verità, quindi, è una e una sola, non può essere adattata al singolo caso, ma la libertà di cui l’uomo è titolare è fragile; il confessore aiuta il penitente a prendere coscienza del fatto che, a causa della sua fragilità, si è per così dire 'ammalato': in quanto 'ammalato' ha bisogno di Gesù, di un Gesù che gli dica: 'Il tuo male consiste nell'aver spezzato il vincolo del matrimonio, nell'adulterio. Non ti condanno, ma tu pentiti e non peccare più (cioè: rinuncia al male dell'adulterio)'.
Abbiamo dovuto riassumere buona parte della corposa intervista del cardinale Caffarra: chi desidera leggerla per intero la troverà sul sito www.caffarra.it, digitando le parole "Da Bologna con amore" sulla funzione di ricerca interna al sito stesso.
A cura di Antonella