Continuando nel compito di far conoscere le catechesi che papa Francesco sta dedicando, quasi ogni mercoledì, al tema della famiglia al quale questa rubrica è particolarmente interessata, ci occuperemo oggi di quanto il Papa ha detto nel corso di due udienze: quella del 21 ottobre e quella del 4 novembre. Nell'intervallo fra queste due giornate, il 25 novembre, si è concluso il Sinodo dei vescovi sulla famiglia ed è stata pubblicata la Relatio finale. Noi sappiamo però che l'ultima parola spetta al Papa dal quale ci aspettiamo, secondo quanto è avvenuto al termine di precedenti sinodi ordinari, un documento che dica una parola chiara sugli argomenti che nel Sinodo sono stati discussi. Abbiamo veramente bisogno di parole che ci confermino nella fede e che alimentino il nostro desiderio di essere guidati a comprendere sempre più e sempre meglio ciò che il Signore vuole da noi, come persone e come coppie, desiderose di vivere in maniera profondamente autentica il sacramento del matrimonio, al di là delle nostre debolezze e delle tentazioni che il mondo in cui viviamo non ci fa mancare.
Ma torniamo alle udienze del mercoledì. In quella del 21 novembre, il tema affrontato dal Papa è stato quello della FEDELTA': non si può certo dire che sia un tema alla moda, se mai oggi si discute soprattutto di legami che si spezzano e di individui che cercano il modo di costruirne degli altri, anch'essi ovviamente suscettibili di interruzione. Così va il mondo, ma non è detto che è così che dovrebbe andare: occorre non perdere la speranza di convertirci tutti un giorno a relazioni autenticamente fedeli. E' una speranza questa che il Papa mostra di coltivare con forza, vista la frequenza con la quale ci ricorda la bellezza del matrimonio cristiano, fedele e indissolubile. Lo ha fatto anche al termine di questa udienza, dopo la catechesi, quando ha salutato i pellegrini polacchi giunti a Roma per partecipare alla prima memoria di san Giovanni Paolo II (26 novembre), dicendo:
Per l’intercessione di San Giovanni Paolo II preghiamo che il Sinodo dei Vescovi, che sta per, concludersi, rinnovi in tutta la Chiesa il senso dell’innegabile valore del matrimonio indissolubile e della famiglia sana, basata sull’amore reciproco dell’uomo e della donna, e sulla grazia divina.
Sono, queste sì, parole che ci confortano e ci confermano nella fede.
Proprio dalla promessa d’amore e di fedeltà che l’uomo e la donna si fanno l’un l’altra prende avvio il discorso del Papa che poi fa notare che questa promessa comporta l’impegno di accogliere ed educare i figli e di proteggere e accudire i membri più deboli della famiglia e si allarga a condividere le gioie e le sofferenze di tutti i padri, le madri, i bambini, con generosa apertura nei confronti dell’umana convivenza e del bene comune. E' una promessa che si riafferma giorno dopo giorno, in piena libertà, perché - sottolinea il Papa, e questo è molto bello – l'amore e anche l'amicizia generano un legame senza togliere la libertà e dunque libertà e fedeltà non si oppongono l’una all’altra, anzi, si sostengono a vicenda, sia nei rapporti interpersonali, sia in quelli sociali. In altre parole la fedeltà è una promessa di impegno che si auto-avvera, crescendo nella libera obbedienza alla parola data. Di conseguenza la fedeltà è una fiducia che “vuole” essere realmente condivisa, e una speranza che “vuole” essere coltivata insieme.
Mi sembra molto importante questo accenno alla “volontà”: spesso, infatti, dobbiamo far lavorare in noi, nel nostro rapporto di coppia, la volontà di difendere l'amore promesso, la volontà di mantenere fede alla parola data. Ecco infatti quanto dice ancora papa Francesco:
La fedeltà alle promesse è un vero capolavoro di umanità! Se guardiamo alla sua audace bellezza, siamo intimoriti, ma se disprezziamo la sua coraggiosa tenacia, siamo perduti. Nessun rapporto d’amore – nessuna amicizia, nessuna forma del voler bene, nessuna felicità del bene comune – giunge all’altezza del nostro desiderio e della nostra speranza, se non arriva ad abitare questo miracolo dell’anima. E dico “miracolo”, perché la forza e la persuasione della fedeltà, a dispetto di tutto, non finiscono di incantarci e di stupirci. L’onore alla parola data, la fedeltà alla promessa, non si possono comprare e vendere. Non si possono costringere con la forza, ma neppure custodire senza sacrificio
Ecco appunto: a volte è necessario “custodire la fedeltà con sacrificio”, il che sottintende la “volontà” di mantenersi fedeli, nonostante tutto. Certo, ci vuole coraggio, e fede.
A questo punto, il Papa si sofferma su quello che egli chiama il quotidiano miracolo di milioni di uomini e donne , impegnati a prendersi cura della promessa di fedeltà su cui si fonda il loro vivere insieme in una società che non fa nulla per garantire la vita della famiglia pur essendo fondata su di essa. Occorre, dice il Papa – e qui la sua voce si fa grido che non possiamo non condividere- restituire onore sociale alla fedeltà dell’amore. Significa che è necessario che si torni a guardare alle famiglie unite e fedeli come ad un valore da promuovere e da difendere, non come a qualcosa di stantio e superato dalla modernità. Per la Chiesa la famiglia umana è veramente un tesoro da custodire e il Papa ci spiega perché, dicendo: Se san Paolo può affermare che nel legame famigliare è misteriosamente rivelata una verità decisiva anche per il legame del Signore e della Chiesa, vuol dire che la Chiesa stessa trova qui una benedizione da custodire e dalla quale sempre imparare, prima ancora di insegnarla e disciplinarla. La nostra fedeltà alla promessa è pur sempre affidata alla grazia e alla misericordia di Dio. L’amore per la famiglia umana, nella buona e nella cattiva sorte, è un punto d’onore per la Chiesa! E conclude: Dio ci conceda di essere all’altezza di questa promessa.
Nella catechesi del 4 novembre, il Papa – dopo aver ricordato che le famiglie sono sempre in cammino impegnate a scrivere pagine di vita concreta, ribadisce un concetto da lui altre volte spiegato: la famiglia -dice- è una palestra nella quale quotidianamente ci si allena alla misericordia e al perdono. I momenti di tensione, a volte di lite, che si verificano in ogni famiglia sono tutte occasioni per esercitarsi in questo sport del perdonarsi a vicenda; un perdono che deve essere donato reciprocamente e senza lasciar passare troppo tempo, perché quello che ci viene chiesto è di guarire subito le ferite che ci facciamo, di ritessere immediatamente i fili che rompiamo nella famiglia. Se aspettiamo troppo, tutto diventa più difficile. E ancora una volta ripete un consiglio che tante volte ci ha dato: non andare a dormire senza avere fatto la pace!
Interessante è poi il concetto che papa Francesco sviluppa proseguendo la sua catechesi: sottolinea il rapporto che esiste tra famiglia e società, facendo notare come quest'ultima può essere resa migliore da quelle persone che in famiglia hanno appreso l'arte di accogliere e di e perdonare. La famiglia,cioè, è una palestra nella quale ci si esercita a praticare quell'atteggiamento di accoglienza e tolleranza di cui non si può fare a meno se si vuole contribuire alla creazione di una società meno cattiva e meno crudele.
Davvero - conclude il Papa- le famiglie cristiane possono fare molto per la società di oggi, e anche per la Chiesa. Per questo desidero che nel Giubileo della misericordia le famiglie riscoprano il tesoro del perdono reciproco. Preghiamo perché le famiglie siano sempre più capaci di vivere e di costruire strade concrete di riconciliazione, dove nessuno si senta abbandonato al peso dei suoi debiti.
Il Giubileo ha appena avuto inizio: facciamo nostro l'invito del Papa e viviamo con consapevolezza il periodo di grazia che si è aperto davanti ai nostri passi, sperando che davvero si realizzi ciò che papa Francesco auspica: che le nostre famiglie, divenute più forti e più coerenti con la propria vocazione e missione, riescano ad essere quel sale e quel lievito capaci di rendere più umana la nostra società e il mondo intero.
A cura di Antonella