Nel momento in cui mi accingo a scrivere l'articolo per il numero di aprile del nostro giornalino, non è ancora stata resa pubblica l'esortazione postsinodale che papa Francesco ha redatto in seguito ai due sinodi sulla famiglia svoltisi nel 2014 e nel 2015.La presentazione del documento è infatti prevista per il giorno 8 aprile 2016; ne parleremo quindi nel prossimo numero.
Per ora dovrò limitarmi ad indicare il titolo del documento che è: Amoris laetitia, la gioia dell'amore. Nel numero del 1 aprile del quotidiano on line La Croce, Raffaele Decembrino fa notare una coincidenza interessante tra questo titolo, scelto dal Papa per l'esortazione, e il paragrafo 13 della enciclica di Benedetto XVI Porta Fidei, con la quale l'allora Pontefice indiceva l'Anno della Fede del 2008: Amoris laetitia...La gioia dell’amore, la risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la forza del perdono davanti all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinanzi al vuoto della morte, tutto trova compimento nel mistero della sua Incarnazione, del suo farsi uomo, del condividere con noi la debolezza umana per trasformarla con la potenza della sua Risurrezione. Lo stesso Decembrino fa inoltre notare che anche il titolo del libro di Papa Francesco uscito lo scorso gennaio Il nome di Dio è misericordia trova riscontro in un testo di Benedetto XVI e precisamente nell'omelia da lui pronunciata nella Domenica della Divina Misericordia del 2008:“La misericordia è in realtà il nucleo centrale del messaggio evangelico, è il nome stesso di Dio, il volto con il quale Egli si è rivelato nell’antica Alleanza e pienamente in Gesù Cristo”. Sono due coincidenze che mi hanno colpito e mi sono parse significative: per questo ho voluto riportarle qui.
Questo mese, dunque, leggeremo le parole che Papa Francesco ha pronunciato nell'omelia da lui tenuta nel corso della Veglia Pasquale, la sera del Sabato Santo. Non si tratta di un testo specificamente indirizzato alle famiglie, come di solito sono i testi che analizziamo in questa rubrica: sono parole rivolte a tutti i cristiani a ciascuno dei quali è chiesto di essere in grado di “rendere ragione della speranza” che è in loro. Ecco, in questo testo il Papa ci fa riflettere appunto sulle ragioni della speranza e ci esorta a non dimenticare l'esercizio di questa che è una delle tre virtù teologali. Papa Francesco inizia la sua omelia, partendo dalla figura dell'Apostolo Pietro: un Pietro tormentato e dubbioso: Gesù è morto e sepolto, lui l'ha tradito più volte e non è stato capace di stargli accanto, ora le donne dicono che è risorto, ma non è possibile credere a quello che dicono: vaneggiano, dicono cose senza senso. Come somiglia questo Pietro a tanti di noi cristiani di oggi! ci guardiamo intorno e vediamo un mondo in cui ci sembra che Cristo sia assente, in cui il male trionfa, un mondo in cui accadono eventi che non capiamo e che sono apportatori di stravolgimenti spirituali e materiali, e di morte. La tentazione che nasce è quella di rinchiudersi in sé stessi, di stringersi agli amici che condividono la nostra visione del mondo e che sono smarriti e delusi come noi, e di tacere perché le nostre parole appaiono inutili, così come vana sembra la Parola cui abbiamo creduto. Il Papa però ci fa notare che questo Pietro,così incredulo e dubbioso, «tuttavia si alzò» (v. 12). Non rimase seduto a pensare, non restò chiuso in casa come gli altri. Non si lasciò intrappolare dall’atmosfera cupa di quei giorni, né travolgere dai suoi dubbi; non si fece assorbire dai rimorsi, dalla paura e dalle chiacchiere continue che non portano a nulla. Cercò Gesù, non se stesso. Preferì la via dell’incontro e della fiducia e, così com’era, si alzò e corse verso il sepolcro, da dove poi ritornò «pieno di stupore» (v. 12). Questo – continua il Papa - è stato l’inizio della “risurrezione” di Pietro, la risurrezione del suo cuore. Senza cedere alla tristezza e all’oscurità, ha dato spazio alla voce della speranza: ha lasciato che la luce di Dio gli entrasse nel cuore, senza soffocarla.
Ecco, appunto, la speranza è la luce di Dio. La liturgia della Veglia pasquale ci fa meditare sul nuovo avvento della luce nel mondo: quella luce, creata da Dio prima di ogni altra cosa (Fiat Lux!) e oscurata dal peccato dell'uomo, appare nuovamente nel mondo con l'evento della Resurrezione di Cristo: è Lui la luce del mondo, simboleggiato dal Cero pasquale che arde illuminando e consumandosi. Cristo dona se stesso e così dona la grande luce (Benedetto XVI, Omelia della Veglia Pasquale del 2012). Questa luce che irrompe nel mondo, se da essa ci lasciamo inondare aderendo alla persona che ce la dona, ci rende capaci di vedere, di discernere il bene dal male, ci mette in grado di capire l'autentico principio e il vero fine del mondo, ci ridona la capacità di sperare: una speranza fondata sulla fede (sulla fiducia) e quindi una speranza che è certezza.
Dobbiamo quindi far spazio a Gesù, come appunto ci esorta papa Francesco:
Apriamo al Signore i nostri sepolcri sigillati - ognuno di noi li conosce -, perché Gesù entri e dia vita; portiamo a Lui le pietre dei rancori e i macigni del passato, i pesanti massi delle debolezze e delle cadute. Egli desidera venire e prenderci per mano, per trarci fuori dall’angoscia. Ma questa è la prima pietra da far rotolare via questa notte: la mancanza di speranza che ci chiude in noi stessi. Che il Signore ci liberi da questa terribile trappola, dall’essere cristiani senza speranza, che vivono come se il Signore non fosse risorto e il centro della vita fossero i nostri problemi
Non ci libereremo dai problemi, essi ci saranno sempre, ma questa notte occorre illuminare tali problemi con la luce del Risorto, in certo senso “evangelizzarli”. Evangelizzare i problemi. Le oscurità e le paure non devono attirare lo sguardo dell’anima e prendere possesso del cuore, ma ascoltiamo la parola dell’Angelo: il Signore «non è qui, è risorto!» (v. 6); Egli è la nostra gioia più grande, è sempre al nostro fianco e non ci deluderà mai.
E continua:
...La speranza cristiana è un dono che Dio ci fa, se usciamo da noi stessi e ci apriamo a Lui. Questa speranza non delude perché lo Spirito Santo è stato effuso nei nostri cuori (cfr. Rm. 5,5). Il Consolatore non fa apparire tutto bello, non elimina il male con la bacchetta magica, ma infonde la vera forza della vita, che non è l’assenza di problemi, ma la certezza di essere amati e perdonati sempre da Cristo, che per noi ha vinto il peccato, ha vinto la morte, ha vinto la paura. Oggi è la festa della nostra speranza, la celebrazione di questa certezza: niente e nessuno potranno mai separarci dal suo amore (cfr. Rm. 8,39).
Il Signore è vivo e vuole essere cercato tra i vivi. Dopo averlo incontrato, ciascuno viene inviato da Lui a portare l’annuncio di Pasqua, a suscitare e risuscitare la speranza nei cuori appesantiti dalla tristezza, in chi fatica a trovare la luce della vita. Ce n’è tanto bisogno oggi. Dimentichi di noi stessi, come servi gioiosi della speranza, siamo chiamati ad annunciare il Risorto con la vita e mediante l’amore; altrimenti saremmo una struttura internazionale con un grande numero di adepti e delle buone regole, ma incapace di donare la speranza di cui il mondo è assetato.
A questo punto papa Francesco ci ricorda che tuttavia la speranza va coltivata e nutrita e sostiene che proprio la liturgia della Veglia Pasquale ci fa capire in che modo possiamo farlo:
La Liturgia di questa notte ci dà un buon consiglio. Ci insegna a fare memoria delle opere di Dio. Le letture ci hanno narrato, infatti, la sua fedeltà, la storia del suo amore verso di noi. La Parola di Dio viva è capace di coinvolgerci in questa storia di amore, alimentando la speranza e ravvivando la gioia. Ce lo ricorda anche il Vangelo che abbiamo ascoltato: gli angeli, per infondere speranza alle donne, dicono: «Ricordatevi come [Gesù] vi parlò» (v. 6). Fare memoria delle parole di Gesù, fare memoria di tutto quello che Lui ha fatto nella nostra vita. Non dimentichiamo la sua Parola e le sue opere, altrimenti perderemo la speranza e diventeremo cristiani senza speranza; facciamo invece memoria del Signore, della sua bontà e delle sue parole di vita che ci hanno toccato; ricordiamole e facciamole nostre, per essere sentinelle del mattino che sanno scorgere i segni del Risorto.
Accogliamo questo invito del Papa e proponiamoci di non tralasciare di cibarci del nutrimento che ci viene dalla Parola del Signore, così come le Scritture ce la presentano e il Magistero della Chiesa la spezza per noi. Saremo così pronti ad accogliere ogni giorno l'invito che ci viene rivolto:
Cristo è risorto! Apriamoci alla speranza e mettiamoci in cammino; la memoria delle sue opere e delle sue parole sia luce sfolgorante, che orienta i nostri passi nella fiducia, verso quella Pasqua che non avrà fine.
A cura di Antonella