L’amore crea la famiglia Dada Prunotto
Ci sono cose che sempre mi emozionano, come vedere due fratelli che si abbracciano, una madre che benedice il figlio, due vecchi coniugi che si tengono per mano, un nonno che gioca con il nipotino. Questi atteggiamenti affettuosi, così confidenziali, fanno pensare alla famiglia che quelle persone hanno alle spalle, alle gioie e ai dolori che avranno attraversato le loro vite, alle loro miserie o alla grandezza di qualche loro scelta. Ci sono contraddizioni nel cammino dell’umanità precaria e vulnerabile, capace di grandi gesti o di fragilità indicibili. Piccoli e grandi uomini. Tutto convive nel genere umano: il bene e il male, la forza e la debolezza, l’intelligenza e la meschinità, l’eroismo e la viltà.
Ma in quel gesto di benedire, di darci la mano fra vecchi coniugi, del fratello che abbraccia il fratello, del nonno che si diverte con il nipotino, sta la nostra grandezza, perché amiamo, perché siamo capaci di perdonare e di dimenticare. Dio è con la famiglia, nel bene e nel male; Dio ci conosce, sa di che cosa abbiamo bisogno. Nella carezza del nonno, nell’amore tra fratelli e fra coniugi, c’è sempre Lui che veglia, ispira, illumina e consola. E’ la famiglia cristiana, la piccola – grande chiesa domestica, che ama.
Ma amare è difficile, perché l’amore vero è un amore scevro da egoismi; è l’Amore con la “A” maiuscola, che vuole imitare quello di Dio. Amare senza egoismi significa volere il bene dell’amato, per amarlo come piace a lui. Questo si impara soprattutto vivendo in famiglia, se si usa buona volontà. Ma chi sono i nostri maestri? I nostri figli! Sono loro che ci insegnano: essi esigono di essere amati comunque, anche quando sbagliano, sapendo di sbagliare. L’amore per i nostri figli ci rende umili, attenti, fiduciosi e pronti all’accoglienza, comunque vadano le cose. E’ il figlio che fa scuola. Gli errori dei figli ci fanno riflettere e ci spronano a cambiare qualcosa nella nostra esistenza.
Il Papa ci invita continuamente ad andare incontro, con generosità, a chi ha bisogno; a recarci nelle periferie esistenziali per farci vicini al prossimo. Noi genitori, molto sovente, queste periferie le abbiamo in casa.
Il Samaritano ha medicato le ferite, ha speso molto del suo tempo nella cura del prossimo tramortito e solo, perché lo ha amato. Quante madri, quanti padri vivono nelle loro case la realtà di una periferia di dolore!
Un sacerdote, parlando con una mamma messa in croce da un figlio bestemmiatore, che non la ama, e da un altro che si droga e si ubriaca, le ha detto che questo periodo storico vede nei genitori i nuovi martiri. E’ quella una madre che ha vissuto una vita di preghiera e di sacrificio. Moglie di un medico, che lei ha sempre aiutato, sino ad assisterlo giorno e notte, quando un ictus l’ha costretto paralizzato su una carrozzella per 20 anni, privo della parola. Ci si chiede il motivo di tanto dolore. Eppure quella madre, cieca da tanti anni, prega, cura, perdona.
La vita degli uomini e il dolore che attraversa le loro esistenze è un grande mistero.
Il mondo è un altare, come è stato detto.
Le nuove generazioni hanno bisogno di tanto sostegno dalla famiglia, ma anche le istituzioni, rinnovate e svecchiate, devono fare la loro parte. Insieme devono lavorare per creare degli adulti responsabili e pronti ad amare; i giovani da soli non ce la fanno più. Le separazioni sono sempre più numerose e i figli, nati da queste unioni infelici, pagano gli errori degli adulti. La società si ammala. Ci si deve aiutare. Noi vecchi genitori non bastiamo; il nostro maschio ce lo portiamo sino alla fine dei nostri giorni, fiduciosi e impotenti, fragili e coraggiosi, meschini ed eroi, così come capita vivendo.