Combattere la povertà, costruire la pace A cura di Antonella
Continuiamo la rilettura del messaggio inviato al mondo da papa Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace 2009: nella prima (vedi numero di gennaio) il Papa ha analizzato le varie situazioni di povertà che è purtroppo possibile riscontrare nel mondo in cui viviamo; nella seconda parte suggerisce gli strumenti di cui servirsi per lottare contro la povertà e, di conseguenza, favorire il mantenimento della pace nel mondo. Essi sono:
- necessità di una solidarietà globale: Benedetto XVI mette anzitutto in guardia dalla globalizzazione che “elimina –sì – alcune barriere”, ma “può anche crearne di nuove”: essa “avvicina i popoli, ma la vicinanza spaziale e temporale non crea di per sé le condizioni per una vera comunione e un'autentica pace”. Per essere utile all’umanità, la globalizzazione deve essere “finalizzata agli interessi della grande famiglia umana”, deve essere, quindi, guidata, governata; perché questo avvenga “occorre una forte solidarietà globale tra Paesi ricchi e Paesi poveri, nonché all'interno dei singoli Paesi, anche se ricchi.” E continua: “La marginalizzazione dei poveri del pianeta può trovare validi strumenti di riscatto nella globalizzazione solo se ogni uomo si sentirà personalmente ferito dalle ingiustizie esistenti nel mondo e dalle violazioni dei diritti umani ad esse connesse. La Chiesa, che è «segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano», continuerà ad offrire il suo contributo affinché siano superate le ingiustizie e le incomprensioni e si giunga a costruire un mondo più pacifico e solidale.”
-accesso al mercato mondiale possibile per tutti: il Pontefice osserva che “nel campo del commercio internazionale e delle transazioni finanziarie, sono oggi in atto processi che permettono di integrare positivamente le economie, contribuendo al miglioramento delle condizioni generali; ma ci sono anche processi di senso opposto, che dividono e marginalizzano i popoli, creando pericolose premesse per guerre e conflitti”. Negli ultimi anni, alcuni paesi, prima esclusi dal commercio mondiale, hanno potuto fare rilevanti progressi: ci sono però anche molti Paesi, soprattutto africani, “a basso reddito che risultano ancora gravemente marginalizzati rispetto ai flussi commerciali”. “Vorrei qui – continua il Papa - rinnovare un appello perché tutti i Paesi abbiano le stesse possibilità di ccesso al mercato mondiale, evitando esclusioni e marginalizzazioni”
- attività finanziaria veramente rivolta al bene comune: la finanza – lo vediamo tutti - “concerne uno degli aspetti primari del fenomeno della globalizzazione, grazie allo sviluppo dell'elettronica e alle politiche di liberalizzazione dei flussi di denaro tra i diversi Paesi”. Tuttavia, gli scambi finanziari appaiono oggi “– a livello nazionale e globale - basati su una logica di brevissimo termine”: mirano esclusivamente, cioè, a realizzare forti guadagni immediati, senza curarsi (e l’attuale crisi finanziaria lo dimostra) di ciò che accadrà in futuro. In questo modo, si riduce notevolmente “la capacità della finanza di svolgere la sua funzione di ponte tra il presente e il futuro, a sostegno della creazione di nuove opportunità di produzione e di lavoro nel lungo periodo. Una finanza appiattita sul breve e brevissimo termine diviene pericolosa per tutti, anche per chi riesce a beneficiarne durante le fasi di euforia finanziaria”.
- Aiutare i paesi poveri a dar vita ad iniziative capaci di incrementare la produzione del reddito: non è sufficiente, fa notare il Papa, che i Paesi ricchi facciano giungere ai paesi poveri aiuti economici: le politiche “marcatamente assistenzialiste” sono “all'origine di molti fallimenti”. Occorre, invece, fornire ai Paesi a basso reddito, “sostegni per lottare contro la criminalità e per promuovere una cultura della legalità”, ma anche e soprattutto “investire nella formazione delle persone e sviluppare in modo integrato una specifica cultura dell'iniziativa” in grado di dar vita a progetti a medio e lungo termine, capaci di incrementare il reddito pro capite “che rappresenta uno strumento importante per raggiungere l'obiettivo della lotta alla fame e alla povertà assoluta”. “In un'economia moderna, infatti, il valore della ricchezza dipende in misura determinante dalla capacità di creare reddito presente e futuro”. I Paesi poveri devono quindi essere aiutati a raggiungere al più presto questa autonoma capacità: solo così si può “lottare contro la povertà materiale in modo efficace e duraturo”.
- corretta logica economica, politica, partecipativa: questo punto riguarda in modo particolare i Paesi sviluppati, all’interno dei quali, però, esistono, come è evidente a tutti, larghe fasce di popolazione “che sono spesso al di sotto della soglia di povertà estrema e sono al tempo stesso difficilmente raggiungibili dagli aiuti ufficiali”. La società civile e le amministrazioni locali devono dar vita ad iniziative economiche e politiche che possano promuovere il riscatto degli emarginati e degli esclusi e includerli a tutti gli effetti nella società. “In particolare, la società civile assume un ruolo cruciale in ogni processo di sviluppo, poiché lo sviluppo è essenzialmente un fenomeno culturale e la cultura nasce e si sviluppa nei luoghi del civile” .
- vivere in profondità la fraternità: nel mondo contemporaneo, ci fa osservare il Papa, esiste una scandalosa sproporzione - “di ordine sia culturale e politico che spirituale e morale”- .”tra i problemi della povertà e le misure che gli uomini predispongono per affrontarli”. Questo accade perché “i problemi dello sviluppo, degli aiuti e della cooperazione internazionale vengono affrontati talora senza un vero coinvolgimento delle persone, ma come questioni tecniche, che si esauriscono nella predisposizione di strutture, nella messa a punto di accordi tariffari, nello stanziamento di anonimi finanziamenti. La lotta alla povertà ha invece bisogno di uomini e donne che vivano in profondità la fraternità e siano capaci di accompagnare persone, famiglie e comunità in percorsi di autentico sviluppo umano.”
Conclusione
Avviandosi alla conclusione, Benedetto XVI cita e fa sua una frase tratta dall’enciclica Centesimus annus di Giovanni Paolo II: « I poveri – egli scriveva - chiedono il diritto di partecipare al godimento dei beni materiali e di mettere a frutto la loro capacità di lavoro, creando così un mondo più giusto e per tutti più prospero ». E aggiunge: “La globalizzazione da sola è incapace di costruire la pace e, in molti casi, anzi, crea divisioni e conflitti. Essa rivela piuttosto un bisogno: quello di essere orientata verso un obiettivo di profonda solidarietà che miri al bene di ognuno e di tutti. In questo senso, la globalizzazione va vista come un'occasione propizia per realizzare qualcosa di importante nella lotta alla povertà e per mettere a disposizione della giustizia e della pace risorse finora impensabili.” L’interesse per i poveri è sempre stato al centro della dottrina sociale della Chiesa: dall’enciclica Rerum novarum in poi “sono state messe in luce nuove povertà man mano che l'orizzonte della questione sociale si allargava, fino ad assumere dimensioni mondiali”. Approfondendo via via l’analisi e adeguandola alle nuove situazioni, la Chiesa sempre più chiarisce “i nessi tra povertà e globalizzazione” e orienta “l'azione verso la costruzione della pace”.
Il messaggio del Papa si conclude con queste parole:
“«Ciascuno faccia la parte che gli spetta e non indugi», scriveva nel 1891 Leone XIII, aggiungendo: «Quanto alla Chiesa, essa non lascerà mancare mai e in nessun modo l'opera sua» Questa consapevolezza accompagna anche oggi l'azione della Chiesa verso i poveri, nei quali vede Cristo sentendo risuonare costantemente nel suo cuore il mandato del Principe della pace agli Apostoli: «Vos date illis manducare – date loro voi stessi da mangiare» Fedele a quest'invito del suo Signore, la Comunità cristiana non mancherà pertanto di assicurare all'intera famiglia umana il proprio sostegno negli slanci di solidarietà creativa non solo per elargire il superfluo, ma soprattutto per cambiare «gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società». Ad ogni discepolo di Cristo, come anche ad ogni persona di buona volontà, rivolgo pertanto all'inizio di un nuovo anno il caldo invito ad allargare il cuore verso le necessità dei poveri e a fare quanto è concretamente possibile per venire in loro soccorso. Resta infatti incontestabilmente vero l'assioma secondo cui «combattere la povertà è costruire la pace».