L'UMILTA' (Franca Martinelli)
Nel Nuovo Testamento si legge: "Abbiate in voi gli stessi
sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo
di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua
uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la
condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in
forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino
alla morte e alla morte di croce". (Fil 2:5-8) Questo brano
ci fa capire che l'umiltà non nasce dalla povertà
umana, ma dall'amore di Dio per gli uomini.
A Madre Speranza non mancano occasioni per praticare la virtù
dell'umiltà fin da bambina. Nacque in un ambiente poverissimo
anche culturalmente, presto fu messa a servizio a casa del Parroco.
Ebbe umiliazioni nella vita religiosa prima tra Le Figlie del
Calvario, poi tra le Claretiane. Non mancarono prove perfino quando
fondò le Ancelle dell'Amore Misericordioso, per il perseverante
rifiuto del Vescovo di Madrid o quando le fu illegittimamente
tolto l'incarico di Madre Generale. L'umiltà la rese docile
ai diversi confessori e direttori spirituali, anche quando le
proibizioni, le correzioni, gli ammonimenti costavano alla sua
natura.
La nipote, Suor Margherita, testimonia: "Se non l'avessi
conosciuta, non mi sarei accorta che lei era la superiora generale.
Spesso lavorava in cucina o in lavanderia ed era intenta ai lavoro
più umili".
La vera grandezza consiste nell'abbassamento volontario, animato
dalla carità e volta al servizio dei fratelli. Solo chi
si abbassa, chi si fa piccolo come un bambino, dice Gesù,
sarà grande nel regno dei cieli.
L'umiltà, per Madre Speranza, non significava abbassarsi
al di sotto della propria condizione, ma nel riconoscersi per
ciò che era. La consapevolezza del suo limite, il conoscere
se stessa non era per lei un motivo per perdersi d'animo, anzi
diventava l'occasione per un vero e concreto cammino di santità.
Madre Speranza ammetteva umilmente la sua condizione di peccatrice
e questo la portava a ricorrere spesso al sacramento della Riconciliazione.
Si considerò come "la scopa", che è fatta
solo per servire, si definì anche "l'asino di Balaan",
la patata che marcisce per dare la vita, la portinaia del Signore.
Ma soprattutto l'umiltà la rese capace di prendere ogni
avvenimento come espressione della volontà di Dio, di affidarsi
a Lui incondizionatamente, nella consapevolezza di essere solo
uno "strumento" nelle Sue mani. Che dire dei doni straordinari
con cui il Signore la favorì? Mai si vantò di quei
carismi che iniziarono a manifestarsi quando ancora era religiosa
Claretiana. Tra le vie che la serva di Dio sembra aver privilegiato
nella sua vita per raggiungere l'umiltà, c'erano la preghiera,
il riconoscimento dei propri peccati, il lavoro, ecc.
La segretaria generale, madre Gemma Brustolin, ricorda: "La
Madre ci diceva di essere contente quando ci troviamo in condizione
di essere umiliate, perché è proprio lì che
si impara ad amare il Signore, come è accaduto a lei".
Per M. Speranza l'unico vanto è stato quello di essere
associata alla Croce di Cristo. Sapeva di aver tutto ricevuto
da Lui e quindi si vantava e gioiva nel partecipare alla Sua umiliazione.
Questa incondizionata adesione a Cristo condusse la Serva di Dio
ad una sincera umiltà, ad un servizio che non cade nell'ostentazione
ma è espressione della stima sincera verso i fratelli,
un servizio che, sull'esempio di Gesù, "si fa tutto
a tutti".
M. Speranza è morta l'8 febbraio 1983 a 90 anni, molti
anni prima aveva espresso il desiderio che il suo corpo venisse
sepolto vicino al Santuario, perché si disfacesse per la
glorificazione dell'Amore Misericordioso. Il suo desiderio venne
esaudito in misura ancora più perfetta, le sue spoglie
mortali riposano, infatti nella cripta del Santuario.
Il seme deve marcire per dare i frutti, lo credo fermamente e
non ho altro da dire se non invitare tutti alla preghiera per
vederla presto agli onori degli altari.