L’ISLAM: dalla fonte principale: il Corano (Cfr “Islam” Stefano Nitoglia) (Continua dal numero precedente)
La passione della Chiesa nei paesi islamici
La dottrina islamica non rimane solo negli ambienti accademici ma in forza della confusione tra religione e politica viene spesso applicata in molti Stati musulmani. L’odio dell’Islam nei confronti del cristianesimo non si è mai estinto. Nelle nazioni musulmane dell’Asia e dell’Africa, non si può professare pubblicamente la fede in Gesù.
La risoluzione del Consiglio islamico di Lahore (1980) stabiliva che “la regione mediorientale deve essere tutta islamica entro il 2000”. Il programma musulmano prevedeva di liquidare definitivamente la presenza cristiana in territorio a maggioranza islamica o costringendo i cristiani all’esodo o togliendo loro ogni spazio vitale. Così abbiamo l’islamizzazione forzata del Libano. Dopo 15 anni di lotta civile, oggi è in atto una drammatica diaspora, che ha portato oltre 2 milioni di cristiani maroniti in Europa e nelle Americhe.
Un caso tipico di estinzione del cristianesimo è quello della Turchia: Padre Suleiman Oz ha rivelato che in questi ultimi 20 anni la popolazione cristiana, che un tempo raggiungeva il 30% della nazione, è oggi quasi scomparsa a causa della persecuzione diretta in atto.
Lo stesso si dica dell’Egitto, del Sudan, del Pakistan, dell’Iran, del Bangladesh, dell’Indonesia, della Malaysia, delle Filippine, ecc, dove i cristiani vengono condannati a morte per offesa a Maometto.
Il terrorismo islamico, “nuovo 68” per l’Occidente?
La persecuzione anticristiana, per il momento è limitata ai soli Paesi musulmani. In questi ultimi tempi, però la presenza islamica in Europa è diventata sempre più massiccia, intraprendente e minacciosa. In questo contesto si sono verificati episodi che potrebbero segnalare l’inizio di un’attività terroristica e persecutoria da parte di estremisti islamici.
I governi sono in allerta, ma è difficile indovinare l’astuzia diabolica dei fanatici.
Fallimento del “dialogo” con l’Islam.
Tutti ormai siamo convinti che il mondo attuale marcia verso l’universale interdipendenza e che quindi l’unica via percorribile è quella del dialogo, allo scopo di realizzare una società pluralistica, muticulturale e multireligiosa, basata su una universale convivenza anche tra culture contraddittorie e tra le religioni più contrastanti come il Cristianesimo e l’Islam. Ma questo discorso non viene fatto dalle autorità musulmane; le iniziative di confronto sono unilaterali, prese dai soli cristiani a beneficio dei musulmani. Basti pensare ai luoghi di culto in Italia: Noi facciamo spazio alle loro moschee nelle nostre città, loro non tollerano le nostre Chiese nei loro territori.
Molti sono i tentativi di dialogo da parte cristiana, ma anche se il dialogo funziona nei piccoli gruppi, questi poi non riescono ad influenzare la massa, perché è difficile trovare l’interlocutore musulmano capace di rappresentare il suo mondo, data la struttura laicale dell’Islam.
C’è anche il fatto che mentre i cristiani si aprono al dialogo, i musulmani stanno vivendo una stagione di ritrovato orgoglio della loro fede, di volontà d’improntare la società di valori religiosi, di rivendicare nelle relazioni internazionali uno spazio maggiore per i propri Paesi, per le proprie idee, per i propri interessi. Il fatto è che i concetti fondamentali come: fede, rivelazione, profeti, legge, libertà, diritti umani, etica, salvezza, hanno connotati diversi per un cristiano e per un musulmano. Da qui il rischio di non capirsi. Ma forse il motivo principale della difficoltà di dialogo sta proprio nella doppiezza dell’Islam: nel Corano c’è l’appello alla pace e al perdono (nel primo periodo di Maometto) e c’è l’appello alla violenza, dalla quale deriva la lotta contro i nemici (nel secondo periodo). C’è chi sostiene che per ritrovare lo spirito autentico dell’Islam bisogna ritornare al primo periodo, ma questo concetto non è ancora abbastanza condiviso.