13.3 LA BEATITUDINE DEGLI ASCOLTATORI DELLA PAROLA (Lc 11,27-28)
Antonio Turi
1127Mentre diceva questo, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». 28Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».
♦ Marco e Matteo concludono la controversia su Beelzebul con l’episodio sulla vera parentela di Gesù che evoca anche la madre (Mc 3,31-35; Mt 12,46-50).
Questo fatto ha potuto suggerire a Luca di narrare un episodio simile (proprio di Luca) e chiarire il “qualcosa/qualcuno” che deve “abitare” il corpo dell’uomo perché non sia come quella casa “spazzata ed adorna”, ma vuota (Lc 11,24-26). Luca aveva anticipato la scena sulla vera parentela di Gesù in Lc 8,19-21, alla conclusione della parabola del seminatore. Alla madre e ai parenti che erano venuti a vederlo, faceva dire (vedi il “ventitreesimo incontro”):
“Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro
che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”.
♦ Mentre Gesù rispondeva ad “alcuni” che lo calunniavano malignamente di essere un alleato di Satana, una “donna dalla folla” gli disse: ““Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”.
La lode che esce dalla bocca della donna suppone in lei un entusiasmo dovuto a qualche insegnamento o a qualche azione di Gesù che aveva destato in lei ammirazione. Gesù risponde alla donna: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!”. Con queste parole Gesù non vuole certo sminuire la maternità di Maria.,Maria è beata perché è la madre di Gesù, ma lo è molto di più perché ascolta la parola di Dio (Lc 1,45), la mette in pratica (Lc 8,21) e la custodisce (2,19.51). Ascoltare la parola di Dio, cioè l’insegnamento di Gesù e metterla in pratica: ecco ciò che si deve “ascoltare”, e ciò che deve “abitare” il corpo dell’uomo. Solo così possiamo evitare che il male, che è sempre in agguato, ci vinca di nuovo, come ci insegna la parabola “Il ritorno dello spirito immondo” (Lc 11,24-26) e come Gesù stesso (“sta scritto”) ha vinto le tentazioni nel deserto (Lc 4,1-13).
13.4 Il segno di Giona (Lc 11,29-32)
1129Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. 30Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione. 31Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
32Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona.
Gesù “mentre le folle si accalcavano” riprende il tema del discorso su Beelzebul (vv. 14-23) per rispondere agli “Altri” che “per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo” (v. 16), incapaci di vedere negli esorcismi di Gesù il regno di Dio già presente. L’episodio è riportato da Marco (Mc 8,11-13) e due volte da Matteo (Mt 12,38-41; 16,1-2.4), la prima presa dalla fonte Q e la seconda da Marco. Per Marco, Gesù rifiutò ai giudei ogni segno; secondo Matteo e Luca, offrì il segno di Giona, che costituiva però un giudizio di condanna e non prova della sua identità messianica. La risposta di Gesù a questa “generazione malvagia” non può che essere una negazione assoluta, come nella tentazione del deserto (Lc 4,9-12): “non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona”. Ma cos’è scritto nel libro di Giona? In che cosa Giona è stato un segno? Dovremmo prendere la Bibbia e leggere questo piccolo libro del profeta Giona (solo quattro capitoli) per guardare come agisce Dio. Intanto rimandiamo, più avanti, alla meditazione di Papa Francesco proprio su questo racconto.
Giona è il segno che Dio ha dato agli abitanti di Ninive. Essi hanno visto la predicazione di Giona e lo straordinario salvataggio del profeta nel ventre del pesce. D’altra parte i giudei vedevano nella distruzione di Ninive il compiersi del giudizio divino annunciato dal profeta. Come Giona è stato un segno per per gli abitanti di Ninive, così il Figlio dell’’uomo, nel piano salvifico di Dio, lo sarà per questa generazione : segno di persuasione (nella sua predicazione) e poi di condanna (nel giudizio finale). Le due parole di minaccia richiamano, la regina del Sud e gli uomini di Ninive, entrambi appartenenti al mondo pagano. La regina del Sud è la regina di Saba (da situare nell’attuale Yemen) venuta, dopo un lungo viaggio, a Gerusalemme per “ascoltare la sapienza di Salomone”. “Nel giorno del giudizio” ella “si alzerà” come accusatrice contro questa generazione perché rimane insensibile alla Sapienza che parla in mezzo ad essa: “qui vi è uno più grande di Salomone” (Gesù supera la tradizione sapienzale). “Nel giorno del giudizio” anche gli abitanti di Ninive “si alzeranno” e “condanneranno” questa generazione. Essi si erano convertiti alla predicazione di Giona, uno straniero. Ma “qui vi è uno più grande di Giona” (Gesù supera la tradizione profetica). Cosa farà “questa generazione” - per Luca cosa farà ogni uomo – di fronte a Colui che è più di Giona e più di Salomone, perchè fa giungere il regno di Dio su quelli che credono in Lui? Quale decisione prenderà ogni uomo dinanzi alla parola di Dio (v. 28)?
13.5 La lampada. L’occhio, lampada del corpo (Lc 11,33-36)
1133Nessuno accende una lampada e poi la mette in un luogo nascosto o sotto il moggio, ma sul candelabro, perché chi entra veda la luce. 34La lampada del corpo è il tuo occhio. Quando il tuo occhio è semplice, anche tutto il tuo corpo è luminoso; ma se è cattivo, anche il tuo corpo è tenebroso. 35Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra. 36Se dunque il tuo corpo è tutto luminoso, senza avere alcuna parte nelle tenebre, sarà tutto nella luce, come quando la lampada ti illumina con il suo fulgore».
Cosa farà, ci siamo appena chiesto, questa generazione - ogni uomo - di fronte a Colui che è “più grande di Salomone…più grande di Giona” (vv. 29-32)? Avremmo invece dovuto domadarci: cosa vedrà questa generazione, ogni uomo? E’ la domanda suggerita da questi detti (loghia, parole di Gesù), probabilmente rivolti ai discepoli per esortarli ad una vita autenticamente cristiana, penetrata dalla luce di Gesù.
♦ Abbiamo trovato già l’immagine della lampada (lucerna) messa sul candelabro (lucerniere - v. 33), ma in contesti diversi: in Mc 4,21 (Lc 8,16) si fa riferimento al Vangelo che deve essere annunciato a tutta la terra; in Mt 5,15 l’immagine è riferita ai discepoli che devono risplendere nel mondo mediante le opere buone. Una lampada, dice Luca, come aveva detto in 8,16, non si accende per nasconderla o metterla sotto il moggio e spegnerla, ma si mette sul candelabro perché illumini la casa. Visto il legame con i versi precedenti (vv. 29-32) la lampada è Gesù ed il detto ci dice: come una lampada posta sul candelabro illumina tutti coloro che entrano nella casa, così Gesù è luce per coloro che arrivano da fuori e vogliono entrare nella comunità. Riaffiorano le parole pronunciate da Simeone che, accogliendo Gesù tra le braccia e benedicendo Dio, proclamava Gesù “luce per rivelarti alle genti” (Lc 2,32).
♦ Un’altra immagine (che ritroviamo in Mt 6,22-23) paragona il corpo umano, cioè tutta la persona, ad una casa. Gesù si rivolge a ciascuno di noi direttamente: “il tuo ochio...il tuo corpo”. L’occhio è come una finestra del corpo che lascia entrare la luce. Se, per qualche motivo, l’occhio non funziona, il corpo intero rimane nel buio, anche se fuori di esso risplende il sole. Gesù sembra interrogarci su come noi guardiamo (o illuminiamo) le persone e le cose: il tuo occhio è “semplice” (sano, generoso, innocente, sincero) o “cattivo” (malato, malvagio)? Sembra che Gesù, interrogandoci su come è il nostro occhio, voglia domandarci: chi siete? Una domanda legata ad una prima domanda : “Ma voi, chi dite che io sia” (Lc 9,20)?
L’occhio con il quale guardiamo (o illuminiamo) le persone e le cose rivela infatti il nostro essere interiore: l’occhio è la “lampada del corpo umano”. L’occhio semplice (sano) corrisponde all’uomo aperto alla luce che accoglie Gesù e il suo Vangelo e viene illuminato. L’ occhio cattivo (malato) corrisponde all’uomo che si chiude a Gesù e al suo Vangelo e sprofonda sempre più nelle tenebre, rischiando di perdersi eternamente. La luce che è Gesù ed il suo Vangelo (v. 33) può essere visto da tutti: dipende da ciascun uomo se tale luce penetra in lui o meno.
♦ L’uomo può ingannarsi, credere di essere nella luce, mentre in realtà è nella “tenebra”.
Poteva trattarsi, in origine, di un ammonimento ai Giudei - oggi a noi: essi credevano di avere la luce, ma erano in realtà nelle tenebre, incapaci di aprirsi al messaggio di Gesù.
♦ L’ultimo verso (v. 36) ci rassicura.
Se il tuo occhio non è cattivo (v. 34), continua Gesù, e non ti inganni di essere nella luce (v. 35), il tuo corpo “è tutto luminoso”, cioè è completamente luminoso, perché è illuminato dalla lampada del tuo occhio. Il tuo corpo “sarà tutto nella luce”, cioè interamente luminoso, quando la luce che è Gesù ed il suo Vangelo, paragonata allo splendore di un fulmine, ti avvolgerà e ti illuminerà, a condizione di volerla accogliere. Potremmo anche tradurre: “Se dunque il tuo corpo è tutto luminoso...tutto sarà nella luce”. L’occhio semplice fa sì che la luce che illumina quella persona si diffonda attorno a lei e renda luminosa ogni cosa. Al contrario l’uomo perverso (l’occhio cattivo) non è solo cattivo e nelle tenebre, ma trasforma anche ciò che circonda in tenebra.