9.4 La professione di fede di Pietro ed il primo annuncio della passione-risurrezione (Lc 9,18-22)
9 18Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?».
19Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
20Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
21Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno.
22«Il Figlio dell'uomo - disse - deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Dopo aver omesso gli episodi che troviamo in Marco 6,45 – 8,26 (la “grande omissione”), Luca (come pure Matteo) riprende Marco 8,27-9,40, con molti ritocchi, fino al momento della “ferma decisione (di Gesù) di mettersi in viaggio verso Gerusalemme” (Lc 9,51).
In particolare, nel racconto della confessione di Pietro e del primo annuncio della passione-risurrezione, le principali modifiche lucane del racconto di Marco (Mc 8,27-33) sono:
- viene omesso che il dialogo tra Gesù ed i discepoli avviene vicino a Cesarea di Filippo, a nord della Palestina (Mc 8,27 e Mt 16,13),
- viene aggiunto che Gesù si ritira per pregare,
- viene omessa la reazione di Pietro all'annuncio della passione e la violenta risposta di Gesù: “Va, dietro a me Satana” (Mc 8,33 e Mt 16,23).
Gesù è solo, in preghiera, in un luogo solitario. A Luca più che il luogo, interessa sottolineare che Gesù prega (è la quarta volta che lo vediamo in intimità col Padre). Lo abbiamo già visto in preghiera dopo aver ricevuto il battesimo (Lc 3,21), dopo aver guarito un lebbroso (Lc 5,16) e prima di scegliere i Dodici (Lc 6,12). I discepoli sono presenti, ma come in disparte...non sono ancora entrati in comunione di vita con Gesù... Gesù prende l'iniziativa e domanda ai discepoli: “Le folle, chi dicono che io sia?”.
Le diverse risposte - Giovanni il Battista, Elia, un profeta (“risorto” aggiunge Luca) - riprendono le stesse risposte ottenute appena prima da Erode (Lc 9,7-8).
Perché Gesù fa una domanda della quale egli ed i discepoli conoscono la risposta?
\Forse Luca vuole mostrare, ancora una volta, che la comunità (rappresentata dai discepoli) è incapace ad aprirsi alla “novità di Dio” (racchiudono Gesù in una realtà del passato) ed è proprio questa chiusura a Dio la mancanza di fede della comunità stessa. La domanda ora viene rivolta ai discepoli: “Ma voi chi dite che io sia?”. La risposta immediata di Pietro, che si fa portavoce dei Dodici, è: “Il Cristo (Messia) di Dio”.
E' ciò che sappiamo sin dalla prima predicazione di Gesù nella sinagoga di Nazaret (Lc 4,18-21), ma allora i discepoli non erano presenti. Poi hanno visto Gesù perdonare i peccati (Lc 5,20), compiere prodigi e predicare il regno di Dio. In Marco Pietro risponde: “Tu sei il Cristo” (Mc 8,29) ed in Matteo “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Pietro ha percepito dalle parole e dalle opere di Gesù che Egli è colui che i profeti di un tempo annunciavano, il Messia, l'unto degli ultimi tempi.
Ma il Messia si immaginava come colui che avrebbe messo fine all'occupazione romana e restaurato il regno di Davide e l'autonomia ebraica. E' così che Pietro e gli altri comprendono l'identità di Gesù. Questo malinteso continuerà fino alla fine della vita terrena di Gesù, come mostra la risposta dei discepoli di Emmaus allo sconosciuto: “Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele” (Lc 24,21).
E allora Gesù precisa il significato del suo essere “il Messia”.
Comincia con ordinare loro “di non riferirlo ad alcuno”: i discepoli non devono dire che Gesù è il Messia, proprio perché non ne hanno ancora compreso il pieno significato.
Poi chiarisce che è certamente un Messia, ma un Messia che deve soffrire, morire e risorgere: “Il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno”.
“Figlio dell'uomo”: così Gesù designava se stesso, anche se non è certo che questo titolo risale a Gesù stesso.
“Soffrire molto”: è un esplicito riferimento alla tradizione del “Servo sofferente” (Is 53,4).
“Essere rifiutato”: si riferisce alla condanna da parte del sinedrio
“Dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi”: sono i componenti del sinedrio che hanno arrestato e condannato Gesù.
“Venire ucciso e risorgere il terzo giorno” fa parte della tradizione più antica del kerygma postpasquale. E' una prima stesura del credo della Chiesa (“kerigma primitivo”).
Il “deve” (“è necessario”) in bocca a Gesù, esprime il misterioso disegno del Padre al quale si sottomette (Lc 2,49). Il deve si riferisce alla Scrittura (Lc 24,46), ma è la riflessione della Chiesa sull' Antico Testamento che farà comprendere che questa morte in Croce, ingiustamente decisa dagli uomini, testimonia il grande Amore di Dio per tutta l'umanità.
E' questo grande Amore di Dio che farà risorgere Gesù, dopo la sua passione e morte: e farà risorgere tutti noi!
Ogni annuncio della Passione è accompagnata dall'annuncio della Risurrezione: la morte di Gesù non è un “fallimento”!
9.5 Mettersi alla sequela di Gesù (Lc 9,23-27)
23Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
24Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. 25Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?
26Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi.
27In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto il regno di Dio».
All'annuncio della passione e risurrezione seguono, come in Marco (Mc 8,34-9,1) ed in Matteo (Mt 16,24-28) cinque “detti” (“loghia”) che possono risalire a Gesù stesso.
Raccolti forse da Marco, per primo, e applicati alla situazione di persecuzione alla quale era sottoposta la comunità, hanno per tema le “condizioni” per mettersi alla sequela di Gesù ed essere “cristiani del Vangelo”.
Sono esigenze rivolte a “tutti” (aggiunta di Luca), a tutti gli uomini di tutti i tempi. Luca segue Marco, ma fa dei cambiamenti significativi del suo racconto. Siamo di fronte ad un grande insegnamento di Gesù sulla vita cristiana nel nostro vivere di ogni giorno.
“Se qualcuno vuole”: è importante sottolineare il verbo volere. Si tratta di una scelta da fare con convinzione, perché la vita cristiana non è proprio “facile” come vedremo.
“venire dietro a me”: dobbiamo non solo metterci all'ascolto della sua Parola, ma anche vivere la nostra esistenza cristiana come Gesù ha vissuto (come imitazione di Cristo).
“rinnegare sé stesso”: non significa rinunciare ad essere sé stessi, ma incamminarsi in una esistenza il cui fine non è più il proprio egoismo.
“prenda la sua croce ogni giorno”: occorre, sulle orme di Gesù, accettare le sofferenze e superare le difficoltà di una vita evangelica ogni giorno (aggiunta di Luca).
“e mi segua”: l'intera vita al seguito di Gesù è come una via crucis, un lungo salire, insieme con lui, sulla croce (lo riproporrà in 14,27).
Non è escluso che Gesù si sia ispirato a ciò che vedeva in Palestina sotto la dominazione romana: schiavi o ribelli pericolosi che portavano la loro croce fino al luogo del loro supplizio (il Golgota).
Anche se Luca non esclude che “prendere la sua croce” significa l'essere pronti al martirio, a testimonianza della fede in Gesù (come accade ancora oggi), non dobbiamo darne un significato in senso letterale. Aggiungendo “ogni giorno” (un condannato non può portare la croce che una sola volta) ne cambia la prospettiva: ogni giorno, come già visto, dobbiamo incamminarci nella via percorsa da Gesù, in una esistenza il cui fine non è il proprio “io”. Se questa prima esigenza (v. 23) è quella fondamentale, i versetti successivi (vv. 24-26) ne daranno una comprensione secondo diversi punti di vista, mentre l'ultimo versetto
(v. 27) concluderà i cinque “loghia”.
♦ Dobbiamo, continua ad insegnarci Gesù, fare una scelta nel momento di sfuggire alla morte “per causa mia”: chi “vuole salvare la propria vita” (rifiutando Gesù), “la perderà” (subirà la condanna quando il “Figlio dell'uomo” verrà per giudicare); chi, invece “perderà la propria vita” (chi rischierà la propria vita fino al martirio, in nome di Gesù) “la salverà” (“conserverà - la vita - per la vita eterna” - Gv 12,25). E' chiaro il riferimento a tempi di persecuzioni cristiane.
Luca dice “per causa mia” e non “per causa mia e del Vangelo” (Mc 8,35). Così facendo, più che alla predicazione del Vangelo, lega il pericolo di “perdere la vita” nel non “prendere la croce ogni giorno”, nel non essere fedeli a Gesù ogni giorno, fino, anche per Luca, al martirio.
♦ Infatti non c'è bene più prezioso della propria vita: “quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?”.
Gesù ci avverte contro il pericolo di perdere la vita eterna. E' assurdo guadagnare il mondo intero e poi morire (Marco 8,37 - che manca in Luca - conferma questa verità).
E' assurdo anche rovinarsi (“...o rovina se stesso” è aggiunta di Luca) per la propria smaniosa sete di potere, di successo, di ricchezza, preoccupazioni care a Luca.
“Il mondo intero” è, nel racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto) ciò che il diavolo avrebbe dato a Gesù se si fosse prostrato davanti a Lui (Lc 4,6-7).
♦ Un altro pericolo – ci avverte ancora Gesù – è quello di vergognarsi di Lui e delle sue parole (“il Vangelo”). Luca non aggiunge “davanti a questa generazione adultera e peccatrice” (Mc 8,38), forse per non limitare l'avvertimento ai contemporanei di Gesù: “di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi”.
Gli angeli santi non sono visti al seguito del Figlio dell'uomo (come in Mc 8,38), ma come i componenti della corte celeste (del mondo divino) al quale il Figlio dell'uomo appartiene.
Ma il Figlio dell'uomo è Gesù stesso? Certamente c'è una relazione tra Gesù e il Figlio dell'uomo, dato che il Figlio dell'uomo si comporterà con gli uomini a seconda di come essi si sono comportati con Gesù. E' verosimile che Gesù abbia voluto parlare in modo velato della sua venuta alla fine dei tempi per compiere il giudizio finale. E' Gesù stesso il Figlio dell'uomo. In Marco, più in linea con il “segreto messianico”, il Figlio dell'uomo è avvolto nella gloria del Padre: “anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi” (Mc 8,38).
Il discepolo, ci insegna così Gesù, deve testimoniare la sua fede in Lui sempre.
Ma quali situazioni possono spingere il discepolo a vergognarsi di Gesù e delle sue parole (si allude alla missione in Israele). Per Marco sono, in particolare, le persecuzioni, mentre per Luca sono anche l'abbandonarsi alla sete di potere, di successo, di ricchezza e lasciarsi sedurre da false dottrine, forse più accattivanti.
In pochi versi (vv. 23-26), viene così precisato “cosa” vuol dire essere discepolo di Gesù: essere pronti a mettersi al suo seguito, lungo una via che passa per la sofferenza fino al dono di sé stesso, per la rinuncia al proprio egoismo, per la fedeltà al Vangelo.
♦ Le esigenze di Gesù sono rivolte a “tutti” (v. 23), ma solo “alcuni” le accolgono, anche nella comunità cristiana. Essi “ non morranno prima di aver visto il regno di Dio”.
Luca, togliendo dal testo di Marco “nella sua potenza” (Mc 9,1), non pensa alla venuta finale del Regno di Dio (cioè alla Parusia).
Luca non poteva pensare che, ai suoi tempi, la Parusia fosse così imminente che i pochi sopravvissuti del tempo di Gesù l'avrebbero vista. Allora come interpretare il “vedere il regno di Dio”?
Si pensa che Gesù anticipi ciò che Pietro, Giovanni e Giacomo vedranno nella trasfigurazione di Gesù, il racconto che segue, o ancora si pensa all'ora della Croce o alla Pentecoste.
Al di là di queste letture, è verosimile che Luca voglia dirci che la presenza del regno di Dio è una realtà manifestata dalla presenza di Gesù prima ed ora, anche se non ancora pienamente, dal Vangelo, annunciato dalla Chiesa.
Approfondimento personale
- “Ma voi chi dite che io sia?”. Quale è la nostra risposta? Ci apriamo alla “novità di Gesù”, che è il volto e la parola di Dio?
Riusciamo ad accettare l'essere “Messia” come Gesù lo ha vissuto o avremmo voluto un altro tipo di Messia, come Giuda (che lo tradirà) e persino Pietro (che lo rinnegherà tre volte)?
La nostra comunità riesce a recuperare la freschezza originale del Vangelo?
- Meditiamo il Vangelo con il cuore o lo rinchiudiamo nei nostri schemi, prendendo quelle parole che ci fanno più comodo?
- I cinque “detti” di Gesù ci sembrano “impossibili” da seguire? Eppure il Vangelo non è “buona notizia”? Cosa ci impedisce particolarmente ad essere “cristiani del Vangelo”?
- La nostra comunità accoglie le “esigenze” di Gesù nel mettersi alla sua sequela?
- Smania di ricchezza, potere, sesso...riempiono pagine di giornali e pubblicità televisive. La vita che tu scegli è quella che vuole il mondo?
- Ti sembrano assurde le parole di Gesù: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà?”