10.1 IL COMANDAMENTO DELL’AMORE
E LA PARABOLA DEL BUON SAMARITANO (Lc 10,25-37)
Antonio Turi
10 25Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?».
26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?».
27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai».
29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?».
Dopo il momento di esultanza di Gesù e la sua preghiera di lode al Padre, al ritorno gioioso dei settantadue discepoli, ecco “un dottore della Legge” che si rivolge a Gesù pronto a “metterlo alla prova”. Satana è sempre in agguato! Luca ha trovato questo dialogo in Marco 12,28-34 ed in Matteo 22,34-40. Per questi ultimi l’episodio appartiene ad una serie di discussioni, con scribi e farisei in Gerusalemme, uno dei quali domanda: “Qual è il primo (o il più grande) di tutti i comandamenti?”
Luca invece pone l’incontro agli inizi del “viaggio” e mostra di non interessarsi ad una controversia teorica sul valore dei comandamenti, ma piuttosto all’amore di Dio e del prossimo come condizioni di salvezza. Lo conferma l’insistenza su verbo “fare” (vv. 25.28.37). Il problema per Luca, per i suoi lettori – ed oggi per noi – è non di conoscere il doppio comandamento dell’amore, ma del modo di applicarlo concretamente nella nostra vita.
Chiede il dottore della Legge a Gesù: “Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”.
E’ la stessa domanda che il giovane ricco farà a Gesù (Lc 18,18).
Quell’uomo si rivolge a Gesù con un intento ostile e fa una domanda tranello per vedere se Gesù conoscesse la Scrittura. E’ la domanda che riguarda l’esistenza concreta del credente: che cosa fare per entrare nel Paradiso dopo la morte? Gesù prontamente reagisce con una contro-domanda; rimandando, come aveva fatto con il diavolo (Lc 4,1-13), a quanto scritto nella Legge e al suo modo di interpretarlo: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”.
Il dottore della Legge, conoscitore della Scrittura, risponde con le parole del Deuteronomio e del Levitico:
“Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze” (Dt 6,5) “Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso” (Lv 19,18).
Luca aggiunge, come in Marco (Mc 12,28-34) e Matteo (Mt 22,34-40) di amare Dio “con tutta la tua mente”. L’amore per Dio deve coinvolgere tutta la persona (cuore,anima, forza e mente)..
Notiamo che in Luca è il dottore della Legge che risponde ed unisce i due comandamenti dell’amore di Dio e del prossimo, mentre in Marco e Matteo è Gesù stesso. Luca non ha alcuna pretesa di attribuire l’unione di questi due precetti a Gesù stesso.
Luca non vuole parlare di un primo e di un secondo comandamento, non pensa ad una gerarchia dei comandamenti, perché l’amore di Dio e l’amore del prossimo sono inseparabili: non si può amare Dio senza amare l’uomo.
Gesù non può che approvare l’interpretazione che il dottore della Legge ha dato (“Hai risposto bene”), ma aggiunge: “fa' questo e vivrai”.
Quell’uomo ha capito che l’amore di Dio e del prossimo, intimamente legati, sono la legge fondamentale del comportamento da tenere per “ereditare la vita eterna”. La difficoltà sta nello scendere dalla conoscenza dei comandamenti alla loro attuazione. nell’applicazione concreta. Quasi per “giustificarsi” di aver posto la prima domanda, come per dire che sapeva già la risposta, o perché, per la sua superbia non accetta lezioni da altri, domanda ancora: “E chi è mio prossimo?”
È una domanda difficile, perché esige una profonda riflessione per decidere chi è e chi non è il mio prossimo.
Nell’esperienza religiosa ebraica è prossimo il vicino, l’amico, chi appartiene al popolo eletto. Si arriva ad includere anche l’immigrato che abita da tempo in Palestina (Dt 10,19), ma non lo straniero e il samaritano. Con lo svilupparsi dei movimenti religiosi la nozione “prossimo” si restrinse ai soli membri della propria comunità.
Questa seconda domanda è l’occasione per dare una risposta chiara allo scriba – ed oggi a noi – su chi è “il prossimo”. Gesù lo fa attraverso la parabola, propria di Luca, del buon samaritano, che diventa il commento cristiano alla prescrizione di Lv 19,18.
30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.
31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre.
32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre.
33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: «Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno».
36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' così».
È la storia di un uomo che da Gerusalemme scende a Gerico. E’ una via molto pericolosa di circa 27 km con un importante dislivello di 1000 m che attraversa zone desertiche.Dei briganti assaltano l’uomo (di cui non si sa assolutamente nulla), lo picchiano, lo spogliano di tutto e lo abbandonano nella strada nudo e mezzo morto. Per quella stessa via passano due uomini: un sacerdote ed un levita. Tornano probabilmente dal servizio liturgico al tempio – che durava una settimana – e stanno rientrando a casa. A Gerico abitavano molti sacerdoti e leviti con le loro famiglie. L’uno e l’altro, dopo aver visto l’uomo mezzo morto, “passano oltre” senza fermarsi. Non importa sapere perché non soccorrono quell’uomo in urgente bisogno di aiuto. Generalmente si ritiene per motivi di purità legale che vietavano di toccare un morto (Lv 21,1-4): lo pensavano morto o che potesse morire per strada? Ma Luca ha precisato che non era morto, era “mezzo morto”. Il levita avrebbe potuto aiutarlo senza incorrere in uno stato di impurità (era tenuto alla purità soltanto nel servizio al tempio). Essi non possono avanzare scuse.
La scelta di un sacerdote e di un levita, il fior fiore della società israelitica, non è casuale: sottolinea il contrasto con chi entra con sorpresa nel racconto.
Ecco giungere un samaritano, l’odiato, l’eretico, il peccatore. Anch’egli vede, ma “ne ebbe compassione”. E’ il sentimento attribuito a Gesù (toccato fino alle viscere) nei confronti dell’uomo bisognoso di aiuto (Lc 7,13; 15,20). Non a caso, diversi Padri della Chiesa hanno intravisto la figura di Cristo in questo samaritano. Luca descrive con dettaglio la cura data al ferito: si avvicina, fascia le piaghe, vi versa olio e vino, pone il ferito sulla sua cavalcatura, lo conduce in un albergo, se ne prende cura, paga l’albergatore per completare le cure fino al suo ritorno. Il “fare” di quest’uomo è il modo migliore di esprimere la sua compassione. Ha amato fino in fondo, “si prese cura di lui”. E’ un esempio pratico che risponde alla domanda: “che cosa devo fare?”.
Il dottore della Legge aveva chiesto: “Chi è mio prossimo?”, cioè chi, secondo la legge, devo amare? Dove sono, all’interno del popolo dell’alleanza, le frontiere del comando dell’amore?
Gesù, rovescia la domanda e non chiede chi era il prossimo da amare, ma: “chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”.
Il dottore della Legge risponde giustamente: “chi ha avuto compassione di lui”.
Ha capito che il prossimo è colui che fa misericordia, colui che, di volta in volta, si fa vicino a chi sta nel bisogno, chiunque esso sia.
Il prossimo è un uomo che incontra un uomo, al di sopra di ogni discriminazione di razza, di religione, di nazionalità.L’amore per chiunque è la condizione per aver parte alla vita eterna.
L’imperativo finale di Gesù “Va' e anche tu fa' così” è rivolto oggi a noi. Gesù ci invita a mettere in pratica l’amore dimostrato dal samaritano.
Accogliamo il suo invito e abbattiamo le “barriere” che possono dividerci dall’altro.