La TV ci guarda Dada
La morte di Mike Buongiorno ha interessato per giorni e giorni i telegiornali nazionali, i servizi speciali TV, la carta stampata, le gente comune, le istituzioni. Un fenomeno che si verifica ogniqualvolta personaggi del mondo della politica fanno parlare di sé, il più delle volte a causa della loro dipartita.
Ma la morte di Mike Buongiorno ha avuto una risonanza molto particolare, perché quest’uomo fu legato strettamente ad un cambiamento epocale nella vita degli Italiani. L’Italia, uscita da una guerra devastante, che distrusse anche molte speranze di tanti Italiani. Negli anni quaranta esplose, come conseguenza, il fenomeno dell’emigrazione, alla ricerca di una qualche occasione di lavoro che potesse ricostruire, insieme alle speranze, anche l’economia di tante famiglie italiane. Si partiva per l’America del nord o in quella del sud in cerca di fortuna.
La voglia di lavorare, la fantasia, la creatività di molti italiani emigranti sortì i suoi effetti. Negli anni 50 – 60 – 70 alcuni tornarono in Italia con un piccolo risparmio e la voglia di ricominciare, ma questa volta nel proprio Paese. L’Italia cominciava a prendere forma, si tentava di ricostruire con volontà e tenacia una vita dignitosa per le famiglie italiane.
Proprio in quel frangente, dagli Stati Uniti arrivava in Italia, spinto però da differenti vicende esistenziali, un giovane figlio di due borghesi benestanti, trapiantati negli USA: il padre, un noto avvocato siciliano, la madre torinese, diretta discendente di noti industriali. Questo giovane rispondeva al nome di Mike Buongiorno, nato negli Stati Uniti e già ben inserito nel mondo dell’informazione americano. Doveva, per ragioni di lavoro, fermarsi in Italia soltanto un anno, invece ci rimase tutto il resto della sua vita, stabilendosi presto in quella Milano, che lo adottò e gli diede infine il benessere, con il suo passaggio coraggioso ma convinto, dalla RAI alle reti commerciali.
Molte trasmissioni, nei giorni immediatamente successivi alla sua morte, ricordarono passo dopo passo, l’emergere di quest’uomo di spettacolo che, come tutti sappiamo, entrò nelle case degli Italiani con le prime trasmissioni a quiz. Le sue proposte di trasmettere sugli schermi TV spettacoli quali “Lascia o raddoppia?”, il “Rischiatutto”, furono accolte come novità molto coinvolgenti, sia dai dirigenti RAI che da tutti gli Italiani. Si era appena usciti dalla guerra; si iniziava a conoscere un po’ di benessere. Con la voglia di ricominciare si fecero molti sacrifici sicché, nel giro di qualche anno, molte famiglie poterono acquistare un televisore. Finalmente l’immagine del giovane presentatore italo – americano comparve nelle case con i suoi quiz, importati, almeno come idea iniziale, dagli USA. Il successo fu enorme. Le famiglie tutte si riunivano il giovedì sera davanti alla TV, nei salotti, ma anche nei bar e nei cinema, e i commenti del dopo “Lascia o raddoppia?, duravano fino al giovedì successivo. Era dunque una TV nazional – popolare e il consenso fu travolgente. Ricordo quei tempi, negli anni 50, quando anch’io, tornata dall’Argentina insieme ai miei genitori, fui molto affascinata da quella novità che, senza i soldi per comprare il frigo, riuscimmo a comprare e a mettere in salotto un bel televisore TELEFUNKEN. Ricordo le partite di calcio, Carosello, i grandi attori di teatro, che accettarono di portare in RAI opere classiche quali: I fratelli KARAMAZOV”, “La cittadella”, “L’idiota”, “I promessi sposi”. Ricordo i volti di Mario Scaccia e Rina Morelli, di Nando Gazzolo, Buazzelli, Fòà, Gassman, attori, che sino ad allora avevo sentito nominare per la loro bravura, ma che non avevo mai potuto vedere, Non c’era tempo, né soldi, né automobile per raggiungere i teatri dove si esibivano. Assistetti all’esordio televisivo di grandi comici quali Vianello, Tognazzi, Manfredi.
Poi arrivarono le trasmissioni di evasione; le prime riviste con le subrettes dai costumi castigati, le gemelle Kessler con piume, lustrini e le calze nere a coprire le loro bellissime gambe. Tutto era novità per noi provinciali poveri, che di teatro non avevamo la minima conoscenza.
Durante un’intervista fatta di recente a Mike Buongiorno e riproposta in memoria da parecchie reti TV, il presentatore fece una panoramica sulla sua vita, legata strettamente alla TV ed ai suoi cambiamenti lungo ben 60 anni della sua vita pubblica.
Da uomo dallo spirito retto, fautore di una TV educata e civile, rimpianse le belle trasmissioni che la RAI proponeva negli anni 50 – 60 – 70, montate con cura, perizia e buon gusto.
Con un certo dolore parlò poi del cambiamento del gusto delle nuove generazioni, dell’eccessivo attaccamento, da parte dei dirigenti, alla famosa “audience”, penalizzando tante volte la qualità.
La concorrenza con le TV commerciali imponeva altri parametri nelle scelte. Anche il ’68 contestatore fece la sua parte.
Poco alla volta la pubblicità con i grandi “Sponsors” occuparono il potere, e il gioco delle multinazionali fu fatto.
Buongiorno vedeva con sofferenza la TV andare alla deriva.
Non so dove lessi che la dignità di un popolo si vede da come mangia, come prega e come si diverte. E’ vero.
Come ci divertiamo oggi? La TV cominciò a proporci spettacoli di evasione, che sono l’esaltazione del totale disimpegno e della nudità femminile. Ricordiamo per esempio, i vari “reality”: “Il grande fratello”, “L’isola dei famosi”. Il passaggio del nudo fine a se stesso, per gratificare il voyeurismo dei maschietti, non ci ha fatto sicuramente fare un salto di qualità! La donna comunque continua ad essere considerata un oggetto; molto, troppo spesso è lei stessa che si presta a questo gioco. Le cosiddette “veline”, “evoluzione” delle vallette – non parlanti -, raggiungono la notorietà perché, bellocce, mezze nude, magari riescono a fidanzarsi con un calciatore e quindi a rimanere qualche anno sui rotocalchi del pettegolezzo e simili.
E noi guardiamo questa TV, e la facciamo guardare ai nostri figli. Non ci accorgiamo, così narcotizzati da un bombardamento di tutto e del contrario di tutto, che invece è la TV che guarda noi.
Ci guarda, ci studia, ci analizza e ci dà ciò che in fondo noi vogliamo. La società non sa più divertirsi; ha bisogno di molti stimoli, di provocazioni sempre più forti, di suicidi in diretta, di pornografia sempre più dura e raccapricciante, di giornalismo becero e guardone che testimonia, con immagini che suscitano ripulsa, la pedofilia più perversa, perché per tanti il giornalismo non è mai troppo “d’effetto”. Molti si scandalizzano, i giornalisti in questione vengono rimossi, ma dopo qualche tempo li si rivede a fare una loro trasmissione su qualche altro canale e tutto è “dimenticato”. Siamo diventati dei guardoni non dei buoni spettatori, capaci di critica e di discernimento.
Bisogna consumare la vita con la voracità e l’indifferenza con cui si consuma un hamburger nel bar di una stazione, in attesa di andare altrove pur di muoversi, di non fermarsi a pensare a che cosa si sta facendo, a dove realmente si vuole andare.
Il nostro è un mondo di fantascienza, un mondo del virtuale.
Siamo dei cibernauti del virtuale, sì, viaggiamo “in rete e pure globalizzati. Chissà in quanti, senza saperlo, sono “caduti nella rete” e non ne vengono fuori!.
Abbiamo perso la nostra identità, prigionieri di noi stessi.
(continua)
Ricordiamo che quanto si ricava dalla vendita del libretto
“Il nostro logo”
sarà completamente devoluto in beneficenza.