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OTTOBRE 2020

     

 (Continua la storia di Maria Luisa)

 

Vagando nei miei ricordi di infanzia c’è una Pasqua che mi è rimasta impressa nella mente.

Chiesi alla signora se potevo andare alla messa della Risurrezione allora era di giorno, più o meno a mezzogiorno. La signora acconsentì. La Chiesa che porta il nome di Crocifisso dei Miracoli, si trovava a quasi cinquecento metri dalla casa della signora. Andai contenta e commossa in Chiesa. ero da sola, e in mezzo a tutta quella gente mi sentivo tanto triste. Ascoltavo la messa ma non la capivo. Però sebbene avevo quasi nove anni, tutta quella gente che pregava, cantava e l’organo che suonava, mi commuovevano. Pensavo a casa mia, a mio padre che spesso stava all’ospedale, a Gianni in collegio e tutto il resto della mia famiglia.

Ad un certo punto della messa sentii suonare ripetutamente tutte le campane delle chiese. L’organo suonava forte e poi… vidi cadere il grande telo di velluto rosso che copriva Gesù Risorto. Guardavo stupita Gesù con la bandiera bianca in mano in una posizione innalzata che sembrava che dovesse volare da un momento all’altro. Mi sentivo niente, una formichina: L’emozione e la commozione  mi fecero scoppiare in un pianto che non riuscivo a frenare; i singhiozzi scuotevano il petto dolorosamente.

Poi mi calmai e, finita la messa, tornai a casa, facendo quel tragitto di strada lentamente e con il cuore triste, molto triste.

Non ricordo bene se nel pomeriggio di quel giorno andai a casa mia.

Non ricordo per quale occasione mi trovai a casa di mia sorella Maria. La gioia che provai vedendo la sua piccola Pinuccia che iniziava a fare i primi passi, fu grande: Sembrava un angioletto, coi suoi capelli biondi tutti riccioloni. Per camminare si appoggiava al muro e io le camminavo accanto per proteggerla da qualche caduta.  Ricordo che Maria cucinò i carciofi e me ne diede una intera, bella, grossa e tenera. Quando la vidi esclamai1 Finalmente un carciofo intero! Maria mi chiese il significato della mia esclamazione, ed io le raccontai come mi trattava la signora Anna: Le dissi come mi dava i carciofi, il pollo e altri cibi: Sempre le parti più scadenti. Maria ci rimase molto male, si turbò tanto. Io le dissi che avrei preferito stare con lei e aiutarla, specialmente che aveva la bambina piccola, anziché stare con la signora Anna. Insomma, forse per la prima volta mi sfogai un po’. Però Maria mi disse che a lei avrebbe fatto vero piacere tenermi con sé, ma dopo tanto tempo non era consigliabile lasciare la signora Anna, perché la mamma, Biagio e Nino, sostenevano che un giorno io avrei avuto la meglio, nel senso che la signora che la signora mi avrebbe fatto la dote. Devo dire che da quel giorno, Maria incominciò ad essere la mia confidente e io ero contenta di avere una persona che mi capiva, di poter contare su di lei per affetto, comprensione e soprattutto di potermi sfogare se ne avevo bisogno.

Eravamo vicino alla fine dell’anno scolastico e come al solito facevamo la foto ricordo tutti noi alunni con la maestra. Ricordo che prima della fine della scuola andammo a visitare altre scuole. Tutti messi in fila per due siamo andati in fondo alla via Etnea, proprio alla fine, al Tondo Giorni. Arrivati lì ci siamo fermati per riposarci un po e anche per fare una piccola colazione. Poi ci rimettemmo in fila per la via del ritorno. Io aiutavo la maestra perché tempo prima mi aveva promossa come capo classe. Io di questo ero contenta. Il mio  compito era di mantenere ordine e silenzio in classe, specie il direttore o altri insegnanti, io mi dovevo alzare per prima dicendo: Attenti! Tutti i ragazzini alzavano con le braccia rette sui fianchi e si sedevano quando si sentiva dire: Seduti! Ricordo che c’era qualche mia compagna che avrebbe voluto essere al mio posto. Spesso facevano chiasso apposta per far vedere ala maestra che io non ero capace di fare la capo classe. Ricordo il pasticcio che si combinava con l’inchiostro, le mani tutte nere e spesso anche il viso. Allora si usava il calamaio posto sul banco con l’inchiostro ed il pennino. Avevamo anche la carta assorbente per il quaderno, però ricordo che si macchiava lo stesso, anche se io facevo di tutto per tenerlo quanto più pulito possibile. Ma non c’era niente da fare, quell’inchiostro era più forte di noi, macchiava sempre e ni strappavamo le pagine del quaderno, soprattutto in quello di bella copia.

Al primo piano fu istituita la mensa e c’erano dei lunghi tavolini. Quando finiva l’ora scolastica, suonava la campana e subito dopo si sentiva un gran baccano, si faceva di tutto per potere uscire dalle aule in silenzio e in fila, ma subito dopo si correva all’impazzata. Io ero più timida e stavo riservata, però mi divertivo.

La signora Anna non voleva che io mangiassi a scuola, per non perdere altro tempo, però qualche volta mangiavo un po’ di pasta con i legumi che a me piace tanto ancora.

Una volta mi venne la febbre e il mal di pancia. La signora mi disse che mi aveva fatto male il cibo della scuola. Davano anche formaggini o quadratini di marmellata e il pane.

Finì quell’anno scolastico e fui promossa in seconda.

Andammo come al solito in villeggiatura, di nuovo a Zafferana. Anche quella volta abbiamo cambiato casa. Era in una traversa della stessa via in cui eravamo stati anni prima.

Attraversato il portone, c’era un piccolo cortile e da una scaletta, alquanto stretta, si andava a finire in una terrazza dove c’erano due porte ed una piccola finestra. Una porta serviva per entrare nella loro camera da letto e l’altra per andare in cucina. Dalla stessa cucina, attraverso una porticina, si entrava nel bagnetto. Nell’insieme la casa era bellina e pulita, e più nuova di quelle degli anni prima. Anche questa volta, però, successero alcuni fatti incresciosi. Proprio il primo giorno che siamo arrivati, sono caduta: Eravamo carichi di valige, pacchi, borse e borsette. Io come al solito facevo di tutto per farmi vedere dai miei “signori” e pertanto mi prodigavo per aiutarli come meglio potevo. Mi caricai delle borse contenenti pesanti bottiglie. La scaletta era stretta e senza ringhiera, e proprio nemmeno a mezzo metro, a fianco della scala, c’era un pozzo senza coperchio. Così mentre salivo con le borse, avendo poco spazio, persi l’equilibrio e caddi.

Fortunatamente mi piegai su me stessa, tra il collo del pozzo e il muretto della scala. Qualcuno da lassù mi aiutò perchè c’era il pericolo di finire dentro il pozzo. Il dolore alla schiena e in altre parti del corpo fu molto forte, tanto che mi mancò la voce, per più di quindici minuti. Ricordo che la signora Anna e suo marito si spaventarono tanto. Li vedevano appena, avevo la vista annebbiata. Mi hanno seduta nello scalino della scala e tutte e due, impauriti, mi chiamavano. “Luisa, Luisa, rispondi! Parla! Cosa ti sei fatto?” Io volevo rispondere ma la voce non usciva. Sentivo un forte dolore alla schiena. Poi la voce pian piano riprese e devo dire che la signora e suo  marito mi dimostrarono affetto e attenzione come mai prima.

In seguito successe un altro fatto che non ho potuto dimenticare.

Quel giorno la signora aveva cucinato pollo. Come di solito io mangiavo in cucina. Avevo finito di mangiare la pasta e aspettavo che la signora mi chiamasse per darmi il secondo. Loro mangiavano nella stessa camera da letto. Quando mi chiamò andai col il piatto in mano. Mentre metteva il pollo nel piatto, io non sapevo dove guardare. Quel momento per me era sempre imbarazzante, anche perché del pollo mi davano sempre le ali, il collo e i piedi – come anche del carciofo mi davano le foglie esterne e del tenero niente.

Come dicevo non sapevo dove guardare. Il sguardo vagava ovunque, la mia testa andava su e giù e di tanto in tanto guardavo il piatto. Ad un tratto la signora esplose. Mi sentii mollare uno schiaffo e il piatto mi cadde dalle mani. mi presi le botte dalla signora che diceva: “Furba, maleducata. Non si guarda il piatto mentre ti do il secondo2 – “Ma io non guardavo il piatto”, risposi piangendo. “Bugiarda, sei furba, vuoi vedere sempre quello che ti do” – “Non è vero, non sono furba”. Ma lei continuava a bastonarmi e non sentiva quello che io le dicevo. Era inutile che io mi difendessi, tanto per lei sarei stata sempre una bugiarda. Ma lei reagiva in quel modo perché sapeva benissimo quello che faceva. Sapeva anche che era sbagliato darmi sempre lo scarto del cibo e si arrabbiava quando, anche senza volerlo, qualche volta lo sguardo mi andava sul piatto. Finalmente fra tutto quello che succedeva finì anche quell’estate.

                                                                                                                              (Continua al numero successivo)

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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