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NOVEMBRE 2019

     

 

 (Continua la storia di Maria Luisa)

Quando proiettavano film belli, a volte la signora faceva entrare Pierina e Rachele, di questo io ero contenta. Di film belli ne ricordo tanti e ne elenco qualcuno: “Le ragazze di Piazza di Spagna, -- Carosello Napoletano, -- L’Altalena di velluto rosso, -- Cenerentola, -- Biancaneve e i sette nani, e tanti altri”. Quando vedevo questi film rimanevo incantata.

Desideravo tanto di trovarmi a Roma in quella Piazza di Spagna o a Napoli, per poter ballare e cantare come facevano nel film”Carosello Napoletano”.

Sì, perché credevo veramente a tutti quei balli, cantate che facevono in qualsiasi momento per strada. Pensavo che fosse tutto vero. Stavo diventando anche molto romantica.

Una volta a casa mia, non ricordo per quale ricorrenza, ma siccome c’era anche Gianni doveva essere una festa grande. Accadde qualcosa molto significativa che non dimenticherò mai. Mi trovavo in cucina con Nino, il marito di Maria, che mi chiedeva di prestare il mio cappottino di velluto verde a Gianni, perché voleva condurlo con se al Teatro Massimo Bellini.

La mia risposta fu no! Voleva sapere il motivo del mio rifiuto. Lo guardavo un po’ impaurita dicendogli: “Perché no!” Nino si infuriò, mi prese per la vita mi sedette sul tavolo e sempre più innervosito continuava chiedermi il motivo dl mio diniego, e sempre più impaurita dal tono della sua voce io non sapevo rispondere altro: “Perché no!” A questo punto Nino perse la pazienza e mi mollò due bei ceffoni, mi misi a piangere e a gridare. Credo che intervenne Maria e la mamma, perché Nino era diventato una bestia, lui continuava a schiaffeggiarmi ed io a piangere.

Tuttora non so spiegarmi il motivo del mio rifiuto, forse ero gelosa del mio cappottino, oppure risentita perché portassero a teatro Gianni e non me. Eppure io volevo bene a Gianni forse più che a Gino e a Domenico, perché lui era il più piccolo di loro ed era sfortunato come me, poiché doveva stare in collegio, come io dovevo stare dalla signora Anna. Credo che alla fine il cappotto se lo prese lo stesso e il mio rifiuto era stato del tutto inutile. A pensarci ora credo che il motivo di quel mio rifiuto, poteva essere che avevo paura che me lo sporcassero o strappassero. Pensavo alla signora che mi riempiva la testa dicendomi che non sapevo mantenere le cose pulite, che dovevo stare attenta, soprattutto quando andavo a casa mia, che non dovevo prestare niente a nessuno.

Prossimi alla stagione estiva la signora quasi ogni domenica pomeriggio mi lasciava andare a casa mia. Ricordo che, quando finivo di fare la cucina,  mi pulivo e dalla cucina passavo piano piano in camera loro. Mi avvicinavo pian pianino vicino al comodino e aspettavo che si accorgesse della mia presenza per salutarla e anche perché ogni volta mi faceva trovare sul comodino dieci lire. Io le prendevo e in punta di piedi aprivo la porta e la richiudevo piano per non svegliare suo marito. Non ricordo come spendessi quelle dieci lire: Forse le davo alla mamma o ci compravo il gelato con Pierina e Rachele quando passava il gelataio davanti casa mia.

Una domenica successe una cosa che non dimenticherò mai. La nipote Paola, due giorni prima, le aveva dato un piatto di pasta al forno. Non l’avesse mai fatto! Perché la signora la conservò per la domenica. Lei assaggiandola diceva che la pasta era ottima, elogiando, come sempre, sua nipote. Ma ahimè, forse perché era stata fatta il venerdì e non lo stesso giorno, la pasta si era in acidità, (allora non c’erano frigoriferi e ci si adattava comprando il ghiaccio). La domenica mattina la signora Anna, che si vantava di avere un odorato fine, assaggiò di nuovo la pasta, e io sul suo viso vidi una espressione un po’ strana, disse ancora che la pasta era veramente gustosa, ma capivo che col caldo era andata a male. Quando la signora si allontanò odorai la pasta e dal condimento veniva voglia di mangiarla, ma dal gusto si capiva che non era più buona. Ricordo che la assaggiai e subito la buttai dalla bocca. A pranzo la signora riscaldò “quella pasta” che emanava ancora di più odore di marcio. La signora faceva finta di niente, e continuando a dire che la pasta era buona, la mise nel piatto e mi disse di mangiarla, mentre lei si portò a tavola pasta fresca. Io ci provavo a mangiarla ma era impossibile mandarla giù, mi veniva da rimettere, ed era inutile che la signora di tanto in tanto si affacciava dalla cucina per controllarmi: La pasta non andava giù.

 

Quando finirono di pranzare, la signora si accorse che la pasta non l’avevo mangiata. A quel punto dissi che non avevo tanta fame. “Ma secondo te la devo buttare?” “No, risposi io, spero di mangiarla dopo aver pulito  la cucina, prima che me ne vado a casa mia”. “Lo spero” rispose lei. Così detto essi andarono a letto. Mentre facevo la cucina pensavo a come liberarmi di quella pasta, perché avevo paura che, la signora alzandosi, mi avrebbe obbligata a mangiarla. Mi venne la felice idea di buttarla nella spazzatura mescolandola con gli altri rifiuti. Io ancora piena di paura mi preparai per andare a casa mia, sperando che la signora rimanesse a letto, ma non fu così, si alzò prima del solito e venne in cucina e mi chiese della pasta, le risposi con un po’ di contentezza, sforzandomi anche di sorridere: “Sa, signora, mentre facevo la cucina mi venne fame e l’ho mangiata”, aggiunsi anche che era stata buona. “Sebbenedica” la salutai, passai nel piccolo corridoio, arrivai in camera loro e mi sentii chiamare. Mi fermai di scatto, sentivo che inveiva contro di me. Mi raggiunse, e mi trascinò a forza in cucina. Capii che aveva scoperto tutto. Avevo paura della sua reazione, perché sapevo che questa volta avevo mentito veramente e l’avevo anche imbrogliata, anche avevo dovuto farlo per necessità. Ma lei questo non lo capiva affatto, s’inferocì di più e incominciò a urlare e a darmi botte, ma di quelle forti, col battipanni.

Alla fine inviperita come una bestia mi preparò il tavolo con il ferro da  stiro, prese la biancheria e la mise sul tavolo e con furia disse: “Adesso stira! Da tua madre non ci vai, ti castigo per quello che hai fatto”. Sfinita com’ero dal pianto e dalle botte che mi aveva dato, iniziai a stirare con una grande rabbia dentro di me. Pensavo sempre che; malgrado io gli avessi detto che la pasta era acida da non potersi mangiare, lei non smetteva di dire che ero bugiarda e che non me l’avrebbe data se fosse stata acida.  Mi gridava che era chiaro che a casa mia non ero abituata a quelle cose buone, che le cose buone non le capivo e non le conoscevo. Si capisce che tutte quelle parole contro di me e la mia famiglia mi facevano male e mentre stiravo piangevo. Mi veniva alla mente quello che era successo quel giorno e mi ritornavano tutte le cose brutte degli anni passati. Piangevo, anche perché, pur avendo ragione e anche se l’avevo presa in giro, era fallita la mia breve andata a casa mia. Mi struggevo al pensiero che i miei erano liberi di giocare, vedevo la mamma davanti al portone che parlava con la nonna Rosa o altre persone. Desideravo tanto essere li con loro. Mi struggevo anche perché non potevo sfogarmi con la signora come volevo: Avrei voluto gridarle in faccia quello che sentivo, chiederle di non trattarmi in quel modo e di non parlare male dei miei, perché l’unica casa che poteva dire di noi era che eravamo poveri. Avrei voluto dirle che non aveva nessun diritto di trattarci in quel modo. Se quella pasta era buona come lei diceva, perché non l’aveva mangiata lei? E tante altre ancora. La mia mente vagava senza nessuna speranza che le cose potessero cambiare.

Ricordo un altro fatto che accadde al signor Angelo.

Un giorno ero sola con lui, la signora era uscita per sbrigare certe sue cose. Essendo vicino l’estate, al signor Angelo venne la felice idea di fare il passaggio dei vestiti invernali con quelli estivi. Mentre facevo le mie faccende, lo vedevo euforico e parlava come se volesse farsi sentire da me. E diceva anche: “Sai Luisedda, ora faremo una sorpresa alla signora, stanca com’è ne sarà contenta”. Canticchiava e fischiettava. Insomma era sicuro di aiutare la sua: “Annuzza”. Così a volte la chiamava. Non stava nei suoi panni dalla contentezza. Ma, povero  lui! Non immaginava quello che lo aspettava. Quando arrivò la sua Annuzza, lui si presentò davanti a lei tutto contento e disse: “Guarda il tuo Angelo cosa ti ha fatto”. La signora quando capì tutto diventò una furia. Si mise a urlare. “Ma cosa hai fatto? Sono cose che devo fare io, perché tu non sai come si devono sistemare i vestiti”. Suo marito, piangendo, perché era molto facile alle lacrime, le rispose che la voleva aiutare, perché lui non faceva mai niente rispetto a quello faceva lei per lui. La risposta fu: “Così facendo mi dai più lavoro!” Dalla rabbia si mise a dargli pugni alle spalle e poi lo fece uscire fuori dalla porta, mentre lei ancora più iraconda tirava fuori di nuovo tutte le cose dall’armadio per sistemarle a suo modo. Io impietrite assistevo alla scena  senza aprire bocca, e ricordo bene che intervenne sua  nipote Paola a frenare la signora.

Poi il signor Angelo rientrò e ricordo che piangendo chiedeva perdono e prometteva che non lo avrebbe fatto mai più. Sembrava un bambino che invocava il perdono della mamma.

Da quel momento incominciai a capre che tutte e due erano delle povere vittime: Lui per la sua malattia dipendeva da lei, la signora per il suo carattere ribelle e automa, decisa, affarista e capace di orientare tutto alla sua convenienza, e più ancora per avere avuto la sfortuna di avere il marito ammalato da curare ed assistere spesso nelle sue crisi, e, infine per non avere figli, nonostante fosse molto giovane e bella quando suo marito si ammalò.

È chiaro che io tutte queste cose le venne a sapere a poco a poco, resta il fatto che fu da quel momento che incominciai a capirli un po’ di più e a provare per loro un po’ di pena.

Da quel giorno cercai di essere più buona, più comprensiva e dimostrarmi più affettuosa. Il signor Angelo, tanto serio, con quegli occhi neri e profondi fissi nel vuoto e le labbra sottili tanto strette, imbronciato proprio come un bambino bastonato, mi faceva tanta tenerezza.

 

(Continua al numero successivo)

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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