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MARZO 2021

     

 (Continua la storia di Maria Luisa)

 

ANCORA FUORI CASA DA ZIO GIOVANNI

 

La zia Peppina a volte si accorgeva di come mi guardavano, e allora evitava di farmi andare ai tavoli a servirli, e lo faceva lei. La sera quando si ritirava lo zio Giovanni, mentre io ero già a letto, sentivo che la zia lo rimproverava perché non le andava il suo modo di fare. Tutte le mattine se ne andava a Catania, sperando di fare qualche viaggio col  suo triciclo e si ritirava la sera, quando tutto era già fatto. Gli rimproverava che non  era giusto che lasciasse tutto sulle sue spalle e su di me, che peraltro, oltre ai lavori di casa, ogni mattina dovevo andare dalla vicina di casa per attingere l’acqua dal pozzo. Lavoro pesante, perché col il secchio pieno dovevo fare un tratto di strada, salire su un muretto e buttare l’acqua in una giara, che a sua volta andava a finire, attraverso un lungo tubo, dentro la casa della zia. Capivo che la zia aveva ragione a rimproverare lo zio, perché almeno questo lavoro poteva benissimo farlo lui, prima di andare a Catania. Come poteva benissimo andare al paese per comprare il mangime per gli animali. Oltretutto a lui non sarebbe costata nessuna fatica, perché l’avrebbe trasportato con il suo triciclo. Infatti spesso, ci andavo io a piedi: All’andata tutto bene, ma al ritorno era fatica, perché dovevo caricarmi sulle spalle il sacco pieno di mangime. La vergogna la dovevo mettere da parte.

A volte, ricordo che mi rimaneva qualche soldo, e mi compravo un dolce. La zia mi chiedeva il resto – sapevo che era molto tirchia – e allora come per dispetto le rispondevo che li avevo spesi tutti per il mangime. Strada facendo mi gustavo quel dolce comprato di “straforo”.

Durante la strada, quando si faceva buio e mi faceva luce e compagnia la luna, la mia fantasia e il mio romanticismo mi facevano dimenticare il peso del sacco che avevo sulle spalle. Mentre camminavo guardavo la luna, la mia ignoranza mi faceva pensare che la luna camminasse insieme con me. Il pensiero della bugia che dovevo dire alla zia per il dolce, mi faceva pensare alla signora Anna, che mi prendeva sempre per bugiarda e che io non sopportavo, però non so spiegarmi perché, la bugia che dovevo dire alla zia, mi faceva ridere.

Mentre mi trovavo dagli zii, la domenica continuavo il catechismo in una chiesa vicino la zia.

Io, nel frattempo, avevo fatto amicizia con le figlie dei vicini e qualche volta la zia mi lasciava andare da loro. Presero a volermi bene. Quando si teneva qualche festa da ballo, il fratello di una di loro prese a farmi la corte; io ero molto timida, però il fatto mi faceva piacere. Poi avevo fatto anche amicizia con le figlie della sorella di zia Peppina. La più piccola si chiamava Carmela e la più grande, Santa. Erano tanto brave! Io capivo che sapevano della mia situazione e sua madre mi accarezzava amorevolmente dicendo talvolta: “Povera Luisa, così cara e buona”. La sorella della zia era sarta, e le figlie si dedicavano al ricamo. Io cercavo di imparare qualcosa di cucito, come quando andavo dalla mia madrina che mi doveva cresimare. Però a parte le amicizie che avevo fatto, mi ero stancata di stare lì. Desideravo tanto tornare a casa e non sapevo come dirlo alla zia.

Non sopportavo più di fare tutti quei lavori e non mi andava affatto di dover dormire nella stessa camera da letto degli zii. La sera quando eravamo tutti a letto, sentivo degli strani rumori, ma non capivo cosa poteva essere. Di già erano trascorsi quasi due mesi. Qualche volta che erano venute la mamma o Rachele, io di nascosto della zia, facevo capire che volevo tornare a casa. Mi dicevano di attendere ancora un po’, perché non volevano fare un torto allo zio Giovanni.

Poi, tanto per farla completa, alla zia venne la felice idea di pulire tutti i pollai. Significava lavarli tutti e poi passare la calce per disinfettarli. Fu un grande lavoro, anche perché iniziava il caldo.

Eravamo nel mese di giugno e mi chiedevo: “Ma quando mi vengono a prendere? Perché ad allontanarmi dalla mia famiglia dovevo essere sempre io?”

Finalmente un giorno vidi arrivare Pierina con Rachele. Provai una grande gioia sentendo che erano venute a prendermi perché mancava poco per la mia prima comunione. Raccolsi in fretta e furia le mie cose. La zia era un po’ mortificata, perché sapeva benissimo che io avevo lavorato al massimo e lei si scusava, dicendo che la colpa era anche dello zio, perché non muoveva un dito e aveva ragione. Ci fece mangiare e poi andammo via.

A casa trovai la stoffa bianca per il mio vestito da cresima e fui tanto contenta. Ricordo che il tessuto aveva dei disegni, sempre bianchi, sembravano tante stelline. Era una bella stoffa che mi piacque tanto. Il vestito lo cucì la mia madrina. Era semplicissimo, lo fece arricciato alla vita, e completato da una larga cintura annodata di dietro, col collettino rotondo e la manica lunga e larga. Poi, per il capo, la mamma mi comprò una bella cuffietta lavorata tutta a rete e di dietro trattenuta dal velo.

La mamma proprio in quel periodo aveva guadagnato dei soldi, facendo anche da sensale. Così  poté dare anche una piccola festicciola per l’occasione e mi poté regalare un paio di orecchini d’oro, il primo oggetto d’oro che ricordo di aver posseduto. Erano bellini, avevano la forma di una mezza luna, ma siccome non avevo i buchi alle orecchie, dovetti farmeli fare da una signora ostetrica che abitava vicino a mia sorella Maria. Finalmente venne il giorno della mia prima comunione. Era il 29 giugno 1954. era una bella giornata estiva. La mamma, Pierina e Rachele erano vestiti a festa. Ricevetti diversi regalini da Maria, Rosa e da alcune amiche delle mie sorelle. La mia madrina mi regalò una collanina d’oro, una coroncina del rosario d’argento e un libricino di preghiere. Quanto erano belli!!! Ero tanto felice, non avevo mai ricevuto dei regali e tutte quelle cose, soprattutto gli orecchini, quella coroncina  e il libricino, mi resero felice. Ero emozionata. La Chiesa, grandissima, ricordo che era  piena perché eravamo in tanti alla funzione, sia femmine che maschi, e poi ognuno era accompagnato dai suoi familiari. Il momento che mi commesse fu quando ricevetti Gesù. Dopo la Messa, ricevemmo la pergamena col simbolo della prima Comunione. Poi mamma, mi fece fare alcune foto in Chiesa. alla fine andammo a trovare mio padre in ospedale. Non era potuto uscire in permesso. Si commosse e mi presentò ai suoi amici. Poi siamo andati alla villa Bellini. Naturalmente c’era anche la mia madrina. Ci siamo fatte alcune foto che ancora adesso tengo care. Nel pomeriggio ci fu la Cresima. Altri momenti di grande emozione. Dopo altre foto di gruppo per ricordo. Finito quel giorno, la vita riprese come al solito. In quel periodo ci fu il fidanzamento ufficiale di Pierina con un giovane di Messina di nome Leonardo che si trovava a Catania per lavoro. Mia sorella lo aveva conosciuto proprio presso quella famosa tragica fontana.

 

(Continua al numero successivo)

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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