Nota: Chiedo scusa perché per ben 3 giornalini, per errore, è stata sempre mandata la stessa pagina.
(Continua la storia di Maria Luisa)
SEMPRE PIU’ ESCLUSA
Venne l’estate, dell’anno…. Anche quell’anno essi partirono di nuovo per le vacanze e io andai a casa mia.
Più il tempo passava e più mi rendevo conto che per me non c’era più posto a casa mia, nel senso che mi sentivo più estranea. Vedevo che i miei discutevano tranquillamente tra di loro, notavo che facevano e disfacevano sicuri di tutto, ridevano e scherzavano tra di loro o con le persone con disinvoltura e io non avevo parte di nulla. Di questo soffrivo sempre di più, e mi veniva difficile essere disinvolta come loro e così rimanevo sempre esclusa.
La sera si stava fuori davanti al portone. Pierina e Rachele si univano ad altre ragazze e parlavano tra di loro di ragazzi. Ridevano e si divertivano tanto. Io cercavo di stare almeno con quelli più piccoli e giocavo con loro alle belle statuine o in altro modo.
Quando si ritirava Gino, Pierina e Rachele mi chiamavano e subito si entrava o dentro il portone o addirittura scendevamo a casa.
Gino essendo il più grande, era molto severo con tutti. Faceva un po’ le veci di mio padre. Pierina aveva più paura di tutti noi, non so perché Gino le faceva venire la tremarella. Forse perché lei ne combinava più di tutte. Non per niente portava il nome di Pierina “Pierino!”.
Certe volte veniva a trovarci Maria con la sua bambina, Pinuccia, che cresceva a meraviglia.
Una sera che mi trovavo in compagnia di una delle figlie più piccole di una famiglia che abitava in uno degli scantinati che ho descritto all’inizio del mio racconto. Questa ragazza aveva circa la mia stessa età. Si chiamava Enza. Lei aveva sempre fame, come me, perché né a casa sua né in quella mia avevamo trovato pane a sufficienza. E spesso quello che trovavamo era duro, ed Enza mi suggeriva di bagnarlo per ammorbidirlo.
Ricordo come gustavamo molto quel pane. Lei lo addentava con un’espressione quasi tragica che mi faceva ridere e non le importava di stare nel sottoscala, quasi al buio, perché la lampadina si era bruciata, confesso però che di questa ragazza e delle sue sorelle ero un po’ gelosa, perché notavo che le mie sorelle, compresa Maria, a loro era molto legata e c’era un’intesa reciproca, e pensavo che le mie sorelle volessero più bene a loro che a me. Questo pensiero mi faceva soffrire tanto.
Mi viene in mente un episodio che vorrei raccontare.
In quei tempi, d’estate, usavano fare alla villa Bellini la festa dell’uva. Una sera ci siamo andati con Maria e Nino, gratis, essendo lui impiegato comunale. Ricordo che c’era molta gente, musica e tante bancarelle. Vendevano noccioline, zucchero filato, palloncini, semini e torroni, c’era di tutto. Mamma, Pierina, Rachele e io eravamo contente di vedere tutte quelle belle cose, anche perché eravamo sedute vicino al palcoscenico e potevamo vedere bene le ballerine che cantavano e ballavano. Insomma ci divertimmo, prima di lasciarci con Maria ci accordammo che ci saremmo andate di nuovo il giorno dopo. Non fu così, perché l’indomani Maria fece sapere, alla mamma, che lei non ci sarebbe potuto andare. La mamma ci portò ugualmente perché sapeva che faceva piacere, soprattutto a Pierina e Rachele già signorinelle. Questa volta non siamo potemmo entrare nel recinto per poterci sedere, poiché eravamo sprovvisti di biglietti omaggio per l’assenza di Nino. Stavamo in mezzo alla folla, non vedevamo bene il palcoscenico, ma sentivamo solo la musica. La mamma mi teneva per mano, ma ad un certo punto mi trovai sola tra la folla e sentivo appena la mamma che mi chiamava. La cercavo senza trovarla e la confusione ci allontanava l’una dall’altra. La folla mi spingeva di qua e di là. Piangevo e qualcuno mi chiese perché, io sempre più impaurita risposi: “Ho perso la mamma . non la trovo più”. Ricordo che una guardia mi portò dietro il palcoscenico. Mi rivedo ancora lì, nelle quinte, che alzavo i piedi per vedere meglio le ballerine che ballavano, quasi avessi dimenticato che mi ero smarrita.
Ad un tratto sentii una voce forte annunciare che un bimba di nome Maria Luisa aveva perso la sua mamma. La cosa più strana, e in un certo senso comica, fu che Maria (per motivi che non ricordo) si trovava anche lei lì, nei posti a sedere. Quindi sia la mamma che Maria sentirono annunciare il mio nome e seppero che mi trovavo presso la direzione dello spettacolo. Maria, allarmatasi, mandò suo cognato, che era assieme a loro, a prendermi. A pensarci ora mi viene ancora da ridere perché quando arrivò suo cognato, prima si presentò ai Carabinieri e poi venne da me. Lui era altissimo, ma io mi sentivo un gigante perché ero ancora sul palcoscenico. Con le braccia aperte mi disse: “Vieni Luisa, salta”. Mi buttai nelle sue braccia dicendogli con la voce piagnucolante “Comparì”, Maria era tutta spaventata e mi chiese con chi ero. Appena sentì che ero con la mamma disse a Nino di andarla a cercare nel palcoscenico. Infatti la mamma era andata lì per prendermi e non trovandomi si era allarmata. Nino la trovò che discuteva spaventata col Carabiniere. Una volta chiarita la situazione ce ne tornammo a casa. Strada facendo, capivo che la mamma ce l’aveva con Maria: Discutendo con Pierina e Rachele che se fossimo stati tutti con Maria come la sera precedente non sarebbe successo niente.
Ricordo che un giorno Pierina mi portò con sé a trovare Gianni in collegio. Di questa camminata mi rimase impressa una lunga scalinata che non avevo mai visto, anche se il collegio si trovava a Catania, proprio nel centro vecchio della città. Mi rimase davanti agli occhi la figura di Gianni quando venne in parlatorio, così serio e imbronciato, mi fece tanta pena, tanta tenerezza che quando ce ne andammo e lui ci accompagnò fino al cancello mi si bagnarono gli occhi. Lo considerai simile a me perché soffrivamo entrambi a stare lontani da casa. Mentre scendevamo quella lunga scalinata, io mi voltai e vidi Gianni che stirava il collo verso la cancellata per guardare noi che ci allontanavamo. Non potrò mai cancellare dai ricordi questo triste episodio.
Poi la sera, dopo essere stati davanti al portone a giocare o chiacchierare, scendevamo giù a casa, ma prima di andare a letto ci si riuniva di nuovo nel cortile con Enza e le sue sorelle più grandi. Si parlava di tante cose, soprattutto di ragazzi, si raccontavano favole e barzellette, si parlava di tutto, si rideva e si stava allegre. Io di tutto questo godevo tanto, però allo stesso tempo provavo tristezza perché pensavo che mi trovavo con loro momentaneamente, mentre loro si ritrovavano insieme quasi tutte le sere.
Pensando a ciò senza che me ne accorgessi mi estraniavo sempre più, mi sentivo una intrusa anche perché loro spesso ridevano e discutevano tra di loro, come se io non ci fossi. Per questa ragione, certe volte preferivo starmene dalla signora Anna, con la mia solitudine, la mia tristezza, la mia nostalgia e la mia sofferenza. Era chiaro che io lì non stavo bene. Comunque erano momenti, attimi di sconforto, perché a parte tutto morivo dalla voglia di poter stare sempre a casa mia, e quando incominciavo ad assaporare un po’ di familiarità, dovevo ritornare dalla signora Anna.
Godendo della presenza delle mie sorelle e delle poche compagne che avevo, il tempo volava via come uno stormo di uccelli, e sapevo bene che bastavano solo pochi giorni perché tutti si dimenticassero di me, della piccola “intrusa” Maria Luisa:
( Continua al numero successivo)