(Continua la storia di Maria Luisa)
IL TRAM CHE SI ALLONTANAVA
La signora Anna era sempre dedicata agli affari e coinvolgeva anche mia madre. Come ho accennato prima, la signora aveva rapporti di lavoro con la mamma nel senso che la signora comprava della biancheria e poi la rivendeva. Mia mamma per guadagnare qualche lira le indicava dei clienti, oppure comprava lei stessa la biancheria dalla signora e poi a sua volta la rivendeva.
Riguardo a ciò, ricordo con tanta tristezza, di una famosa mattina che mi ha lasciato un segno incancellabile nel mio cuore.
Era venuta la mamma dalla signora perché dovevano andare da un’amica di mia madre che aveva comprato della biancheria. Con mia grande gioia mi portarono con loro. Ero felice di essere accanto a mia mamma con la mia mano nella sua, come quando vedevo i miei compagni di scuola con le loro mamme. Abbiamo camminato assieme per metà della via Umberto fino a piazza Jolanda dove sono andati a trovare una cliente. Poi abbiamo continuato a camminare insieme fino al corso Italia. Ad un certo punto la signora mi dice di ritornare a casa, perché suo marito era rimasto solo e poteva avere bisogno di me: “Io e tua madre dobbiamo andare da un’altra sua amica. Stai con noi fino a quando arriva il tram”. Io non volevo affatto interrompere quella meravigliosa mattinata e quando arrivò il tram e dovetti lasciare la mano di mia madre, incominciai a piangere attaccandomi di più alle gambe di mia mamma. Ciò non servì a niente, perché non so come, rimasi sola sul marciapiede, e vidi loro salire sul tram. Ricordo ancora il viso di mia madre che mi guardava triste dal retro del tram ed io che correvo appresso di esso piangendo e quasi gridando: “Mamma…mamma…mamma”. Ma il tram scomparve assieme al suo viso piangente quasi subito, perché girò per il viale della Libertà. a quel punto la forza di rincorrere il tram cessò. Rimasi senza forze e piano piano mi incamminai da sola per ritornare a casa. Ho rifatto la stessa strada di prima, però col cuore colmo di tristezza ed ho pianto per tutta la strada, delusa, tanto delusa, e desiderosa di essere ancora con loro.
Quando la signora ritornò, ebbi una reazione che non avevo mai avuto. La guardai con rabbia, piangendo e gridando le mostrai il fazzoletto dicendo: “Lo vede questo fazzoletto? Da quanto ho pianto per non essere venuta con voi è tutto bagnato dalle mie lacrime. Guardi se si strizza scolano le lacrime”. Con rabbia strizzai d’avvero il mio fazzoletto e scolavano veramente le mie lacrime. Ancora adesso, mentre scrivo questo episodio, piango, pensando a quello che avevo perso e a tutto il seguito. Devo confessare, purtroppo, la rabbia che provavo allora, di perdere sempre qualcosa di prezioso, per non aver potuto far parte della mia famiglia. Per me era un qualcosa di prezioso che perdevo. Questo triste sentimento me lo sono trascinato man mano che crescevo e lo provo ancora adesso che ho quarantanove anni.
Negli anni passati ho cercato di far tesoro di quello che venivo a conoscere dei miei, sia cose belle che brutte, e assaporavo momento per momento il senso che provavano pensando alla mia presenza nella famiglia. E la vita continuava imperterrita, monotona e senza via di scampo.
Mi ricordo di una vendemmia. La signora Tina, sorella più grande della signora Anna, possedeva un grande vigneto in un paese. Lei invitò la signora e suo marito e io fui con loro.
Ricordo che c’erano tante persone anziane, giovani e ragazzi. Mi sentivo come un pesciolino fuor d’acqua. Queste persone andavano a e venivano con delle ceste piene di uva. Cantavano allegramente canzoni siciliane e napoletane.
Poi c’erano degli uomini robusti che pestavano l’uva. C’era cibo in abbondanza, si mangiava, bevevo, cantava e ballava allegramente.
Notavo che la signora Tina e suo marito erano cortesi con tutti ed erano riveriti con “Vossia di qua e vossia di là”. Nel vigneto c’era una casetta ben arredata, naturalmente tipica di campagna.
Avevo capito che la signora Tina, oltre ad avere quella bella casa a Catania e quella vigna grande, seppi poi che possedeva un’altra bella villa a S:G: La Punta. La signora Anna chissà da chi aveva preso quel caratteraccio. Forse la malattia del marito le aveva accentuato quel carattere ribelle e insopportabile, che solo qualche volta si addolciva.
Non ricordo come seppi che Rosa, mia sorella, aveva avuto a Genova un altro bambino, che chiamarono Roberto.
A scuola andavo bene, anche se studiavo pochino per via dei lavori di casa, della mia signora, in quella di sua sorella Tina, sua nipote Paola e qualche volta dalla signora Lina, l’altra sua nipote.
Quest’ultima aveva cambiato casa da poco ed era andata ad abitare poco vicino a noi. La signora Lina ebbe la seconda figlia. Lei aveva già una donna che l’aiutava, ma certe volte, quando questa donna stava male, o aveva tanto lavoro, la signora Anna mandava me per aiutarla. Cosa che facevo volentieri perché provavo una gran simpatia per quella famiglia, anche se ero sempre intimorita dalla loro presenza.
Ricordo la Prima comunione di Laura: Io non ci andai, però la vidi. Era tutta vestita di bianco. Mi sembrò che il vestito fosse di tipo monacale. Credo che io quel giorno andai a casa mia. Ma ricordo bene che, al mio ritorno, la signora Anna mi diede un vassoio di dolci che sua nipote le aveva dato per me. I dolci scomparvero e fino ad ora non mi so spiegare perché diminuivano a poco a poco fino a che sparì anche il vassoio. Sapevo che la signora Anna e suo marito erano molto golosi sia di cibi prelibati che di dolci. Chi aveva allungato la mano a quel vassoio di dolci???...
Ricordo un episodio che colpì tanto la mia sensibilità. Mi trovavo a casa mia, non so per quale ricorrenza, forse per Natale o Pasqua.
Ero “sopra”, davanti al portone, dico sopra perché la mia abitazione, come ho già spiegato era giù negli scantinati. Dunque ero davanti al portone e c’era anche la nonna Rosa. Stava quasi sempre seduta vicino alla guardiola. Quando venne la mamma da fuori disse alla nonna: “Matri, vi sto lasciando la mia borsa appesa alla vostra sedia, io sto scendendo giù e torno subito”. Io andavo appresso a mia madre, quando dopo si sente gridare la nonna: Aiuto! Aiuto !.. Ladro! Ladro! Rosa, Rosa vieni subito. La mamma si precipitò subito dalla nonna e si sentirono anche le sue grida e il suo pianto. Salimmo anche noi sopra, la mamma piangendo ci disse che avevano rubato la sua borsa. La nonna, essendo cieca, come ho già detto, qualche passante ne aveva approfittato.
La mamma non piangeva solo per la borsa ma anche per il contenuto al quale lei teneva tanto. La borsa conteneva la foto e il ciuffo di capelli che la mamma volle tenere come ricordo della piccola Graziella morta. Io a vederla piangere ero dispiaciuta e rimasi ferma in un angolo zitta zitta, ricordando la brutta tragedia che era accaduta anni prima, della quale, nel mio inconscio, mi sentivo ancora colpevole.
Ricordo un’altra permanenza a casa ma. Avevo la febbre e dovevo stare a letto, e quindi di giorno rimanevo spesso da sola, perché ognuno dei miei doveva svolgere il suo lavoro fuori. Sapevo che la mamma teneva la salsa condensata (la chiamavano in dialetto: (“Astrattu”) che a me piaceva tanto. Mi alzai dal letto e andai alla credenza, la stessa che conteneva il mio famoso fiorellino di creta che Mimmo aveva fatto cadere aprendo lo sportello di sotto e che si era rotto. Come una vera birichina, presi una sedia, vi salii sopra, aprii lo sportello e con le dita mi misi a leccare la salsa. Tra una leccata e l’altra non so quanto ne mangiai. Poi andai di nuovo a letto, e la febbre anziché diminuire aumentò e mi venne anche il mal di pancia.
Ricordo che la signora Anna venne a casa mia e mi portò un po’ di latte, per vedere anche come stavo, perché credo che gia sentiva la mia mancanza, sia per l’aiuto domestico che le davo e forse anche perché in fondo in fondo nel suo cuore, tanto duro, incominciava ad esserci un piccolo posto anche per me. Più volte raccomandò alla mamma di stare attenta a me perché guarissi quanto prima, e potessi ritornare da lei al più presto.
(Continua al numero successivo)