L’ANGOLO DEI MIEI SOGNI
(Continua la storia di Maria Luisa)
Tornai di nuovo dalla signora Anna e anche quella volta andammo in villeggiatura a Zafferana.
La casa era diversa dalla precedente, dava sempre sulla strada principale. Si entrava da un portoncino, e si saliva al primo piano. C’era un balcone che dava sulla strada.
Ogni sera, andavamo in piazza, e mentre essi si sedevano ad un tavolino del bar e prendevano il gelato, io gironzolavo da sola come un’anima in pena,sperando di poter fare qualche amicizia con delle ragazze che giocavano l’. ma non mi riusciva. Rimanevo quasi sempre da sola, andavo avanti e indietro per tuta la piazza, attendendo che la signora e suo marito si alzassero per ritirarci. Si proprio così: Io, secondo la signora, dovevo stare all’erta come un cagnolino che quando vede il suo ,padrone gli va dietro.Però una sera, gironzolando come sempre: sola e triste, pensavo a casa mia, alle mie sorelle che insieme con le loro compagne si divertivano. Anche se avevano il loro da fare. Pensavo anche a Gianni solo in collegio. Avrei voluto poter volare per essere presente sempre a tutto ciò che succedeva a casa. Pensavo alla mamma, a mio padre che era in ospedale, pensavo anche alla nonna Rosa che ci voleva tanto bene. Di tanto in tanto mi accertavo che i miei “signori” fossero ancora seduti al tavolino, e, vedendoli, ritornavo a passeggiare. Arrivai fini alla ringhiera che si trovava alla fine della piazza. Da questa ringhiera si vedeva un bel panorama, si vedevano tanti paesi illuminati che sembravano tanti presepi. Appoggiata in un angolo di questa ringhiera, il mio sguardo vagava lontano, la mia mente immaginava che dove c’erano più luci, lì era Catania, e lì era la mia casa. Sognavo di trovarmi assieme ai miei parenti ed amici seduti davanti al portone, a giocare, ridere e scherzare, e piangevo. Poi come svegliandomi da un sogno, mi ricordai dei signori e corsi da loro. Guardai tutti i tavolini, ma non li vidi.se ne erano andati senza di me. cominciai ad avere paura, non tanto perché ero rimasta sola, ma perché temevo la reazione della signora Anna. Certamente mi avevano cercata e, non avendomi trovata, si erano preoccupati. Tremante di paura mi precipitai subito a casa. Appena mi hanno vista, mi hanno aggredita con rimproveri, e poi, per completare la cosa, mi presi anche bastonate. Era tutto inutile quello che io dicevo: Che non mi ero affatto allontanata di tanto e che non ero con nessuno e spesso andavo a controllare se erano ancora seduti al bar. Inutile, era come se parlassi col muro. Sono sicura che la signora non si sarebbe commossa nemmeno se le avessi detto tutti i miei pensieri e i miei sogni che avevo fatto in quell’angolo davanti a quella ringhiera, anzi si sarebbe arrabbiata ancora di più.
Passò l’estate facendo quasi sempre le stesse cose che mi seccavano tanto, soprattutto quando dovevo aiutare a preparare le bottiglie con la salsa di pomodoro, che si dovevano tappare con i turaccioli di sughero e legare con lo spago con una serie di incroci.
Devo dire che a fare tutte queste cose brava era la signora, come anche nel cucito.
Da parte mia preferivo stare in città che in villeggiatura, perché si andava al cinematografo che a me piaceva e mi distoglievo un po’ dai lavori e dai pensieri che facevo stando dentro casa. E poi perché ero più vicina a casa mia. Di solito, si tornava a Catania quando la sera iniziava a pungere un po’ il freddo, anche perché gli accordi con il padrone di casa finivano. Così mi ritrovavo di nuovo a Catania contenta come il signor Angelo che aprivano i cinematografi.
Sistemavamo tutte le varie cose che portavamo da Zafferana e si ritrovava alla routine di sempre. Ero almeno più vicina ai miei cari e così potevo vedere la mamma, che quando poteva veniva a trovarmi dopo la villeggiatura, e questo mi ripagava della lontananza sofferta durante l’estate.
(Continua al numero successivo)