(Continua la storia di Maria Luisa)
La signora ogni anno andava in villeggiatura in un paese etneo e precisamente a Zafferana Etnea. Io ancora non conoscevo nessuno dei paesi etnei, e questo nome mi era del tutto nuovo. Per me esisteva solo Catania che, poi, nemmeno conoscevo tanto bene. Così la signora era tutta indaffarata per i preparativi della vacanza estiva.
Io non ero affatto contenta perché non volevo allontanarmi ancora di più dalla casa di mia madre e perciò non potevo vederla spesso. Andando a Zafferana, chissà quando l’avrei rivista! Chiaro che di tutto questo la signora Anna non sapeva un bel niente.
Quando tutto fu pronto partimmo. Non ricordo con quale mezzo, ma credo con una macchina noleggiata appositamente. Arrivati in questo paese, per me sconosciuto, mi piacque tanto la piazza e la chiesa con la grande scalinata. Dei mesi trascorsi lì ricordo poco, ma alcune cose le ho imprese davanti agli occhi: La casa era situata nella piazza, vi si entrava da un portoncino che dava su una piccola scala che portava al primo piano. La casa era composta da due camere, uno stanzino con la cucina ed il bagno vicino. Dalla cucina si usciva in una terrazza e ricordo che c’era una pila in pietra lavica e gesso, grande che sembrava un abbeveratoio. Quello che non posso dimenticare è che quando la sera si andava a letto io piangevo sempre.
Dormivo nello stanzino vicino alla cucina ed al bagno, e ricordo che mi mettevo davanti al mio lettino in piedi e guardavo in direzione della loro stanza piangendo, e dicendo. “Voglio la mamma! Dov’è la mamma? Dove sei!!! Vieni a prendermi!!!”
A questo punto spuntava la signora talmente arrabbiata che mi bastonava e diceva; “Smettila, tua madre non c’è. È inutile che piangi, facci dormire”.
Intimorita dai suoi modi, stavo zitta per un po’ e poi riprendevo a piangere finché, stanca, mi addormentavo.
Credo che questa mia ribellione, paura e desiderio di stare vicino alla mamma è durata per parecchie sere..
Un giorno stavo lavando alcune cose in quella grande pila che stava in terrazza, e non so come si otturò. La signora accortasi dell’inconveniente, si arrabbiò con me in un modo tale che non mangiai e piansi tutto il giorno.
A volte la signora aveva il coraggio di chiedermi perché cercavo sempre la mamma. Mi diceva: “Adesso sei con me e il signor Angelo, cerca di pensare un po’ a noi; se tu ci volessi un po’ di bene, noi ti tratteremmo meglio”. Io l’ascoltavo e stavo zitta come al solito e lei non lo sopportava, perché capiva che per loro non provavo nessuno affetto.
Qualche volta andavamo a trovare sua nipote Lina che si trovava anche lei in villeggiatura a Zafferana. Aveva un casale proprio in piazza ed a me faceva piacere andarci, soprattutto perché c’era la bambina che l’avevo vista nella culla appena nata. Era cresciuta un po’, era un amore, con tanti capelli neri tutti riccioloni, stava seduta nel seggiolone e io ci giocavo un po’.
A volte aiutavo in qualche modo la signora Lina e lo facevo volentieri, anche se con loro avevo un certo timore e vergogna. Stavo meglio con loro che dalla signora Anna.
Per mia fortuna quei mesi passarono e così ritornammo a Catania.
A questo punto del mio racconto, la dottoressa mi interrompe, mi spiega alcune cose e mi dà appuntamento per il giorno dopo alla stessa ora. Salgo in reparto più emozionata per tutti quei brutti ricordi che mi affioravano in mente. Avevo poco appetito e mentre ero in sala da pranzo mi chiamò l’infermiere dicendomi che ero desiderata al telefono. Era mia figlia Tiziana. Sentendo la sua voce mi emozionai ancora di più, ma mi facevo forte per non farglielo notare. La stessa cosa capitò con mio figlio Pier Paolo e mio marito. Mi chiamavano tutti i giorni ed a volte li chiamavo anch’io. Quel pomeriggio, sentendo mio marito, non seppi trattenermi e mi misi a piangere. Mi sentivo tanto triste. Desideravo ritornare a casa.
Il dottore proprio quel giorno mi aveva detto che mancava poco per essere dimessa. Ero anche triste perché mia sorella Pierina, si proprio lei “Pierino”, mi aveva detto che doveva tornarsene a Catania e quindi non poteva più aspettare che io uscissi dall’ospedale. Nello stesso tempo fui anche contenta perché sarebbe venuto a prendermi mio marito.
Quella stessa sera volli sentire anche la voce di mia madre, proprio lei la cara mamma. Quel giorno era il mio compleanno. Compivo 49 anni.
La mattina dopo andai di nuovo a colloquio con la psicologa. Cominciai a raccontarle le emozioni che avevo provato il giorno prima. Volle sapere se avevo fatto dei sogni e le dissi che avevo sognato in modo confusionario. La dottoressa mi spiegò che nei miei sogni si rispecchiava tutta la mia vita travagliata. Con la dottoressa il racconto stava quasi alla fine. A lei non potevo raccontare tutto nei minimi particolari, ci voleva molto più tempo, però alcuni episodi li dettagliavo talmente bene da sembrare che si svolgessero sotto gli occhi.
Tornati a Catania da Zafferana, rividi mia madre con tanta gioia. la signora Anna le raccontò della mia condotta, lamentandosi come al solito.
Riprendemmo le solite abitudini: Pulire la casa, stirare, fare la cucina, comprare il giornale e subire rimproveri, botte e castighi.
Il cinema, quello mi piaceva sempre, ma c’erano altre cose che mi piacevano, per esempio la musica. Il signor Angelo come sua abitudine, quando non aveva altro da fare, il tempo lo passava ascoltando la musica. Gli piaceva tanto la lirica, le operette e la musica leggera. Quando trasmettevano delle canzoni che gli piacevano le canticchiava e devo dire che ci sapeva fare molto bene. Stando per la casa a pulire, incominciai a immagazzinare quella dolce musica dentro di me come un tesoro. Mi venivano i brividi, a volte canticchiavo anch’io appresso a lui e quando mi sentiva esclamava: “Brava!!!” Continua così che andrai bene. Certe volte invece notavo che si seccava ed io smettevo per non irritarlo.
La signora mi diceva che non bisognava farlo arrabbiare per via della sua malattia.
Assistevo esterrefatta, alle sue crisi. Vedevo la signora Anna cambiare in quei momenti. Era molto tesa e affettuosa, anche con me. Certe volte pregavo che lei fosse sempre in quel modo. Desideravo tanto, che lei fosse un po’ più affettuosa.
Si avvicinavano le feste di Natale e a casa dovevo fare le pulizie straordinarie. Non solo a casa sua ma anche in quella di sua sorella. Era la sorella più grande. Si chiamava Tina, era sposata anche lei senza figli. Però come gli altri suoi parenti era più buona, trattava meglio le persone.
Andavo dalla signora Tina mal volentieri perché la casa era grande e fredda,
il sole non si vedeva quasi mai, un po’ solo d’estate. La casa era ben arredata e molto bella. C’erano, male per me, tante finestre e quindi avevo tanti vetri da pulire.
Un paio di giorni prima di Natale andai a casa mia per trascorrervi le feste e con grande gioia trovai Gianni. Anche lui era lì per trascorrere le feste a casa. Trovai la notizia che Maria aspettava un bambino e ne fui tanto contenta.
Mio padre non lo vidi subito e chiesi dove fosse. Mia madre mi disse che era in ospedale e che sarebbe venuto in giornata. Anche lui purtroppo aveva le sue sofferenze a causa della sua “asma”. Subiva frequenti ricoveri in ospedale. La sera arrivò, vide me e Gianni e notai che era contento e commosso. Passammo la notte di Natale tutti insieme anche con Maria.