CRESCERE NELL’AMORE
Chiamati ad essere amore
La vocazione implica una bipolarità:
DIO - UOMO
E’ un dialogo tra i due: una domanda e una risposta.
Presuppone un piano di Dio sull’uomo e non sull’uomo in generale ma su ogni singola persona.
La Bibbia è piena di questi riferimenti personali:
Samuele, dice il testo sacro, si sente chiamare per nome e risponde: “Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta” e prima e dopo di lui Noè, Abramo, Mosé e tutti gli altri Patriarchi e Profeti.
Inoltrandosi nella Storia della Salvezza, Giovanni Battista, Maria, Giuseppe stesso si sentono rivelare il progetto che Dio ha su di loro e danno la loro risposta. Per non parlare degli Apostoli, esplicitamente invitati da Gesù a lasciare tutto per seguirlo e diventare “pescatori di uomini”.
Colui, invece, che spontaneamente vuol farsi come gli Apostoli, viene sconsigliato da Gesù, che fa presenti le difficoltà che potrebbe trovare e forse sentirsi impreparato: “Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli dell’aria i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non sa dove posare il capo” (Mt 8,20).
Ma il chiamato per eccellenza è Gesù.
Lui è l’inviato del Padre, perciò entrando nel mondo dice: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà”. Dopo aver detto prima non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose tutte che vengono offerte secondo la legge… (Ebr 10:5-8)
Il Prologo al Vangelo di Giovanni parla in dettaglio del grande progetto di Dio sul Cristo per la salvezza del Suo popolo.
“In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta.
Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità…” (Gv 1:1-14)
Queste chiamate bibliche sembra non riguardino i coniugi, i chiamati al Matrimonio. Per essi, in realtà, c’è la chiamata primordiale in Genesi 1 e 2, ed è una chiamata inscritta nella carne stessa di tutte le creature.
Partecipare alla sponsalità di Dio è un diritto di tutti gli uomini fatti a Sua immagine e somiglianza, come lo è quello di essere padre e madre.
Questa vocazione è stata sancita da Gesù con un sacramento, che inserisce i due nel mistero stesso di Gesù, per diventare espressione incarnata del Suo amore per la Chiesa Sua sposa.
Da qui il fondamento dell’indissolubilità. Solo una estrema leggerezza, irresponsabilità e ignoranza più o meno colpevole dei pastori della Chiesa, potrebbe indurli a sciogliere il vincolo coniugale, (a meno che non si tratti di difetti come l’inganno, i fini secondi, l’inabilità di uno dei due alle funzioni coniugali e altre giuste cause sancite dal Diritto Canonico).
Mentre per la “sequela di Cristo” nella consacrazione religiosa c’è un invito, perché si chiede il sacrificio di un diritto, la capacità di andare oltre il segno sacramentale, per essere “profezia di speranza” legandosi fin da questa terra direttamente a Cristo, sposando il Suo progetto, passando fra gli uomini annunciando la buona novella e beneficando tutti; riproponendo cioè la Sua presenza sulla terra, per il Matrimonio c’è un comando: “I due saranno una carne sola”. “L’uomo non separi ciò che Dio ha unito”. “Questo mistero è grande!”
Il Matrimonio è una grande vocazione, che fa appello a tutta la capacità logica, morale, spirituale e soprannaturale dell’uomo, di assumersi impegni stabili, responsabili, capaci di generare e garantire la vita di una cellula viva e vitale qual è la famiglia.
Il processo di scoperta di questa vocazione è più o meno comune a tutti, perché risponde a leggi dell’istinto e della crescita, inscritte nella nostra natura.
Per quanto riguarda la ricerca del partner tutto sembra affidato al caso, ma nella Bibbia troviamo Tobia che viene guidato da un angelo all’incontro con Sara; a Dio nulla è impossibile, Lui può seguire la storia di ogni uomo anche se l’uomo può fare anche scelte personali e rifiutare di collaborare con Dio, subendone poi tutte le conseguenze.
La fase di ricerca, comunque, non è facile: a volte vi si arriva per eliminazioni successive, poiché le incompatibilità esistenti tra i due non permettono alla relazione di trasformarsi in un progetto unitario.
Il periodo di fidanzamento serve proprio per questo e comunque, trattandosi di un progetto che permette alla persona prima e alla coppia poi di inserirsi sempre più intimamente nel mistero di Dio, dovrebbe essere trascorso in intima unione con Lui, per essere guidati nella scelta e per essere capaci, progredendo verso la maturità umana, di aprirsi al partner, superando le difficoltà che l’egoismo pone nell’accettare il “diverso da noi” (coniugalità).
E comunque il trovare il proprio polo di attrazione è esperienza di soddisfazione, di gioia, di pienezza… è maturità, crescita, acquisizione di esperienza.
L’altro viene contemplato, ammirato, scoperto, goduto e si riceve da lui uguale interesse, attenzione, senso di appartenenza.
Non per niente in molte civiltà orientali, durante la celebrazione delle nozze, i due vengono incoronati, quasi fossero re e regina e ciò sta ad indicare che non si desidera niente di più.
Anche molti nostri poeti e cantautori hanno paragonato gli sposi al re a alla regina.
L’amore sponsale è esperienza di pienezza perché è amore di comunione e l’amore di comunione è tipicamente Trinitario.
Certo, tutto questo avviene nella fragilità della creatura che ha subìto il tarlo del peccato e quindi è soggetta a tante piccole e grandi meschinità, a tante insidie da parte dell’egoismo, a tanta incapacità di riconoscere il bene e soprattutto a sceglierlo fra gli pseudo beni, per cui anche questo momento magico di penetrazione nel mistero di Dio, può essere appiattito e appesantito da calcoli, limitatezze nel dono di sé, chiusure all’altro, che rendono difficoltoso il conoscersi, l’amarsi, il rispettarsi, il considerarsi dono l’uno per l’altro.
E’ necessaria perciò una catarsi, una purificazione, sono necessari occhi nuovi per poter ammirare le meraviglie del Signore, donate a noi per amore, attraverso il dono del coniuge.
Ognuno di noi ha vissuto l’amore fino a questo momento, come è riuscito a farlo, ma ora, alla luce di Dio, possiamo recuperare il tempo perduto, i sentimenti sciupati, la gratitudine non sentita e non espressa; possiamo rimediare alle ingratitudini, alle offese, all’inutile logorarci a vicenda.
Mettiamoci alla luce di Dio, perché sia Lui a guidare la nostra revisione nel modo migliore.