IL “NOI”
Impegno a creare la coniugalità
“Noi” è pronome di prima persona singolare trinitaria.
“Mostraci il Padre, disse Filippo, e ci basta”. Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?” Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv 14,8-12)
Dio è un “NOI” perfetto ed è l’ideale traguardo della coppia.
Il peccato è principio di discordia, Gesù è l’elemento di comunione, per mezzo del quale tutto è stato creato e per mezzo del quale tutto deve tornare al Padre, per opera dello Spirito Santo.
“Tutto è vostro, dice S. Paolo, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”.(1Cor 3,22-23).
Il piano d’amore originario, infranto dal peccato, è divenuto Piano di salvezza per mezzo di Gesù, uomo – Dio, che riconduce tutti all’unità con Dio, felicità e beatitudine eterna.
Gesù però non vuole usare la bacchetta magica per unirci fra noi e con Dio ma ci dà l’esempio e ci ottiene, con la Sua preghiera, la grazia che sostiene la nostra buona volontà (Gv 17).
Il capitolo 17 di Giovanni è preghiera sponsale per eccellenza: è la preghiera dell’unione della Chiesa – Sposa con Cristo – Sposo: “Che siano perfetti nell’unità”.
L’unità è data addirittura come distintivo del cristiano: “Siano uno perché il mondo creda”. Dei primi cristiani, infatti, si diceva: “Guardate come si amano!”.
Il matrimonio, cellula vivente e consacrata della Chiesa – Sposa, è chiamato a realizzare tale comunione, fondendo le due vite in una, secondo il comando di Dio nell’Eden: “Non saranno più due ma una sola carne”, e per carne s’intende “vita”.
La preghiera di Gesù sarà esaudita solamente quando tutte le cellule saranno unite in sè e unite tra loro (coesione ed adesione).
Allora tutto il Corpo mistico di Cristo sarà stato fermentato dal lievito dell’amore e, unito in ogni sua cellula, sarà veramente risorto, solo allora l’opera della redenzione sarà completa e Cristo riconsegnerà il mondo al Padre. Questo momento della storia della salvezza si chiama Parusia.
Se le cellule, però, sono divise dall’egoismo, dall’individualismo… nel Corpo di Cristo si verifica una disintegrazione come quella che produce sulla terra l’esplosione atomica.
Nell’esplosione atomica, l’atomo che bombarda la cellula la disintegra nei suoi elementi, distrugge la forza di combinazione delle valenze, la polverizza, l’annienta.
Così se le coppie sono disunite in se stesse, se mancano d’amore che è l’energia di unificazione, il corpo di Cristo si dissolve, si crea disordine, confusione, paura, deserto, morte… non si genera vita.
Questo è quanto sta operando nel mondo l’egoismo sfrenato, l’insubordinazione, l’incapacità di armonizzarsi nell’amore. Ma Cristo è lì, pronto a riaggregare gli elementi dispersi e fare una nuova creazione, riunificando cellula per cellula, coppia per coppia, ricompattando le famiglie fra loro, rianimando la gioventù ad intraprendere con fiducia il cammino di comunione nel Suo amore. Il sacramento del Matrimonio cristiano ha questo compito e questa forza di grazia, ma deve essere vissuto, oltre che essere celebrato.
Gesù non si è sposato con una donna, perché Lui è lo Sposo di tutta la Chiesa, ma il Suo esempio è limpidissimo: basta aprire il Vangelo e troveremo la storia di un amore ostinato, che non cede alle provocazioni, sempre pronto a ricucire le sfrangiature di una relazione difficile, pronto a prevenire eventuali disarmonie, capace di pagare di persona se il contrasto è stato inevitabile.
Il “NOI” è spirito di corpo, che trova la sua forza di coesione nel Corpo mistico di Gesù, nella dottrina della “vite e dei tralci” (Gv 15): una sola linfa, una sola vita.
San Paolo al vedere tante disarmonie, a suo tempo gridava: “Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!” (Gal 5,15)
In questo caso distruggiamo anche il Corpo di Cristo.
Oggi questo scempio è forse anche aumentato perché la fede in generale è diminuita, perché la fede dei cosiddetti “fedeli” è debole, poco coinvolgente, poco coerente nella vita nelle convivenze, nelle istituzioni, nelle famiglie.
Ne abbiamo una riprova: chi riesce a fare un piccolo straordinario, un’opera buona, uscendo in qualche maniera dal proprio egoismo, si accorge di riempirsi di vita, di entusiasmo, di senso, ma poi torna l’egoismo, travestito da buon senso, a farci rinchiudere su noi stessi e ad assillarci rimettendoci a lucidare le nostre levigate facciate.
Questa tentazione di non prendere su serio la Parola di Dio, di pensare che sia una esagerazione, di ripeterci di stare con i piedi per terra”, è quella che ci fa rimanere sempre sospesi tra un bene conosciuto ma non praticato e un male faticosamente evitato, in uno stato di tiepidezza, di mediocrità che ci snerva, perché non abbiamo la piena soddisfazione di chi sa abbandonarsi in Dio, esprimendo la creatura nuova che urge dentro di noi.
Siamo troppo calcolatori:
- Nell’accoglienza degli altri diciamo: “Non possiamo esagerare! Potrebbero approfittare”, siano pure il coniuge o i figli. E così per evitare la possibile imperfezione altrui, non facciamo il bene.
- Nell’accoglienza evangelica del fratello che soffre per problemi spirituali e morali, abbiamo tanta compassione, ma quando si tratta di scomodarsi, troviamo sempre delle buone motivazioni per limitarci agli spiccioli del nostro amore e dei nostri beni, senza arrivare a gesti significativi;
- Quando si tratta di fratelli che soffrono nella malattia o a causa del loro disordine, troviamo sempre delle giustificazioni per disinteressarci, diciamo che non vogliamo “invadere” non vogliamo disturbare, non vogliamo dare l’impressione che…”
- Quando consideriamo le povertà dei fratelli che invadono le nostre strade, inveiamo contro le disfunzioni dello Stato.
- Povero Cristo! Ma quando tornerà, troverà ancora la fede sulla terra?
- Trova oggi la fede quando lo porto a casa mia, tornando dalla Messa? “La fede senza le opere è morta” e le opere sono frutto dell’amore; trova nella mia famiglia un corpo vitale in cui ogni organo fornisce energia e servizi all’altro? O trova un corpo malaticcio, debilitato dall’egoismo, in cui i reni sono bloccati perché non sappiamo chiedere scusa e purificarci dal nostro male, l’intestino non digerisce perché mancano i fermenti evangelici, che fanno lievitare e trasformare i propositi in opere di bene; è infartuato il cuore nel reciproco rancore; annebbiata la mente per la confusione delle idee…
Il nostro impegno deve consistere nel risanare, per poter avere vita e averla abbondantemente.
Anch’io debbo poter dire quello che disse Gesù a Filippo: “Io e mia moglie/mio marito; io e la mia fidanzata/o siamo la stessa cosa.
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La voce del cuore
Gribaudi Editore
Non crederti un saggio.
Non cercare la sapienza
che insegnano gli uomini.
Chiedi la purezza del cuore.
Cerca in te il fanciullo,
e ricorda queste parole:
“Ti benedico, Padre, perché
hai nascosto queste cose ai sapienti e
agli intelligenti,
e le hai rivelate
ai piccoli”.
Guarda i bambini.
Ti insegneranno.