LE QUALITA’ DELL’AMORE
AMORE PAZIENTE
La tenerezza che nasce da un cuore buono, semplice, puro, riveste di calore le relazioni umane, ma un amore che vuole costruirsi nella fedeltà ad un progetto che duri per tutta la vita e che vada conquistando le dimensioni di quello di Cristo per la sua Chiesa, ha bisogno di essere paziente e misericordioso.
La pazienza è la qualità principale dell'amore oblativo, di quell'amore, cioè, che sa pagare di persona, che sa andare oltre le parole per farsi: spalla sulla quale piangere, supporto (da sopportare) alle altrui fragilità, condivisione di debolezze, di inettitudini, di incapacità, di insuccessi, perchè l'altro non soccomba.
La pazienza è virtù rara ai nostri giorni. Essa richiede la capacità di saper sperare, richiede un ottimismo che fa intravvedere l'evoluzione positiva delle situazioni, richiede fiducia in se stessi e negli altri, richiede soprattutto fede in Dio, che ci permette di sperare oltre ogni speranza: là dove gli uomini diciamo: "Non si può far più niente". Dio sa inventare evoluzioni impreviste ed imprevedibili, Lui può tutto, Lui sa tutto, Lui ha in mano la storia dell'universo e di ogni singolo uomo. Lui è l'ultima risposta.
Questa affermazione non piace ai razionalisti, a coloro che pensano che l'uomo abbia una sua dignità, una sua capacità di decisione. Tutto questo è vero ma c'è di fatto che l'uomo resta integro nelle sue facoltà, solo se rimane unito a Dio e vive a Suo stretto contatto, come il tralcio alla vite, altrimenti è capace di grandi meschinità.
Come sarebbe altrimenti possibile tutto quello che avviene sulla terra se veramente l'uomo fosse capace di vivere all'altezza della sua dignità? Che spazio c'è allora per noi?
Per noi c'è lo spazio dell'amore, del perdono e della preghiera.
Dio ha deciso di salvare il mondo, cioè gli uomini, per mezzo dell'amore: se una creatura demerita cedendo al peccato, un'altra può amarla e perdonarla.
Una colpa perdonata dalla persona umiliata, trova maggiore misericordia presso Dio, in virtù della carità della persona offesa.
Gesù è venuto sulla terra per insegnarci a camminare tra le difficoltà della vita. Lui ha percorso i nostri stessi sentieri. Quante ingiustizie nei Suoi riguardi!... Ma Lui, cosciente della Sua missione, non si è lasciato coinvolgere nel tranello del rispondere all'offesa con l'offesa, del pagare con la stessa moneta; ha risposto all'offesa con l'umiltà, all'impertinenza con la pazienza, all'odio con l'amore. Quando ha corretto qualcuno l'ha fatto non perchè offeso ma per offrire alla sua creatura la carità della verità che Lui portava, per indicarle la via della conversione. A volte era il giudizio severo di un Dio d'Amore, che non poteva far altro per la sua creatura ostinata e ribelle.
Tale è stato il giudizio verso i Farisei: li ha chiamati anche "razza di vipere, sepolcri imbiancati", ma essi avevano davvero il dente avvelenato, Lui che leggeva i cuori, poteva dirlo in verità, ma nel suo intimo non c’era rancore o offesa, c'era solo amore; un amore che, dopo aver toccato invano tutte le corde della misericordia, toccava quelle della giustizia, sperando di stimolarli almeno con la paura di un'eternità infelice....
Se sapessimo fare anche noi cosi! Se sapessimo ricorrere alle parole grosse solo dopo aver usato tutta la misericordia possibile! E, se anche costretti a dire verità spiacevoli, lo facessimo con la libertà di spirito di chi parla solo per amore!
Nella coppia a volte si riproducono le stesse situazioni: uno dei due può essere vittima di un difetto che lo schiavizza e lo rende cieco e sordo ad ogni richiamo...
A volte sono tutti e due impegnati a controllare i difetti dell'altro, giustificando i propri e, come due "sparvieri", a beccarsi in continuazione, logorandosi nel tentativo di dimostrare all'altro la propria superiorità. E giù: parole offensive, ironie, ostentata indifferenza, ripicche... Povero amore!
Ma quanto potrà durare questo logorio? Quanto si potrà resistere a questa autocondanna all'infelicità?
Se solo c'impegnassimo ad acquistare un po' d'umiltà che ci facesse riconoscere i nostri errori! Se solo imparassimo un po' a pazientare per convincere l'altro, non con le parole ma con i fatti, dell'inutilità di quella lotta!
La pazienza è virtù che ammortizza i colpi della superbia nella corazza della misericordia che tutto copre, tutto perdona, tutto scusa, tutto è disposto a dare di sé, in cambio dell'amore e dell'armonia familiare che non ha prezzo. Lo sparviero e il belligerante che è nell'altro non potrà durare a lungo in una lotta a senso unico e si arrenderà all'amore. E tu potrai cantare la tua vittoria.
Che importa se sarai sembrato debole se in realtà hai vinto?
Le guerre non si vincono solo con le armi ma anche con 1'astuzia...
Le nostre battaglie familiari si possono vincere aggirando il nemico, cogliendolo nella rete delle virtù cristiane, che lo disarmano e lo costringono alla resa.
E' un lavoro lungo, paziente, (che fa patire) ma è di sicuro successo, è una morte che porta alla resurrezione.
....E anche se avvenisse che uno della coppia non volesse arrendersi, se tu sarai rimasto nell'amore: disponibile, accogliente, misericordioso, raggiungerai un traguardo di fedeltà difficile e crocifiggente, che in cielo sarà celebrato a gloria di Dio e a tua glorificazione.
San Paolo paragona la vita umana ad una corsa per ottenere una corona "Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistare il premio" (I Cor.9,24). A Timoteo raccomanda di combattere la buona battaglia con fede e buona coscienza. E lui stesso, alla fine della sua vita può affermare: "Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione".
VOGLIAMO IMPEGNARCI IN QUESTA SANTA BATTAGLIA?
*********************************************
Stoccolma 1960 (Da “Poesie d’amore” di Nazim Hikmet)
Sono cent’anni che non ho visto il suo viso
che non ho passato il braccio
intorno alla sua vita
che non mi sono fermato nei suoi occhi
che non ho interrogato
la chiarità del suo pensiero
che non ho toccato
il calore del suo ventre.
eravamo sullo stesso ramo insieme
eravamo sullo stesso ramo
caduti dallo stesso ramo ci siamo separati
e tra noi il tempo è di cent’anni
di cent’anni la strada
e da cent’anni nella penombra
corro dietro a te.