Cari giovani,
Ragazzi, imparate ad amare; ragazze, imparate ad amare. L’amore è la cosa più grande!
L’amore tra due creature, o mio Signore, può diventare cos’ grande e l’unione così perfetta che, come non si può stringere il vino fra le mani quando si è bevuto o il pane quando si è mangiato, così l’amore unificante può essere tanto grande, che neppure l’abbraccio è più possibile, perché cuore dentro cuore, anima nell’anima, formano una cosa sola.
Cercate questa, ragazzi, allora il problema nel matrimonio del divorzio, del non divorzio, tutte queste sono malattie che vengono perché non c’è l’amore.
Quando c’è l’amore, quello vero, non si litiga più, non si lotta più, non conta più la bellezza, la ricchezza, la bontà.
Io ti amo perché sei tu. Tu mi ami perché sono io, perché se io amo una creatura perché è bella, amo la bellezza, non amo lei, se amo una persona perché è ricca, amo la ricchezza, non amo lei …
Se poi a questo amore aggiungo bellezza e grazia, poesia e incanto, allora è l’arte della vostra terra toscana che riempie di festa l’anima nostra. Ma nella sostanza – voi lo capite – l’amore non è legato a nessun fatto, perché l’amore è diretto, è assoluto, è pazzo, è infinito. E’ l’amore di Gesù crocifisso che a me, povero bestemmiatore, dona la vita, abbandona gli Angeli e si fa figlio di Dio nel seno di Maria, per morire sull’alto di un Calvario dissanguato e maledetto.
Questo è l’Amore!
Non chiedete all’amore risposta; se la risposta viene, sia benedetta, ci colma l’anima di gioia … ma se l’amore non torna, noi rimaniamo con le braccia aperte in silenzio, ad attendere la parola di questo amore che non risponde e allora, dall’alto dei cieli, tu scendi o Signore a dire a noi: “Io ti amo". E se tu mi ami, tutto mi ama, e se io amo Te, tutto da me è amato.
Ecco la gioia della nostra vita!”
Grazie prof. Medi, anche per aver citato nella Sua conferenza la splendida testimonianza di Benedetta Bianchi Porro, la giovane studentessa deceduta il 23 gennaio 1964, che Lei ha definito una creatura “tanto gentile, cara, amabile, dolce e potente …”; una vera santa del nostro tempo, che nei suoi scritti ci ha lasciato un tesoro di fede da scoprire e da meditare:
“Il Signore mi sostiene pietoso e io mi trovo sempre ritta ai piedi della Croce …
Io so che attraverso la sofferenza il Signore mi conduce a percorrere una strada meravigliosa … e la mia anima è piena di gratitudine e di amore verso Dio per questo.
Nessuno è inutile, a tutti Dio ha assegnato un compito. Non si può giudicarlo con gli occhi umani.
Il Signore ha legato per sempre le nostre vite con misteriosi, ineffabili legami d’amore.
Come sono vere le parole che Dio dà: la croce e poi la risurrezione! Ed io penso che tutto sia come la primavera che sboccia, fiorisce, profuma dopo il gelo dell’inverno.
Anche se sono sorda e cieca, forse fra poco umiliata ancora, sento che in Lui debbo essere serena, perché Lui è luce e promessa più eloquente e vibrante della parola umana. Dio vuole che io speri in Lui anche contro tutte le apparenze …
Conoscere dio è speranza!
Anch’io ho passato tanti dolori, agitazioni, e nella lotta contro Lui – Lui solo - dà sempre.
“Dove andrete? Solo io ho parole di vita eterna!”
E Lui è venuto, mi ha consolata nei momenti di paura e di dolore più forte, proprio quando tutto mi pareva crollato, salute, studio, lavoro”.
Nella nutrita corrispondenza che ebbe con i suoi amici, Benedetta scriveva (o meglio dettava): “Non creda di essere solo a soffrire , non pensi che la sua croce sia troppo pesante. Accetti con semplicità la parte che Dio le ha dato. Come vorrei che lei … trovasse un po’ di quella pace che io posseggo!
Non si affanni, non si domandi: Dov’è?Non cerchi Dio lontano, perché è vicino a lei, che soffre con lei. E’ in lei, nel suo cuore! Lo ami, allora, semplicemente, con umiltà”.
E’ ad un giovane sofferente per una grave menomazione, Benedetta fra l’altro confidava:
Anch’io come te ho ventisei anni e sono inferma da tempo. Un morbo mi ha atrofizzata, quando stavo per coronare i miei lunghi anni di studio: ero laureanda in medicina a Milano. Accusavo da tempo una sordità alla quale i medici stessi non credevano, all’inizio. Ed io andavo avanti così, non creduta e tuffata nei miei studi che amavo disperatamente.
Avevo 17 anni quando ero già iscritta all’Università.
Poi il male mi ha completamente arrestata quando avevo quasi terminato gli studi: ero all’ultimo esame. E la mia quasi laurea mi serviva solo per diagnosticare me stessa, perché ancora (fino allora) nessuno aveva capito di che si trattasse.
Fino a tre mesi fa godevo ancora della vista; ora è notte. Però nel mio calvario non sono disperata. Io so che in fondo alla via, Gesù mi aspetta.
Prima nella poltrona, ora nel letto, che è la mia dimora, ho trovato una sapienza che è più grande di quella degli uomini.
Ho trovato che Dio esiste ed è amore, fedeltà, gioia, certezza, fino alla consumazione dei secoli.
Fra poco io non sarà più che un nome, ma il mio spirito vivrà, qui fra i miei, fra chi soffre e non avrò neppure io sofferto invano.
Cari giovani, (Parla Benedetta Bianchi Porro)
E tu non sentirti mai solo. Mai!
Procedi serenamente lungo il cammino del tempo e riceverai luce e verità: la strada sulla quale esiste veramente la giustizia, che non è quelle degli uomini, ma la giustizia che Dio solo può dare.
Le mie giornate non sono facili; sono dure, ma dolci, perché Gesù è con me, con il mio patire, e mi dà sollievo nella solitudine e luce nel buio.
Lui mi sorride e accetta la mia cooperazione …
La vita è breve, passa velocemente.
Tutto è una brevissima passerella, pericolosa per chi vuole sfrenatamente godere, ma sicura per chi coopera con Lui per raggiungere la Patria”.
Benedetta c’insegna che con l’aiuto di Dio, si può superare qualsiasi prova e ci fa capire cose che nella vita non si possono spiegare a parola: la nostra esistenza può essere trasformata in un deserto arido o in un rigoglioso giardino.
Incombe su tutti noi, giovani o adulti, sani o malati, ricchi o poveri, l’impegno di recuperare spiritualità, a guida e stimolo di tutte le nostre azioni materiali. Soltanto così riusciremo a preparare un mondo migliore, da lasciare in eredità ai nostri figli e nipoti.
E’ proprio questa la prova che non dobbiamo fallire, per superare la quale Paolo VI ci invitava a non vivere nelle tenebre perché, quando si oscura la differenza tra il bene e il male, “allora, … il piacere, la comodità, l’egoismo, la passione, l’istinto …, ed il livello della dignità personale fin dove discende?
Ma i buoni esempi di vita pratica e spirituale non mancano:
Scriveva tanti anni fa un altro grande laico dei nostri tempi – Raul Follereau:
“Il nostro mondo non ha che questa alternativa: amarsi o scomparire. Bisogna scegliere. Subito. E per sempre …
Ragazzi, ragazze di tutto il mondo, sarete voi a dire “NO” al suicidio dell’umanità?
“Signore, vorrei tanto aiutare gli altri a vivere”. Questa fu la mia preghiera di adolescente. Credo di esserle rimasto fedele per tutta la vita.
Ed eccomi al crepuscolo di una esistenza che ho condotto il meglio possibile, ma che rimane incompiuta.