I nostri figli e la televisione
Bruno Ferrero elle di ci leumann TO
Un magico elettrodomestico
Lo squarcio prodotto nel sistema educativo dall'affievolimento progressivo di alcune agenzie è stato occupato da quella che definiamo società, la grande educatrice, in fondo, che anche noi contribuiamo a formare. La società, però, non è la somma di tutti noi. È qualcosa di originale, che diventa matrice di valori, atteggiamenti, modelli, istanze. I mass-media, lo dice la parola stessa, sono i suoi modi di comunicare, di informare, di educare. La società, che educa attraverso i mass-media, continua però a far parte del sistema educativo. Continua cioè ad avere stretti rapporti con le altre agenzie educative, con influenze reciproche. Come la scuola non può pensare di fare opera educativa senza tener conto dell'agenzia famiglia, così famiglia, scuola, chiesa non possono fingere di ignorare gli aspetti formativi dell'agenzia società.
Ma quali sono le funzioni principali svolte dalla televisione? Studi e ricerche che tentano di dare una risposta a questo interrogativo non mancano negli ultimi 20 anni. Già nel 1965, agli inizi in fondo dell'esplosione televisiva, un documento dell'Unesco faceva il punto sull'insieme impressionante dei lavori consacrati all'influenza della televisione sui bambini e sui preadolescenti.
La gran massa dei lavori, in diverso grado "scientifici, non ha impedito che si formasse, nei più diversi settori, una specie di "sociologia spontanea", che non soffre certo di scrupoli, di metodologia, di prudenza o di equilibrio.
Siano i "consigli della nonna" o titoli di giornali e riviste, il minimo comune denominatore è di solito di questo tipo: la televisione agisce come una droga, crea assuefazione, annichilisce progressivamente volontà e spirito critico, abbrutisce le sue vittime, le fa diventare stupide o violente, incapaci di concentrarsi e di realizzare qualcosa di originale nella vita.
Genitori, educatori e insegnanti mantengono con la televisione un rapporto ambiguo. Gli "apocalittici" la caricano di ogni nefandezza: ritardi scolastici, fatica, mancanza di sonno, incitamenti alla passività o alla violenza... Altri la credono capace di tutto: arricchimenti culturali, fantasia, capacità musicali, soddisfazione di curiosità in tutti i campi. Come se il televisore fosse davvero un elettrodomestico quasi magico.
I ragazzi che guardano la televisione sono spesso colpevolizzati dai genitori, che a loro volta hanno la "coda di paglia" nei confronti dello strano apparecchio che monopolizza sfacciatamente la vita familiare. Questa mentalità crea un clima poco favorevole ad un dialogo costruttivo tra genitori e figli sul tema televisione. Si forma una catena dagli ingranaggi multipli in cui si mescolano colpevolezza, incertezza, cattiva conoscenza, piacere e repressione.
Per spezzare questa catena, continuamente alimentata da giornali e riviste di tutti i livelli, è necessario partire da alcune premesse.
I1 mass-boy
La prima nasce dall'analisi della storia dei mezzi di comunicazione. Si potrebbe esprimere così: "Il sistema informativo è anche il sistema formativo".
È la grande lezione di Harold Innis, a cui tanto deve lo stesso Mc Luhan. La struttura dei mezzi di comunicazione di una determinata civiltà determina ad un certo punto il tipo d'uomo di quella civiltà, in una spirale continua in cui 1'uomo è artefice e conseguenza.
L'uomo che si nutre di televisione è un individuo totalmente diverso da quello cresciuto in tutti i secoli che hanno preceduto i trent'anni di era televisiva. L'uomo televisivo, in particolare, è specularmente opposto a quello formatosi nella cultura umanistica, che era l'uomo del libro, della parola scritta, della logica, del sillogismo e dei ferrei teoremi.
In questo senso va compreso il celebre assioma di Mc Luhan: "Il medium è il messaggio".
C'è un mutamento umano implicito nella forma di tecnologia del mezzo di comunicazione. Fingere di ignorarlo è precludersi ogni possibilità educativa nei confronti di coloro, soprattutto bambini e preadolescenti, che sono "formati" dai moderni mass media.
È in gestazione un mass-boy molto diverso dal ragazzo tipico che si incontra solo più nei libri di psicologia evolutiva. Come dimostra un libro recente di Babin e Kouloumdjan, per "parlare" ai ragazzi, oggi, è assolutamente necessario conoscere il loro "alfabeto", plasmato proprio dall'audiovisivo (video, clip, stereo, ecc.).
Più di vent'anni or sono, Mc Luhan scriveva già: "Proprio come stiamo cercando, adesso, di controllare il fallout (= gli effetti collaterali) atomico, così un giorno dovremo cercare di controllare il fallout dei mezzi di comunicazione. Bisognerà riconoscere l'istruzione come la difesa civile contro il fallout dei mezzi di comunicazione".
Conoscere l'ambiente
La seconda premessa è apparentemente di segno opposto. Non possiamo, se vogliamo ragionare in modo equilibrato, dimenticare che la televisione non è la sola "educatrice". Il sistema formativo è una ragnatela in cui c'è "anche" la televisione. Che il suo spazio sia tanto o poco dipende dalle altre agenzie educative e relative variabili.
Il ragazzo imposta la sua socializzazione e la sua personalità futura nelle spire del gioco, a volte pesantemente squilibrato, tra mass media - famiglia - scuola - chiesa -gruppo dei pari. È certamente poco realistico non tenere conto delle reciproche influenze e, per esempio, giudicare gli effetti della televisione sui ragazzi senza analizzare il "resto" del sistema educativo.
Per dare un giudizio equilibrato sugli effetti della televisione (ma anche di un cinema, dei clip, dei fumetti, ecc.) su un determinato ragazzo è necessario conoscere bene lui e il suo ambiente educativo.
Per esempio: qual è l'effetto di violenza di un telefilm poliziesco? La risposta dipende da molte variabili. La medesima scena di violenza avrà gli effetti più diversi, secondo se sarà captata da un ragazzo che vive in una famiglia equilibrata o da un ragazzo marcato da un ambiente socialmente disturbato; da un ragazzo socialmente ben integrato o da un ragazzo mancante di sicurezza e insoddisfatto; da un bambino che vede la scena da solo oppure in compagnia dei genitori e degli amici.
È tempo sprecato studiare la televisione dimenticando il ragazzo che la guarda e il suo ambiente. I fattori di cui occorre tener conto dettagliatamente sono l'età, il tipo di famiglia, le condizioni psicologiche, il suo sviluppo affettivo e intellettuale, la sua vita sociale, l'integrazione scolastica, la zona di abitazione, gli amici che frequenta...
Un esempio: se il ragazzo incontra grosse difficoltà nelle sue relazioni sociali, se si sente, a torto o a ragione, respinto dai suoi compagni, avrà la tendenza a cercare davanti al televisore un rifugio e un modo per compensare la mancanza di amici. In questo caso il televisore assume quell'aspetto di "presse-bouton" che fa "evadere" dai problemi reali, una sindrome da "droga domestica", tanto caro ai nemici accaniti della televisione.
A1 contrario, un ragazzo che non ha difficoltà di socializzazione, non avrà lo stesso attaccamento alla televisione Le preferirà, appena possibile, la compagnia degli amici o un'attività gratificante. Allo stesso modo, la presenza di campi da gioco e di spazi per il tempo libero non troppo cari, sottrae molti clienti fissi al televisore.
Si potrebbe affermare: "Dimmi come e quanto guardi la televisione e ti dirò chi sei, qual è il tuo rapporto con gli altri, che tipo di genitori e di insegnanti hai...". Il problema mass media non è una mina vagante, ma un fattore del sistema educativo e in esso perfettamente risolvibile.