IL NEONATO da una relazione di Pietro Lombardi (Ricerca a cura
di Anna Maria Rasponi)
Le espressioni del tipo: "Salvarsi la pelle; vivere qualcosa
sulla propria pelle; per quella persona provo un'antipatia di
pelle". Ma soprattutto: "Star bene nella propria pelle",
che vuol dire star bene con se stessi e con gli altri; spesso
come adulti riferiamo queste espressioni proprio perché
è un qualche cosa in cui noi ci identifichiamo come se,
in qualche modo, la nostra pelle fosse la nostra vita. Perché?
In effetti in queste affermazioni c'è una ragione inconscia
che noi, ovviamente, non siamo in grado di ricordare ed è
legata al fatto che la nostra relazione con la vita inizia proprio
con la pelle. Ed è dunque attraverso il contatto, attraverso
la carezza, attraverso il ricevere, attraverso l'avvolgimento,
da parte di un'altra persona che ci tiene in braccio, che ci accarezza,
che noi abbiamo quel primordiale processo di introiezioni, di
sensazioni.
E' importante questo concetto perché molti di noi non hanno
la consapevolezza che la loro difficoltà di relazione,
la loro freddezza, l'incapacità di esprimere i propri sentimenti,
nasce proprio da questa primordiale esperienza di pelle.
Cerchiamo di capire come questo argomento, attraversa tutte le
fasi della nostra vita, e non è una cosa che riguarda soltanto
la prima parte della nostra vita.. Una cosa è certa: è
stato dimostrato scientificamente che senza un contatto fisico,
senza uno scambio di pelle un neonato non si sviluppa e non progredisce
verso la crescita secondo una qualità umana. Perché?
Perché all'inizio della vita questo scambio, che è
di sensazioni epidermiche con qualcuno che ci tiene in braccio,
che ci accarezza, che ci coccola, che ci rassicura, è vitale.
E pensate che questo non è un bisogno vitale solo per la
specie umana. Harlovv ha fatto una ricerca sulle scimmie e ha
dimostrato che queste, in uno stato di isolamento, cioè
senza la possibilità di avere un contatto con la madre
o con un suo sostituto, finivano per rifiutare il nutrimento e
si lasciavano morire di fame. Ricordiamo che le scimmie, nella
scala dell'evoluzione, sono le più vicine all'essere umano.
La cosa interessante è stata quella di scoprire che anche
nel lattante vi possono essere casi di anoressia precoce, cioè
rifiuto del cibo, quando il neonato si sente rifiutato, quando
avverte che l'ambiente è indifferente, freddo o troppo
conflittuale.
Insomma, la capacità di assorbire, proprio attraverso la
pelle, tutte le sensazioni che vivono in un ambiente, fa sì
che ci siano dei neonati che reagiscono o con aggressività
o con l'iperattività o ritirandosi in se stessi e alcuni
di loro rifiutano il latte.
Ma questa similitudine tra esseri umani e animali non ci deve
trarre in inganno, in realtà al bambino non basta un semplice
contatto di pelle, perché l'essere umano ha bisogno di
qualcosa di più; ha bisogno di una parola che si chiama
tenerezza.
Ed è questo sentimento che rende davvero umani i nostri
gesti, perché è la tenerezza che rende il gesto,
non soltanto una vicinanza fisica ma espressione dell'amore che
si prova per lui. Da questo punto di vista dobbiamo analizzare
come avviene questo contatto, il significato, le difficoltà
che si possono incontrare e anche gli errori che si possono compiere
in questo primordiale scambio.
L'importanza di questo primo contatto sta proprio nel fatto che
il bambino nasce con l'impulso ad aggregarsi, quello che è
chiamato l'attaccamento; quanto è importante questo attaccamento,
perché stabilisce la modalità della relazione con
la madre. L'attaccamento è il desiderio del bambino di
sentire che c'è qualcuno che si occupa di lui, è
il bisogno di trovare immediatamente un punto di riferimento,
è quel bisogno che tutti abbiamo, per tutta la vita, di
sicurezza. Quanti giovani e quante persone insicure ci sono oggi!
Questa mancanza di sicurezza è una mancanza di radicamento,
mettere le radici significa proprio aggrapparsi alla vita ed è
la madre metaforicamente rappresentata dalla terra, che dà
questa possibilità di radicamento.
Ebbene, è la pelle che permette l'attaccamento, non è
un caso che i bambini tendano spontaneamente ad aggrapparsi alla
propria madre, quante madri potrebbero dire che i loro bambini,
appena presi in braccio si addormentano e non appena messi giù
incominciano a strillare. Ebbene, questo avviene perché
è attraverso la pelle, attraverso questo contatto che c'è
lo scambio della comunicazione umana. Insomma, ancora prima della
parola, di tante altre possibilità di comunicazione, ciò
che arriva al neonato è il contatto tramite la pelle. E
l'intensità delle sensazioni di un neonato è davvero
a fior di pelle, perché ancor prima di saper esprimere
con le parole quello che sente, è la pelle che parla per
lui, e parla quel linguaggio che è immediatamente visibile,
trasparente, e potremmo dire che ha il colore delle emozioni:
si arrossa, impallidisce se ha paura, diviene livido di rabbia
quando strilla e vediamo proprio che la pelle ha un suo linguaggio.
Non è un caso che abbiamo un'ampia letteratura delle malattie
psicosomatiche della pelle, la più conosciuta è
la psoriasi; ma comunque sia è un dato di fatto che la
pelle rappresenta questo scambio madre - bambino. Ed è
da questo punto di vista che dobbiamo renderci conto che la pelle
è ciò che assorbe una infinità di sensazioni,
ma il passaggio fondamentale è che: prima arriva la sensazione
poi c'è tutto un processo di elaborazione, di trasformazione
che fa sì che da una sensazione si arriva ad una emozione,
da una emozione si arriva a un sentimento e da un sentimento si
arriva al pensiero.
Questo è un processo lungo ed è un processo che
a volte si interrompe proprio perché ci può essere
involontariamente uno sbaglio di approccio nei confronti della
pelle del bambino. Ora la cosa è certa: star bene nella
propria pelle è un sentimento che viene da lontano, da
quelle prime sensazioni che ci hanno trasmesso insieme al piacere
del contatto fisico, anche un senso di tranquillità, di
accettazione profonda, di fiducia in noi stessi e negli altri.
Nel passato recente i contatti fisici fra genitori e figli erano
ridotti al minimo. I neonati, quando nascevano veniamo avvolti
nelle fasce e si tendeva spesso ad evitare ogni forma di intimità.
Oggi, abbiamo scoperto che l'essere umano è dotato di una
ricca e complessa attività psichica fin dalla nascita.
E, come molte ricerche stanno dimostrando, anche all'interno della
fase intrauterina. Ma diciamo che la più grande conquista
di questo secolo, come diceva la Montessori, è stata la
scoperta del bambino, cioè abbiamo scoperto che il bambino
fin dalla nascita è una creatura compiuta, non è
una creatura che deve farsi, come si pensava una volta; è
un bambino che ha un'anima, un cuore, una mente, un corpo e che
ha quel complesso di attitudini, di capacità, di competenze
innate, che a volte magari in maniera un po' semplicistica, ma
efficace, chiamiamo istinto.
Ma attenzione, l'istinto del bambino non è predeterminato
e automatico come quello degli animali, perché, e questa
è una cosa meravigliosa, Dio ci ha dato, fin dall'inizio,
una possibilità di vivere la vita veramente da figli di
Dio nella libertà, perché pensate che è vero
che ognuno nasce con queste competenze innate, con queste attitudini,
ma è anche vero che nell'essere umano questo istinto non
è predeterminato e automatico perché se fosse predeterminato
e automatico avremmo in identiche situazioni identici risultati.
Avremmo cioè stesse risposte comportamentali, invece noi,
studiando l'essere umano, scopriamo che anche persone che vivono
situazioni che all'occhio esterno potrebbero apparire uguali,
reagiscono in maniera diversa, perché c'è un qualche
cosa che nasce dalla capacità di ascoltare i messaggi che
provengono dal corpo: Cosa vuol dire? Vuol dire che su questa
base, diciamo di competenze innate, in realtà la pelle
già comincia subito a recepire dei dati e fa sì
che la risposta del bambino, fin dalle prime ore di vita, sia
una risposta personalizzata, una risposta interiorizzata. Questo
è fantastico.
Ebbene, proprio perché il neonato ha una sua sensibilità
cutanea molto sviluppata, attenta e vigile è anche molto
vulnerabile; perciò un neonato può essere facilmente
ferito da contatti troppo poveri, discontinui, meccanici oppure
da contatti che non rispettano il ritmo e i tempi del bambino.
(continua al prossimo numero)