IL NEONATO da una relazione di Pietro Lombardi (Ricerca a cura
di Anna Maria Rasponi)
(continuazione dal numero precedente)
Continuando il nostro discorso sul "NEONATO" chiediamoci:
Ma il contatto con l'adulto come va dato? Oggi tutti sappiamo
che i bambini hanno bisogno di coccole, di essere accarezzati,
abbracciati, stretti in braccio, baciati, massaggiati
; un
genitore lo sente, intuisce questo bisogno che c'è nel
bambino. Ma se un tempo questo contatto veniva ridotto ai minimi
termini, perché si aveva paura di viziare il bambino o
anche perché non c'era una cultura del linguaggio corporeo
e affettivo, oggi è anche vero che potremmo avere un eccesso
di effusioni, allora la domanda che ci facciamo è: Esiste
il pericolo di eccedere nelle effusioni' E come evitarlo?
Oggi c'è in effetti il rischio di eccedere in effusioni
e in giochi a fior di pelle, che possono provocare nel neonato
una stimolazione sensoriale al limite della capacità di
tolleranza, l'esempio per capire questo è il solletico.
Il solletico è una sovreccitazione che a un certo punto,
se all'inizio può fare piacere, andando avanti può
dar fastidio, far star male la persona.
Cosa vuol dire allora SOVRAECCITAZIONE SENSORIALE?
Vuol dire che un bambino è ancora troppo piccolo, parliamo
del neonato, per poter controllare emotivamente e mentalmente
l'eccitazione che prova, perché non ha ancora costruito
quello che noi chiamiamo CONTENITORE PSICHICO che lo mette in
grado di mentalizzare e dare ordine e una chiarezza a quello che
sta vivendo. Questo vuol dire allora che dobbiamo trovare la giusta
dose di contatto; vuol dire, secondo il grande psicoanalista ungherese
Sendoor Ferenti, difficoltà da parte di un genitore di
trovare il giusto equilibrio nel contatto fisico; questa difficoltà
è dovuta a una sorta di incompatibilità fra linguaggio
corporeo dell'adulto e quello dell'infante, intento dire che a
volte l'adulto usa un linguaggio che è dell'adulto e non
è quello del bambino. Nell'intimità fisica col bambino
alcuni usano il linguaggio delle passioni, un po' come avviene
fra due adulti che si amano. Ma come diceva From, "l'amore
del genitore per un bambino deve essere un amore assolutamente
casto": la castità qui è molto importante perciò
bisogna evitare assolutamente, nel contatto col bambino, qualsiasi
forma di erotismo.
Spero di non scandalizzare nessuno se affermo questa verità,
ma è importante mettere un distinguo e una netta separazione
tra ciò che è l'affettività e ciò
che è invece l'erotismo.
Due adulti possono avere un contatto di pelle con dell'erotismo,
il che, se vissuto nella legge di Dio, non è una cosa malvagia,
visto che siamo stati creati da Dio, ma se questo avviene, a livello
magari inconsapevole, col bambino, vi posso garantire che crea
grossi problemi. Sarebbe importante andare a verificare, in adulti
che hanno delle morbosità sessuali o delle deviazioni sessuali,
come hanno vissuto questo primo linguaggio della pelle, questo
primo vulcano di sensazioni che la pelle dà al bambino.
Per cui, se un bambino ha un eccesso di stimolazioni sensoriali,
e questo bambino non è in grado di dare ordine, viene travolto
da una sovreccitazione che può, nel tempo, soprattutto
quando diventerà adolescente o adulto, dargli dei seri
problemi o perché sarà dipendente da queste sensazioni
o perché non saprà dare disciplina e ordine alle
sue sensazioni corporee.
La tenerezza è l'amore casto, il rispetto nei confronti
del bambino ed è molto importante per quanto riguarda il
contatto col bambino stesso.
Detto questo, siccome c'è sempre in tutte le cose, il rischio
di cadere nell'eccesso o da una parte o dall'altra, vorrei affrontare
un altro aspetto molto importante di questo argomento della pelle.
Ci sono delle madri che sembra abbiano sempre bisogno di un continuo
contatto col bambino. E' come se non potessero fare a meno di
tenerlo sempre vicino a loro, anche quando il bambino cresce e
non avrebbe più bisogno di una vicinanza così stretta.
Potremmo dire che queste mamme hanno un atteggiamento adesivo,
è come se non riuscissero a staccarsi dal bambino. Perché?
Diciamo subito che la vicinanza fisica della madre è prima
di tutto un'esigenza primaria del neonato, ma è anche vero
che diventa sempre meno necessaria man mano che il bambino cresce.
Perché? Perché un bambino, proprio sulla scia del
ricordo del primo contatto, trasforma poco a poco l'immagine della
figura materna in un ricordo, cioè mentalizza, dunque un
bambino ha la capacità di evocare la fiducia, la sicurezza
e l'amore della madre anche quando non è a sua stretto
contatto; fa parte del compito materno la capacità di infondere
sicurezza al figlio, di rispondere al suo bisogno di vicinanza
fisica, ma poi lasciarlo andare quando il bambino incomincia a
esprimere il desiderio di una maggiore autonomia. I bambini lo
fanno: si svincolano, vogliono scendere, andare carponi, camminare,
vogliono cioè allontanarsi. Il vincolo con la madre diventa
complicato da sciogliere quando lei, magari inconsciamente, ha
bisogno di tenere il figlio legato a sé, mantenendo un
continuo contatto di pelle. Questo può avvenire per vari
motivi: un rapporto matrimoniale insoddisfacente, il fatto che
tende a mantenere un legame simbiotico, una iperprotettività,
ecc, quello che comunque conta è che questa vicinanza fisica
rischia per il bambino di diventare un'abitudine a cui poi non
saprà sottrarsi, neanche quando non sarà più
una necessità; perché nei primi tre anni è
una necessità, ma gradualmente questa necessità
viene meno; ecco che allora se il bambino non viene educato a
non avere sempre questa presenza, quando non sarà più
con la madre, magari per andare all'asilo, cosa farà? Sarà
un bambino sempre in movimento, sarà un bambino irrequieto,
costantemente a caccia di nuovi giochi, nuove attività,
delle quali si stanca subito. Perché capita questo? Perché
questi bambini hanno bisogno di nuove sensazioni per sentirsi
vivi anche in assenza della madre. E' come se questi bambini attraverso
questo ipermovimento andassero a riempire un vuoto. Per questo
motivo è importante saper diluire a poco a poco nel tempo
il rapporto corporeo, in modo da favorire il passaggio dal mondo
fisico a quello del pensiero. Allora gli basterà il ricordo
della mamma e della sua vicinanza per sentirsi bene nella sua
pelle. Anche quando sembrano scomparsi dalla memoria questi ricordi
primordiali di contatto, rimangono sempre presenti e vivi dentro
di lui.
Ma è vero che abbiamo un'altra possibilità: mamme
che hanno quasi paura di toccare il bambino, come se temessero
di fargli del male soprattutto quando è ancora molto piccolo;
altre sembrano invece di temere una intimità eccessiva.
Ecco, toccare ed essere toccato è un bisogno vitale, ma
la capacità di trasformare il bisogno del bambino in piacere
reciproco, non è innata. Infatti questa capacità
dipende dalla personalità, dalla storia che lei ha avuto
con la propria madre e siccome non tutte le mamme durante la loro
infanzia hanno ricevuto il calore della tenerezza materna, sicuramente
per queste mamme, che sono donne prima di essere mamme, sarà
meno facile trovare i gesti, i modi per esprimere calore nella
relazione. In molte di queste donne è come se mancasse
la spontaneità della relazione stessa, hanno proprio la
paura di sbagliare, si sentono inadeguate, incapaci. Alcune hanno
addirittura paura di far male al bambino e temono di creare una
intimità eccessiva. Tutto questo diventa un problema per
il bambino, ma diventa un problema anche per queste mamme, molte
delle quali saranno poi attraversate da sensi di colpa.
Questo significa che dobbiamo rivedere questo tipo di rapporto,
analizzando se una madre è cresciuta in un ambiente in
cui c'era un clima affettivo, in cui l'espressività corporea
faceva parte della quotidianità, era un modo privilegiato
di comunicazione, ci si abbracciava, ci si baciava, ci si guardava,
ci si dava una pacca sulle spalle, ci si accarezzava; oppure se
è vissuta in un clima familiare in cui il linguaggio gestuale
era molto più reticente, inibito; questo ovviamente renderà
più difficile per una persona sperimentare e vivere il
contatto fisico.
(continua al numero successivo)