I nostri figli e la televisione
Bruno Ferrero elle di ci leumann TO
La causalità circolare
Dobbiamo, insomma, invertire l'ordine dei fattori. Chi ragiona in modo semplicistico ricerca una spiegazione causale semplice e lineare: se la televisione diffonde scene di violenza rende aggressivi i ragazzi. È un modo di pensare che ha un'unica soluzione: lotta alla televisione, senza quartiere. Ma come ognuno vede, questo è impossibile. E anche ingiusto.
Il ragionamento giusto è circolare. Un ragazzo portato all'aggressività (per cause molteplici, da analizzare) è attirato da spettacoli violenti che, a loro volta, rinforzano la sua nascente aggressività.
Il "rinforzo" operato dalla televisione è di solito poco considerato in tutte le sue conseguenze: è soprattutto qui che il mezzo televisivo dimostra la sua grande potenza "educativa".
Da una inchiesta inglese risulta che i ragazzi dotati di scarso interesse per le materie scolastiche o perseguitati da insuccesso scolastico sono i più grandi consumatori di televisione. A sua volta, il forte consumo di televisione (sempre assolutamente "piacevole" e autogratificante) spinge i ragazzi a trascurare ancora di più i doveri scolastici.
La televisione e in genere i mass media possono diventare veramente pericolosi se non sono bilanciati nella loro influenza dalle altre agenzie che formano il sistema educativo. È una grande sfida portata a famiglia, scuola e Chiesa. Ma soprattutto una decisiva chance educativa. Con una felice intuizione, Neil Postman propone alla scuola il compito di "fare ecologia dei media", depurare cioè i mezzi di comunicazione da tutti i fattori inquinanti. La televisione viene praticamente paragonata ad altre innovazioni tecnologiche, come l'automobile o l'energia nucleare, che hanno indubbiamente aspetti negativi, ma anche enormi possibilità positive.
Patricia Greenfield sottolinea: "La mia opinione è che gli eventuali effetti dannosi sui giovani non siano intrinseci ai media elettronici in quanto tali, ma derivino dalle modalità con cui essi vengono impiegati. Gran parte del contenuto della pubblicità può avere un effetto negativo sugli atteggiamenti sociali dei bambini: essa fa uso di tecniche sofisticate per manipolare lo spettatore, inducendo il desiderio di determinati prodotti, e i piccoli non hanno difese contro di esse. Così, guardare la televisione può diventare un'attività passiva e mortifera se gli adulti non sono presenti presso i giovani e non insegnano loro a sviluppare il senso critico e a fare di ciò che vedono oggetto di apprendimento. La televisione e i più recenti media elettronici, al contrario, se usati con criterio, contengono grandi potenzialità positive per l'apprendimento e lo sviluppo".
Se usato in maniera corretta, ciascun mezzo, senza eccezione, può trasformarsi in occasione di formazione culturale e umana. Purtroppo la strategia prevalente degli educatori é quella del "non intervento", alternata magari ad atteggiamenti di diffidenza e ostilità immotivate o da completa accettazione.
I bambini e ì ragazzi vengono lasciati ad un consumo televisivo anche massiccio, su cui istintivamente non si è d'accordo, a cui si attribuiscono non ben precisati difetti e danni, ma che non si sa come regolamentare.
Concorrente o alleata?
La televisione all'interno della famiglia è una concorrente o un'alleata?
La televisione genera conflitti (orari, scelta dei programmi, quantità, valori, ecc.), ma è spesso usata per mascherare ì ben più profondi e decisivi conflitti familiari. In molte famiglie si costruisce intorno all'apparecchio-focolare una specie di pace illusoria, una tregua durante la quale ciascuno ritrae gli artigli per interessarsi allo sceriffo o ai poliziotti che combattono sul piccolo schermo.
Nel campo della comunicazione, il televisore propone continui argomenti di conversazione, ma nello stesso tempo impone il silenzio. Il desiderio dei bambini e dei preadolescenti di esprimersi (anche in modo paradossale) è prepotentemente stroncato dai "psst, psst" dei genitori.
Eppure è proprio al prezzo di molte risposte e spiegazioni date durante un programma televisivo che la televisione può diventare uno strumento educativo nelle mani dei genitori. Soprattutto può trasformarsi in una occasione di scambi e di vera comunicazione. In questo modo il programma televisivo può anche diventare un piacere condiviso e, magari, l'occasione per far emergere la radice profonda dì divergenze ideali e di scelte di valore che in famiglia non sarebbero mai discusse.
La presenza dei genitori nei confronti del mezzo televisivo deve essere attiva. Quale migliore occasione per abituare i ragazzi a operare delle scelte? A distinguere ciò che è più importante da ciò che è secondario? Ogni famiglia dovrebbe decidere la migliore dieta televisiva e scoprire le "alternative" al televisore. I punti deboli di un medium sono di solito i punti forti di un altro. Uno sviluppo equilibrato dei ragazzi esige che vengano potenziate tanto le capacità e le qualità stimolate dalla televisione quanto quelle stimolate da altri mezzi di comunicazione. La televisione e il cinema, per esempio, si prestano ad una educazione di tipo "emotivo", la lettura del giornale o di un libro abitua alla riflessione, ecc.
La fine dell'infanzia?
Un tempo i rapporti con il mondo esteriore si sviluppavano per gradi, sotto il controllo dei genitori e degli insegnanti, che "filtravano" la realtà secondo il livello degli allievi.
La televisione fornisce informazioni alla rinfusa, in disordine, senza riguardo per differenti gradi di maturità o scelte valoriali della famiglia. Oggi molto presto il bambino impara che ci sono mariti che ingannano le mogli, che dei giovani rubano nei supermercati, che gli animali si divorano tra loro, che si guadagnano più soldi con una rapina che lavorando, ecc.
Senza alcun riguardo, la televisione fracassa la campana di vetro del "migliore dei mondi" in cui si tentava di far crescere il ragazzo. Su questo punto la ricerca americana è giunta a conclusioni inquietanti, la cosiddetta "cultivation hypothesis", secondo la quale guardare la televisione inculca negli spettatori timori, angosce, atteggiamenti anormali, "coltiva" percezioni distorte del mondo reale, fino a condurre i maggiori "teledipendenti" a considerare il nostro mondo come "il peggior posto in cui vivere".
I ragazzi di oggi hanno aperto la porta dell'armadio degli adulti. Sanno tutto quello che sanno genitori e insegnanti. I rapporti di autorità tra adulti (= coloro che sanno) e i ragazzi (= coloro che non sanno ancora) sono modificati. Gli adulti non sono più i depositari del sapere.
Proprio di fronte a questo stato di cose, la soluzione peggiore di genitori e insegnanti è quella di "far finta di niente" e continuare in un lavoro educativo di routine, come se i ragazzi fossero sempre gli stessi. Oggi più che mai sono necessari educatori "veri per permettere ai ragazzi una normale socializzazione.
Il bambino si accosta al mezzo televisivo soprattutto per il "piacere che ne trae. Trova in esso un soddisfacente compagno di giochi. Il preadolescente invece vi cerca ben presto delle risposte a molte domande che si pone sul mondo esteriore.
Anche in questo caso la televisione sconvolge il processo normale di crescita perché fornisce continuamente risposte a domande che il ragazzo non riesce ancora a formulare correttamente. Queste risposte arrivano con il consueto disordine e senza essere programmate dagli educatori.
Ora si sa che una parte dello sviluppo della conoscenza sta proprio nell'emergere delle domande. Un ragazzo che è capace di porre una domanda sulla comprensione di un avvenimento, prova che è già in grado di riflettere e che ha fatto un buon cammino sulla strada della conoscenza. Portare il ragazzo a porre delle domande corrette e a cercare delle risposte in una trasmissione televisiva, o anche al di fuori, sfogliando una enciclopedia o un libro in classe, è rimettere ordine nel suo spirito e ristabilire una certa logica.
La televisione costringe veramente l'educatore a modificare il suo ruolo. L'educatore post-televisivo non è più dispensatore di conoscenze (a questo provvedono i mass media), ma colui che aiuta i ragazzi a organizzare queste conoscenze e a farle proprie in un insieme coerente.
I mass media forniscono le tessere del mosaico, gli educatori il "disegno" in cui devono essere collocate per avere un senso.
Non è necessario quindi educare "contro" la televisione e neppure "nonostante" la televisione. Si può benissimo educare "con" la televisione, a patto che si formi una corretta sensibilità familiare al riguardo.
Il metodo che abbiamo suggerito può essere vantaggiosamente utilizzato per neutralizzare gli effetti "nocivi" della televisione. Vediamone alcuni.
(continua al numero successivo)