Uno
strumento per affrontare il dibattito sulla sessualità umana e le sfide che
emergono dall’ideologia gender, in un tempo di emergenza educativa. Questo vuol
essere il documento “Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla
questione del gender nell’educazione” a firma del cardinale Giuseppe Versaldi,
prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, e dell’arcivescovo
Vincenzo Zani, segretario del Dicastero
Debora
Donnini – Città del Vaticano
L’obiettivo
del documento “Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla
questione del gender nell’educazione” è di sostenere quanti sono impegnati
nell’educazione delle nuove generazioni ad affrontare “con metodo” le questioni
oggi più dibattute sulla sessualità umana, alla luce del più ampio orizzonte
dell’educazione all’amore. In particolare è diretto alle comunità educative
delle scuole cattoliche e a quanti, animati da una visione cristiana, operano
nelle altre scuole, a genitori, alunni, personale ma anche a vescovi, a
sacerdoti e religiosi, a movimenti ecclesiali e associazioni di fedeli. La
Congregazione per l’Educazione Cattolica, che ha preparato il testo, parla di “un’emergenza educativa”, in
particolare sui temi dell’affettività e della sessualità davanti alla sfida che
emerge da “varie forme di un’ideologia, genericamente chiamata gender, che nega
la reciprocità e le differenze tra uomo e donna, “considerate come semplici
effetti di un condizionamento storico-culturale”. L’identità verrebbe, quindi, consegnata ad “un’opzione
individualistica, anche mutevole nel tempo”. Si parla di “disorientamento antropologico” che
caratterizza il clima culturale del nostro tempo, contribuendo anche a destrutturare
la famiglia. Un’ideologia che, tra l’altro, “induce progetti educativi e
orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità
affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e
femmina”, si evidenzia citando Amoris laetitia. Questo il contesto in cui si
colloca il Documento che vuole promuovere, appunto, una “metodologia articolata
nei tre atteggiamenti dell’ascoltare, del ragionare e del proporre”. Un testo
che si ispira al documento “Orientamenti educativi sull’amore umano. Lineamenti
di educazione sessuale” del 1983 ed è anche arricchito da citazioni di Papa
Francesco, Benedetto XVI, San Giovanni Paolo II, ma anche del Concilio Vaticano
II, della Congregazione per la Dottrina della Fede e di altri documenti.
Dialogo con
ascolto, ragionamento e proposta
Nell’intraprendere
la via del dialogo sulla questione del gender nell’educazione, il Documento
opera una distinzione fra “l’ideologia
del gender e le diverse ricerche sul gender portate avanti dalle scienze
umane”, notando che l’ideologia “pretende, come riscontra Papa Francesco,
di ‘rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili’ ma cerca ‘di imporsi
come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini’ e quindi
preclude l’incontro”, mentre non mancano delle ricerche sul gender che cercano
di approfondire adeguatamente il modo in cui si vive nelle diverse culture la
differenza sessuale tra uomo e donna. Il Documento specifica quindi che “è in
relazione con queste ricerche che è possibile aprirsi all’ascolto, al
ragionamento e alla proposta”.
Nel
breve excursus storico sull’avvento delle concezioni gender nel XX secolo, si
rileva co--
me
all’inizio degli anni ’90 si sia arrivati perfino a “teorizzare una radicale
separazione fra genere (gender) e sex (sesso), con la priorità del primo sul
secondo. Tale traguardo viene visto come una tappa importante dell’evoluzione
dell’umanità, nella quale ‘si prospetta una società senza differenze di
sesso’”. E in “una crescente contrapposizione fra natura e cultura”, le
proposte gender confluiscono nel “queer”, cioè in una “dimensione fluida”, “al
punto da sostenere la completa emancipazione dell’individuo da ogni definizione
sessuale data a priori, con la conseguente scomparsa di classificazioni considerate
rigide”.
PUNTI DI INCONTRO
E CRITICITÀ
Versaldi:
“Sul gender dobbiamo dialogare senza rinunciare alla nostra identitàˮ
10/06/2019
Quindi,
il Documento individua “alcuni possibili punti di incontro per crescere nella
comprensione reciproca” nel quadro delle ricerche sul gender.
1.
Si
apprezza l’esigenza di educare i bambini a rispettare ogni persona nella sua
peculiare e differente condizione in modo che “nessuno, a causa delle proprie
condizioni personali (disabilità, razza, religione, tendenze affettive, ecc.),
possa diventare oggetto di bullismo, violenze, insulti e discriminazioni
ingiuste”.
2.
Si
sottolinea che un altro punto di crescita nella comprensione antropologica sono
“i valori della femminilità, che sono
stati evidenziati nella riflessione sul gender”. Si rileva l’immensa disponibilità
delle donne a spendersi nei rapporti umani, specie a vantaggio dei più deboli:
le donne realizzano “una forma di maternità affettiva, culturale e spirituale,
dal valore veramente inestimabile, per l’incidenza che ha sullo sviluppo della
persona e il futuro della società”.
3.
In
merito alle criticità che si presentano nella vita reale, si evidenzia che le
teorie gender - specialmente le più radicali - portano ad un allontanamento
dalla natura: “identità sessuale e famiglia” divengono fondate su “una malintesa libertà del sentire e del
volere”. Il Documento si sofferma, poi, sugli argomenti razionali che
chiariscono la centralità del corpo come “elemento integrante dell’identità
personale e dei rapporti familiari”:
4.
“il corpo è
soggettività che comunica l’identità dell’essere”. Il dimorfismo
sessuale, cioè la differenza sessuale fra uomo e donna, è infatti comprovato
dalle scienze, ad esempio dai cromosomi. Si rileva anche “il processo di
identificazione è ostacolato dalla costruzione
fittizia di un ‘genere neutro’ o ‘terzo genere’”. Ci si richiama poi ad
alcuni esempi di analisi filosofica. La formazione dell’identità si basa
proprio sull’alterità: nel confronto con il “tu”, si riconosce il proprio “io”.
Ad assicurare la procreazione è proprio la complementarietà fisiologica, basata
sulla differenza sessuale, mentre il ricorso a tecnologie riproduttive può
consentire la generazione ma comporta “manipolazioni di embrioni umani”,
mercificazione del corpo umano, riduzione del bambino a “oggetto di una tecnologia
scientifica”. Ricordata anche l’importante prospettiva di un dialogo fra fede e
ragione.
Proporre
l’antropologia cristiana
Il
terzo punto è l’offerta della proposta che nasce dall’antropologia cristiana. Il primo passo consiste nel
riconoscere che l’uomo possiede una natura che non può manipolare a piacere.
Questo è il fulcro dell’ecologia integrale dell’uomo. Si ricorda, quindi il “maschio e femmina li creò” della
Genesi e che la natura umana è da comprendere alla luce dell’unità di anima e
corpo, in cui si integra la dimensione orizzontale della comunione
interpersonale e quella verticale della comunione con Dio. In merito
all’educazione si sottolinea, quindi, che il
diritto-dovere educativo della famiglia non può essere totalmente delegato né
usurpato da altri, che il bambino ha diritto a crescere con una mamma e un
papà e che proprio all’interno della famiglia possa essere educato a
riconoscere la bellezza della differenza sessuale. Da parte sua la scuola è chiamata a interagire con la
famiglia in modo sussidiario e a dialogare rispettandone la cultura. In
questo processo educativo, centrale è a anche ricostruire un’alleanza fra scuola, famiglia e società, che possono articolare
“percorsi di educazione all’affettività e alla sessualità finalizzati al
rispetto del corpo altrui”, per accompagnare i ragazzi in maniera sana e
responsabile. In questo senso si mette in luce l’importanza che i docenti
cattolici ricevano una preparazione adeguata sui diversi aspetti della
questione del gender e siano informati sulle leggi in vigore e in discussione
nei propri Paesi.
Via del dialogo
percorso per trasformare incomprensioni in risorse
Nelle
conclusioni si ribadisce che “la via del dialogo – che ascolta, ragiona e propone – appare come il percorso più efficace
per una trasformazione positiva delle inquietudini e delle incomprensioni in
una risorsa per lo sviluppo di un ambiente relazionale più aperto e umano”
mentre “l’approccio ideologizzato alle
delicate questioni del genere, pur dichiarando il rispetto delle diversità,
rischia di considerare le differenze stesse in modo statico, lasciandole
isolate e impermeabili l’una dall’altra”. Si ricorda anche che lo Stato democratico non può ridurre la
proposta educativa a pensiero unico, sottolineando la legittima aspirazione
delle scuole cattoliche a mantenere la propria visione della sessualità umana.
Infine, si ricorda anche, per i centri educativi cattolici, l’importanza di “un percorso di accompagnamento discreto e
riservato”, con cui si vada incontro anche “a chi si trova a vivere una situazione complessa e dolorosa”. La
scuola deve, quindi, proporsi come un ambiente di fiducia, “specialmente in
quei casi che necessitano tempo e discernimento” e creare “le condizioni per un
ascolto paziente e comprensivo, lungi da ingiuste discriminazioni”
.
RIFLETTIAMO
INSIEME
Quello che è stato detto dalla
Congregazione per l’educazione Cattolica nelle famiglie e nelle scuole è
giusto, anche se il documento sarebbe dovuto uscire molto prima per evitare che
tante scuole si preparassero a cuor leggero ad accogliere un progetto di
educazione sessuale molto fuorviante e inopportuno.
L’esplodere
di questo problema è stato effetto della propaganda mediatica e immediatamente
le famiglie ne sono state coinvolte con grande sconcerto dei genitori. Non è
bello sentirsi dire da tuo figlio/a che non si sente a suo agio nel suo sesso e
che vuole cambiare sesso. Alcune famiglie per la vergogna hanno deciso di
cambiare città, per affrontare da soli, nell’anonimato il grande dolore del
cambiamento avvenuto nella loro famiglia e che mette in imbarazzo loro stessi
nei rapporti con il figlio/a.
Qualunque cosa si voglia dire è un
fenomeno che causa dolore e proprio da questo comprendiamo che non viene da
Dio. Il rispetto è dovuto a tutti e su questo non si transige, ma farne una
bandiera, considerandolo una terza possibilità è fuorviante. Il sesso fluid è un’invenzione umana per
avallare abitudini viziose acquisite in locali di vizio.
Quando per vizio si acquisisce un
comportamento sessuale disordinato, contro natura e antievangelico, l’abitudine
crea una dipendenza che da chi la subisce può sembrare innata e quindi naturale
e, come tutte le dipendenze crea un’esigenza incontenibile che grida per essere
soddisfatta. Ma questo è il grido dell’anima schiava che geme nel suo
disordine e non anela alla luce perché è
sommersa nel buio della passione. Il grido è talmente forte da desiderare di cambiare sesso
I ragazzi, nel periodo della loro
crescita, soprattutto stando a contatto con amici a loro dire più emancipati,
possono sentirsi a disagio e magari inadeguati alla società, ma questi
sentimenti possono essere affrontati con un’educazione all’affettività e all’autostima
che non metta in discussione il sesso e
la sessualità.
Situazione italiana
Ogni anno circa 100 italiani
cambiano sesso. Sono persone, con un disturbo di identità di genere, che
adeguano le loro caratteristiche sessuali primarie e secondarie al sesso al
quale psichicamente sentono di appartenere. Per la famiglia cominciano problemi
legali e medici.
L’iter legale. Operazione
e cure sono in regime di assistenza pubblica. Occorre però, in base alla legge
164 del 1982, che il disturbo di identità di genere sia accertato da psicologo, sessuologo o psichiatra e che
sia confermato da un consulente del Tribunale. A quel punto il giudice può
dare il via libera.
Le indagini preliminari. Prima
dell’operazione per cambiare sesso sono necessarie indagini andro-urologiche, endocrinologiche e
psicologiche che non durano meno di tre anni.
Le cure ormonali: nel caso di adeguamento di
sesso da maschio a femmina consistono nella somministrazione di estrogeni e
antiandrogeni. I principali effetti sono: rallentamento della crescita di peli
e barba; modesto aumento di volume del seno; diminuzione dell’erezione e poco
alla volta anche dell’eiaculazione; aumento e una redistribuzione del grasso su
fianchi e natiche. Tra gli effetti collaterali, calo della libido, aggressività, depressione, ipertensione, problemi
epatici e rischio (molto ridotto) di tromboembolia polmonare.
La vaginoplastica. L’intervento
dura circa tre ore e mezzo. Si asportano testicoli e
corpi cavernosi del pene. Utilizzando lo scroto (la sacca che racchiude i
testicoli), si fanno grandi e piccole labbra. Quindi si
ricava una cavità tra retto e vescica dove, introflettendo la pelle del pene,
si ottiene una vagina. Il clitoride si
costruisce con una parte del glande (l’estremità del pene). Le complicazioni
sono abbastanza rare: infezioni localizzate, fistole tra neovagina e retto o
vescica, necrosi di parti del tessuto.
La riabilitazione. Una
sorta di palloncino va lasciato in sede per i primi 15 giorni e poi va inserito
durante la notte e tre volte al giorno per tre mesi. Il primo rapporto sessuale
si può avere due mesi dopo l’intervento.
Cambiamento di sesso e
salute Illustrazione di Laura Pittaccio
Nel mondo i transessuali sono 25 milioni,
eppure la loro salute è un rebus; Con queste premesse Lancet apre una serie di
articoli che fanno seguito al congresso
della World Professional Association for Transgender Health (Wpath), che ad
Amsterdam ha concluso i lavori stilando una serie di raccomandazioni. Ma, sul
terreno ci sono più problemi che soluzioni.
«Transessuale è colui o colei che desidera attuare o ha già attuato
una transizione sociale, somatica o chirurgica da maschio a femmina (M to F) o
viceversa (F to M) perché soffre di disforia di genere. Ma cosa sia per la medicina la
“disforia di genere” è faccenda controversa. «Resta una malattia. Ma con la
parola “malattia” associata a una condizione si aprono spazi per la
discriminazione, come ha dimostrato la storia delle cosiddette “malattie
mentali”. Tuttavia, come fa notare l’endocrinologa, è altrettanto vero che
quando si rientra in un quadro patologico i servizi sanitari sono obbligati a
fornire tutta l’assistenza necessaria. «Prima della pubertà l’unica azione che
si deve intraprendere è di carattere psicologico perché l’identità sessuale è
molto fluida, e i bambini non devono essere indirizzati». Più tardi, ai primi
segni di sviluppo, le linee guida dell’Endocrine Society americana e la Wpath
suggeriscono l’impiego dei bloccanti ipofisari, farmaci che arrestano lo
sviluppo sessuale per dare tempo al ragazzo di capire meglio che tipo di strada
imboccare; anche in Italia questa terapia, necessaria in casi molto specifici,
è possibile, ma solo dopo il via libera del comitato etico.
Una volta che il transessuale è diventato
adulto può intraprendere, se vuole, la via del trattamento farmacologico o
chirurgico. Spiega Fisher: «Si tratta di decisioni da prendere solo dopo un
percorso di indagini psicologiche e fisiologiche che chiariscano anche molto
bene il quadro metabolico della persona e l’assenza di controindicazioni
mediche». Presa la decisione, il percorso prevede la terapia ormonale che in
media dura tra i 2 e i 4 anni. In molti casi, non si va oltre. Spesso, però, il
passo successivo è la chirurgia. L’intervento è complesso, lungo, demolitivo e
dall’esito non sempre certo. Con effetti collaterali importanti: per esempio,
non è infrequente avere difficoltà nella minzione, e impossibilità a raggiungere
l’orgasmo con l’organo ricostruito.
Ma è nella nuova condizione che iniziano
le complicazioni mediche. E non è tutto. I rischi sono tanti perché non si sa
praticamente nulla. Si sa solo che i transessuali rischiano di più, a volte
molto di più. L’unico consiglio valido per chi ha questo problema è: rivolgersi
solo a centri pubblici, ad alta specializzazione.
QUESTIONARIO PER LA
RIFLESSIONE PERSONALE
1. La transessualità è un
problema da non augurare a nessuna famiglia, come prevenirla?
2. Nella tua famiglia si dà
uguale rispetto ad entrambi i sessi o ci sono preferenze?
3. Nella scuola dei tuoi
figli si fa educazione all’affettività? Controlli i contenuti?
4. Conosci gli amici dei
tuoi figli? Sei informata sulle loro abitudini familiari?
5. Riesci a tenere un
dialogo aperto con i tuoi figli, per capire cosa stanno assorbendo fuori casa?
6. Siete in grado di
parlare con i vostri figli della sessualità in maniera dignitosa?
7. Frequentate ambienti psicologicamente
e spiritualmente sani?