Enrico
Riccardo Spelta
In
ogni epoca i giovani, dalla nascita ai primi vent'anni, si sono formati in base
ai tre livelli sociali con cui sono stati in contatto: genitori - scuola - società.
Nel
primo periodo prescolastico i
genitori hanno un ruolo quasi esclusivo nella formazione del bambino. Nell'adolescenza diminuisce l'influenza
dei genitori e prende la massima importanza l'insegnamento scolastico. Nella
parte finale del periodo giovanile,
invece, diventa più importante il modello sociale, a partire dal comportamento
del proprio gruppo di contatto e amicizia, fino alle mode e modelli generici
proposti dalla società.
giovani e genitori
Nelle
comunità in cui la scuola non è accessibile o molto limitata, come nei Paesi
più arretrati, il giovane attinge la sua formazione esclusivamente dall'esempio
e dalle regole imposte dai genitori o dal clan familiare, per passare
successivamente all'esempio dato dal comportamento degli adulti del suo stesso
gruppo etnico, presentandosi alla vita con forti carenze culturali e diventando
così preda facile di magie, superstizioni, idolatrie e lotte
tribali/etniche/religiose di vario genere.
Il ruolo dei
genitori è fondamentale soprattutto nel periodo dei primi 5 o 6 anni, a partire
dal periodo fetale in poi. In questa prima fase il cervello del bambino assimila
in modo duraturo gli insegnamenti e i comportamenti dei genitori e dei parenti
a lui più vicini. E' il periodo in cui si possono formare dei complessi che il
bambino si porterà dentro per tutta la vita. Ciò viene molto bene descritto
dall'epigenetica, oltre che dalla psicologia e dalle neuroscienze.
giovani e scuola
Nel periodo
scolastico
inizia ad avere rapporti e confronti coi propri compagni di classe e con gli
insegnanti. E' anche il periodo, però, in cui s'affacciano i "doveri", in contrasto col totale egoismo assecondato
nel precedente periodo. Nessuno è ben disposto verso i propri doveri, anche se
a volte alcuni bambini, per compiacere i genitori, possono trovare
gratificazione anche nell'essere obbedienti, ma sono eccezioni.
Certamente
alcuni giovani possono nascere, o mostrare precocemente un temperamento
particolarmente difficile, o con squilibri che si manifestano con eccessi tra
questi estremi:
- iperattività oppure eccessiva pigrizia
- timidezza o al contrario spavalderia,
aggressività, violenza
- meticolosità, precisione, pignoleria
(assai difficile!) contro la molto più frequente cialtroneria
- curiosità, molteplicità di interessi o
in opposto estrema indifferenza, superficialità, noia
- comportamento competitivo contro
comportamento collaborativo (molto raro)
I
ragazzi che soffrono di questi estremi sono ovviamente i più difficili da
"normalizzare" e richiedono particolari interventi psicologici.
giovani e società
La nostra società
è molto competitiva e alcuni giovani non si sentono all’altezza degli standard
da essa imposti. Così, per dimenticare il problema, ricorrono sempre più
massicciamente ad alcol e droghe. Quando il giovane dice di non godere di
buona salute, spesso il problema non è solo fisico, ma anche e soprattutto di
origine psicosociale.
In
linea di massima ciò che si vuole qui sostenere e di cui si parlerà è la tesi
che il giovane non sia quasi mai il vero
responsabile dei suoi comportamenti, ma che sia invece il risultato, lo
specchio,
di quanto abbiamo saputo infondergli (e dargli come esempio morale e
comportamentale), attraverso le relazioni di cui abbiamo detto all'inizio:
genitori, scuola, società.
Loro
sono il frutto della nostra cultura e delle nostre capacità di infondere i
giusti comportamenti, per portarli all'età adulta in perfetto equilibrio
psico-fisico, per dare loro sicurezza e integrazione sociale, capacità
intellettuali e di gestione del proprio fisico e per fare un percorso di vita
appagante.
Dunque, qualsiasi
comportamento asociale o dannoso a loro stessi o ad altri (uso di alcol,
droghe, fumo, sevizie, stupri, furti, violenze, bullismo, fanatismo,
prepotenze, ecc.) è il risultato negativo di quanto abbiamo saputo insegnare e
dare loro come modello.
A
volte il difetto può essere imputato alle scarse
capacità dei genitori, altre alle carenze o errori del programma scolastico e altre ancora al cattivo esempio della società.
Spesso
tutte e tre le componenti sono inadeguate o di scarso valore didattico. E questo potrebbe essere -generalizzando-
il grave difetto della nostra società attuale.
Ma se volessimo migliorare la situazione,
cosa dovremmo fare?
L'anello
più debole e affrontabile facilmente sarebbe quello intermedio, cioè la scuola,
il metodo educativo e dell'apprendimento
nonché i contenuti dello studio.
Noi
riempiamo ancora di puro nozionismo i nostri ragazzi, mentre la cosa più
importante sarebbe insegnare come
funziona il loro cervello, come fare per gestire bene le relazioni sociali
e come affrontare serenamente la propria crescita verso il mondo degli adulti e
della indipendenza (svezzamento).
Dagli
studi recenti siamo arrivati a capire che in pratica abbiamo due tipi di intelligenze: quella acquisita
e quella emotiva ereditaria.
L'intelligenza
acquisita è collocata nella corteccia cerebrale, mentre quella emotiva riguarda
l'istinto e sta nella zona profonda del
sistema limbico, ed in particolare è pilotata dall'AMIGDALA.
L'intelligenza
"acquisita", però, è divisa in due parti molto diverse tra loro e che
sono: intelligenza razionale e
intelligenza creativa.
Dobbiamo
prima di tutto insegnare ai giovani, sin da bambini, ad essere consapevoli dell'eterno
conflitto tra le due intelligenze che abbiamo. Questo probabilmente eviterebbe
molti sbandamenti, incertezze, errori interpretativi e complessi da parte loro.
Ed addestrarli al più corretto ed equilibrato comportamento sociale, a come
affrontare ogni situazione particolare che si presenti coi propri simili.
Poi
dobbiamo insegnargli ad avere il massimo rispetto del loro corpo. Conoscerne
tutti i meccanismi, cosa ci serve, cosa
ci danneggia. Sempre partendo da insegnamenti che dalla più tenera età si
ripetano con sempre maggiori livelli di profondità esplicativa, fino ai
vent'anni. E tutto ciò oggi più che mai è fondamentale per tenerli alla larga
dagli sbandamenti e comportamenti nocivi.
Altra
cosa fondamentale sarebbe orientarli verso un approccio sociale di tipo collaborativo anziché competitivo.
A
tale proposito sono molto interessanti le esperienze e attività svolte in
alcune scuole e di cui viene fornita ampia documentazione nel testo di Daniel
Goleman "Intelligenza emotiva", che ogni genitore (ed insegnante)
dovrebbe fare lo sforzo di leggere.
La
nostra società, basandosi sul profitto sfrenato e spregiudicato, pone la
massima attenzione a creare individui bravi a sconfiggere gli altri, a
superarli, puntando sulla scaltrezza e
spesso
sull'inganno. In altri termini è il trionfo della competitività.
Anche
gli sport sono del tutto agonistici e quindi portano il giovane a competere e
sconfiggere gli altri concorrenti. Il massimo lo constatiamo nel calcio, dove
la competizione è tra i giocatori della stessa squadra, poi ovviamente contro
tutte le squadre avversarie ed infine si estende all'intero universo dei
tifosi, che arrivano a vere e proprie guerriglie, oltre ad avere anche un forte
esempio di corruzione e imbrogli a livello dirigenziale. Tutto ciò dimostra quanto queste mode sportive siano esempi deleteri
all'educazione, al rispetto sociale ed alla spirito collaborativo.
Forse
sarebbe molto meglio indirizzare i giovani verso attività da boyscout, dove,
oltre all'aspetto collaborativo della squadra, c'è anche l'importantissimo
contatto col mondo della Natura (assai lontano dalla vita di tutti i giorni,
soprattutto dei ragazzi di città).
Un
altro elemento assolutamente negativo è dato dall'uso dei video giochi, oltre a tutti i rischi a cui esponiamo i
giovani semplicemente con l'uso incondizionato del Web e dei social.
Ho
passato in rassegna molti titoli di giochi per play station che mi sono stati
indicati da ragazzi quindicenni ed analizzandone lo svolgimento appare evidente
che si tratta di prove quasi
esclusivamente basate sull'estrema aggressività.
Lo
scopo è quasi sempre di uccidere degli ipotetici "avversari", coi
mezzi più spietati messi a disposizione dal gioco.
Questo
pessimo esempio di gioco per bambini abitua il giovane a considerare
"normale e premiante" andare in giro a sparare a tutti quelli che
incontri. Ma vi pare intelligente e positiva una prova del genere?
Il realismo
grafico di tali pseudo avventure, poi, è sconcertante, nulla a che
vedere con i vecchi giochi (reali) che facevano tra loro i ragazzini fino ad un
paio di generazioni precedenti. Tutto ciò non può non produrre assuefazione
all'azione violenta, che negli individui più deboli si può trasferire
facilmente in emulazione nella vita reale o comunque, bene che vada, che fa
diventare "normale" il massacro di altri esseri umani, visto e
rivisto migliaia di volte, che dunque non fa più orrore, come in pratica
dovrebbe fare, ma diventa prodezza!
Non
ci stupiamo poi se i più deboli e influenzabili possono diventare dei
terroristi! Negli USA casi di persone che si armano di mitragliatrice e fanno
un massacro in una scuola o altro luogo pubblico sono decine ogni anno!
Qui si inserisce
il problema del ruolo educativo dei genitori. Purtroppo, però, nessuno può singolarmente
proibire al proprio figlio di passare il suo tempo libero scegliendo questi
giochi e nessuno può proibire qualsiasi altro comportamento negativo che sia
attualmente in voga.
Per
riuscire a modificare questa dipendenza da sport agonistici e/o da giochi
violenti, sui quali alcuni bambini trascorrono ore ogni giorno, o da tutte le
altre forme negative di comportamento, non può avere successo l'iniziativa di
una singola famiglia perché il giovane si sentirebbe ingiustamente punito,
confrontandosi con i suoi compagni a cui non venissero proibiti gli stessi
passatempi o gli stessi comportamenti sociali.
Per
avere successo tutti i genitori dovrebbero studiare e capire come comportarsi
coi propri figli e congiuntamente proibire loro tutto ciò che sicuramente è
negativo per la loro sana crescita sociale e individuale.
L'errore più
frequente al giorno d'oggi commesso dai genitori è un eccesso di permissivismo
e protezionismo.
Il
giovane deve imparare a rispettare le regole sociali e deve sentirsi il più possibile
artefice delle proprie conquiste.
Per
questo ho scritto che è dalla scuola che si dovrebbe partire, rinnovandola
totalmente, per formare i futuri adulti che diventeranno genitori e saranno
meglio disposti a modificare il loro ruolo per forgiare il comportamento e le
scelte dei loro figli, dando anche un esempio qualitativamente migliore. O, in
alternativa, potrebbero essere avviate iniziative private tra gruppi di
genitori che definiscano e applichino gli stessi sani criteri educativi.
Per ultimo resterebbe
il più grande dei problemi: lo squallore della società basata sul consumo e sul
denaro.
Non
è possibile rivoluzionarla, visti i poteri forti che tra banche, alta finanza,
politica e imprese, condizionano qualsiasi gusto e modello comportamentale.
Solo il
cambiamento nell'educazione scolastica può predisporre nuovi individui al
cambiamento sociale, oltre che ad essere più sani, rispettosi di sé stessi e
degli altri e dell'ambiente intero, migliori genitori e maggiormente
interessati a tutte le cose belle che la vita ci offre.