Sant’Agostino (Continuazione)
Valore della fedeltà.
4. 4. A ciò si aggiunge che mentre essi si rendono a vicenda il debito coniugale, anche quando esigono questo dovere in maniera piuttosto eccessiva e sregolata, sono tenuti comunque alla reciproca fedeltà. E a questa fedeltà l'Apostolo attribuisce un diritto tanto grande da chiamarla potestà, quando dice: Non è la moglie che ha potestà sul proprio corpo, ma il marito; allo stesso modo non è il marito che ha potestà sul proprio corpo, ma la moglie 10. La violazione di questa fedeltà si dice adulterio, quando, o per impulso della propria libidine, o per accondiscendenza a quella altrui, si hanno rapporti con un'altra persona contrariamente al patto coniugale. Così si infrange la fedeltà, che anche nelle cose più basse e materiali è un grande bene dello spirito, e perciò è certo che essa dev'essere anteposta perfino alla conservazione fisica, sulla quale si fonda la nostra vita temporale. Un filo di paglia di fronte a un mucchio d'oro è praticamente un nulla; tuttavia la buona fede, quando viene osservata coscienziosamente, si tratti d'oro o di paglia, non sarà certo di minor valore perché è osservata in cosa di minor valore. Quando poi la lealtà viene impegnata per commettere un peccato, certo sorprende che si possa far ricorso lo stesso a questo termine; ma ad ogni modo, qualunque sia la natura di questa lealtà, se il peccato avviene anche contro di essa, è più grave. Si deve eccettuare solo il caso che essa sia trasgredita proprio per tornare alla buona fede autentica e legittima, cioè per correggere la perversione della volontà ed emendare il peccato. Poniamo il caso che uno, non potendo rapinare da solo una vittima, trovi un compagno nell'iniquità, e pattuisca con lui di compiere insieme il misfatto e di spartire il bottino, ma una volta commesso il delitto si tenga egli solo tutta la preda. Il compagno senza dubbio si rammarica e si lagna che non gli sia stata mantenuta la buona fede, ma nel suo stesso rincrescimento deve pensare che piuttosto la lealtà avrebbe dovuto essere osservata con una condotta onesta proprio nei confronti della società, perché non si depredasse ingiustamente un essere umano, se sente con quanta iniquità gli sia stata mancata la fede nell'alleanza delittuosa. L'altro, che fu disonesto da tutt'e due le parti, dev'essere giudicato senz'altro più colpevole. Ma se egli si fosse pentito del delitto commesso insieme e non avesse voluto dividere con il complice la preda proprio per restituirla a quello cui era stata strappata, neppure il traditore lo potrebbe giudicare traditore. Ugualmente, se una donna che tradisce la fedeltà coniugale, è fedele all'amante, è in ogni caso una donna colpevole; ma se non lo è neppure all'amante, è peggiore. Però se essa si pente della colpa, e tornando alla castità coniugale scioglie l'accordo adulterino, mi sorprenderebbe se proprio l'amante la considerasse una traditrice.
Senza l'intenzione della fedeltà e l'accettazione della prole non vi può essere matrimonio.
5. 5. Ci si domanda anche per solito se si deve parlare di matrimonio, quando un uomo e una donna, entrambi liberi da altri legami coniugali, si uniscono non per procreare figlioli, ma solo per soddisfare la reciproca intemperanza, ponendo però tra di loro la condizione che nessuno dei due abbia rapporti con altra persona. In un caso del genere forse parlare di matrimonio non sarebbe fuor di proposito, purché essi osservino vicendevolmente questa condizione fino alla morte di uno dei due e purché, anche non essendosi uniti a questo scopo, tuttavia non abbiano escluso la prole, come avviene invece quando la nascita di figli non è desiderata o addirittura è evitata con qualche pratica riprovevole. Ma se mancano i due elementi della fedeltà e della prole, o anche uno solo di essi, non vedo in qual maniera potremo chiamare matrimonio simili unioni. In effetti, se un uomo si unisce temporaneamente con una compagna, finché non ne trovi da sposare un'altra all'altezza della sua condizione sociale ed economica, nell'intenzione è un adultero, e non con quella che intende trovare, ma con questa con la quale vive maritalmente, pur non essendo unito a lei da matrimonio.
Perciò anche la donna che conosce ed accetta questa situazione mantiene un rapporto senz'altro impudico con colui al quale non è congiunta dal patto coniugale. Certo, se ella si mantiene fedele, e dopo che l'uomo si è sposato regolarmente non pensa a sposarsi a sua volta, ma da parte sua si prepara a rinunciare del tutto alla vita coniugale, non oserei chiamarla adultera alla leggera; però nessuno potrà sostenere che non pecca, quando risulta unita a un uomo di cui non è la moglie. Ad ogni modo, se una donna simile, per quello che la riguarda, da quell'unione non desidera altro che i figli, e tutto ciò che subisce oltre lo scopo della procreazione lo subisce contro voglia, certo deve essere anteposta a molte maritate che abusano dei loro diritti: infatti queste, benché non siano adultere, spesso costringono i mariti, pur desiderosi di astenersi, ad assolvere il debito coniugale, non per il desiderio di avere figli, ma per l'ardore della concupiscenza. Però anche nel matrimonio di donne simili c'è appunto questo di buono, che sono maritate. E per questo si sono sposate, perché, ridotta al vincolo legittimo, la loro concupiscenza non vada traboccando senza freno e senza regola. Anzi in tal modo contro la congenita e irrefrenabile debolezza della carne essa trova nel matrimonio il legame indissolubile della fedeltà, e se, per se stessa, tende a una progressiva sregolatezza dei sensi, dal matrimonio riceve la casta regola della procreazione. Certo è vergognoso fare del marito uno strumento di libidine, tuttavia è onesto non volersi unire se non al marito e non aver figli se non dal marito.
5. 6. Ci sono anche uomini incontinenti a tal punto, che non hanno riguardo neppure per le mogli che hanno già concepito, ma qualsiasi cosa facciano tra loro gli sposi di sregolato, di vergognoso o di abietto è difetto degli uomini, non colpa delle nozze.
I rapporti coniugali, anche eccessivi, evitano colpe più gravi.
6. 6. Nel caso quindi che il dovere coniugale sia preteso in maniera eccessiva, l'Apostolo non dà una norma vincolante, ma per indulgenza concede agli sposi che si possano unire anche senza lo scopo della procreazione. Perciò benché siano i cattivi costumi a spingere i coniugi a questi rapporti, le nozze li difendono dall'adulterio e dalla fornicazione. Infatti non è che quegli eccessi siano consentiti grazie alle nozze, ma grazie alle nozze sono perdonati. Pertanto gli sposi sono tenuti alla fedeltà nei rapporti sessuali intesi alla procreazione dei figli, e questa è la prima forma di società conosciuta dal genere umano in questa vita mortale. Ma hanno anche l'obbligo di darsi sostegno reciprocamente nella debolezza della carne, per evitare rapporti illeciti; così, anche se ad uno di essi piacesse una perpetua continenza, non vi si può attenere senza il consenso dell'altro. Per questo infatti non è la moglie che ha potestà sul proprio corpo, ma il marito; allo stesso modo non è il marito che ha potestà sul proprio corpo, ma la moglie 11. Quindi anche ciò che l'uno pretende dal matrimonio o l'altra dal marito non a motivo della procreazione, ma della debolezza carnale, non deve essere reciprocamente negato, perché l'incontinenza, sia essa di un solo coniuge o di entrambi, sotto la tentazione di Satana, non li trascini in colpevoli depravazioni 12. Infatti quando il rapporto coniugale avviene con lo scopo di procreare è senza colpa; quando avviene per soddisfare la concupiscenza, ma con il coniuge a motivo della fedeltà coniugale, rappresenta una colpa veniale; l'adulterio invece o la fornicazione rappresentano un peccato mortale. E per questo l'astensione da ogni rapporto è senz'altro preferibile addirittura allo stesso rapporto coniugale che avviene per procreare.
6. 7. Quell'astensione comporta certo un maggior merito, ma rendere il debito coniugale non è affatto una colpa, esigerlo oltre la necessità di procreare è un peccato veniale, fornicare addirittura o commettere adulterio è un peccato da punire. Dunque l'affetto coniugale deve badare a non provocare la dannazione dell'altro, cercando di procacciare maggiori meriti per sé. Infatti chi ripudia la propria moglie, eccettuato il caso di fornicazione, la induce a commettere adulterio 13. Una volta che il patto nuziale è stato stretto, riveste una forma tale di sacramento, che non viene annullato neppure con la stessa separazione: la donna, finché vive il marito che l'ha abbandonata, se sposa un altro commette adulterio; e la responsabilità della colpa ricade su colui che l'ha ripudiata.
RIFLETTIAMO
La fedeltà, è una virtù che ha le sue radici profonde nel cuore di Dio ma, con buona volontà può radicare anche nel cuore de1l'uomo.
Essa non dipende dalla fedeltà dell'altro, ma è risposta personale all'imperativo profondo della propria coscienza, all'impegno preso all'altare. Semmai l'infedeltà del coniuge può mettere alla prova la propria fedeltà e farci verificare di quale spessore essa sia, ma non la condiziona. Ognuno di noi può rimanere fedele alla sua vocazione, consacrata davanti a Dio, sia pure a costo di grandi sacrifici: una vita di solitudine, di disagi economici, la posta in crisi della propria famiglia ecc..
Gesù ci ha fatto capire, con la Sua vita, che per restare fedeli al progetto del Padre, ci può essere richiesto di salire il Calvario e morire sulla croce-, ma il sacrificio d'amore ci può garantire la risurrezione.
Questa premessa serva per toglierci dalla testa l'idea che la persona abbandonata non può rimanere fedele. Ci sono nel mondo tante fedeltà sofferte in pace, addirittura tra cristiani non praticanti, se nei loro animi è forte il valore della fedeltà coniugale.
- La fedeltà è innanzitutto un fatto di dignità personale. Essa fa parte del bagaglio di coerenze che forma l'integrità di ciascuno. L'integrità è capacità di vivere i valori che si professano, al di là del fatto che ciò comparti soddisfazione, o sofferenza e disagio. Ci saranno momenti in cui vivere i propri valori sarà facile e bello, perché condivisi dai propri familiari e quindi questo creerà armonia dentro di noi, per la pace della coscienza, armonia nell'ordine familiare che è funzionalità di ingranaggi, scorrevolezza di relazioni... Ma ci saranno anche momenti in cui la fedeltà ai propri valori potrà essere ostacolata da passioni rinascenti in noi, da nostre impennate di orgoglio e di risentimento, da fragilità di chi ci vive accanto, da tradimento e abbandono, da devianze dei figli, da compromessi nell'ambito del lavoro e da tante situazioni in cui ci possiamo trovare, soprattutto se non abbiamo un solido autocontrollo.
In questi casi la propria fedeltà è messa alla prova. Ci si può illudere pensando che, eludendo l'imperativo della coscienza a non farlo, si possa vivere sereni. E' un grosso inganno. La coscienza mortificata dal male, non ci darà più pace.
E' preferibile portare il peso di una croce che ci viene posta sulle spalle, e per la quale Dio ci darà la forza, piuttosto che farcene una noi, dopo esserci debilitati interiormente con la colpa.
- Oltre che risposta a Dio e a noi stessi, la nostra fedeltà è parola data ai figli che, se privati di un genitore per opera del peccato, non è bene che siano privati anche dell'altro genitore, per un'assurda reazione.
Il matrimonio non può essere un gioco di supremazie; esso è un impegno serio, che colloca la coppia all'interno del mistero di Cristo, delegandola ad esprimere, nel segno sacramentate, l’unione di Cristo con la Chiesa e la sua fedeltà ad essa, nonostante l'incomprensione, il rifiuto, la condanna, il Calvario, la croce, la morte... Nulla ha arrestato Cristo nella Sua fedeltà all'uomo, nulla deve arrestare la coppia, nella testimonianza di reciproca fedeltà o anche di univoca fedeltà, se ciò si dovesse verificare.
In questo caso la massima risposta è quella di Cristo: rimanere nell'amore.
E' sicuramente difficile, ma molte persone, sul Suo esempio, sono state e sono capaci, di dare risposte di straordinaria fedeltà.
Lo straordinario può esserci richiesto.
L'appello alla fedeltà è chiaramente rivolto in primo luogo a chi è più direttamente responsabile della separazione totale o anche solo spirituale della coppia. Il fatto è che chi si trova in situazione di rifiuto, è anche sordo ad ogni richiamo; è "terreno indurito" che non accoglie il seme della Parola; l'egoismo rimontante lo fa sentire pago del piacere fisico e noncurante del richiamo della coscienza.
Occorre molta preghiera perché la grazia di Dio si possa creare un varco tra tanta confusione di idee e di sentimenti, e chi la può fare se non il coniuge fedele? "Se stai per offrire la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono" (Mt.5) Solo chi è nella grazia di Dio può fare atti d'amore. Quindi più che criticare il coniuge e scandalizzarsi del suo comportamento, bisogna avvolgerlo di misericordia e amarlo nella sua povertà, affinché l'amore lo redima e lo restituisca ai suoi affetti. L'infedeltà è un rischio che corriamo tutti; tutti siamo più o meno infedeli, perché nessuno può dire di essere senza peccato o di aver fatto veramente tutto perché 1'amore sponsale sia forte e vitale. La fedeltà è però un cammino che tutti possiamo percorrere, iniziando dalle piccole fedeltà quotidiane ai propri doveri di coniugi e di genitori. Le grandi infedeltà sono precedute da piccole, impercettibili infedeltà. Quotidiane:
- piccoli spazi di tempo che riserviamo a noi stessi …
- piccoli spazi di mente da cui escludiamo il coniuge, i figli, Dio stesso...
- piccoli spazi di cuore che concediamo ad altri...
- piccoli spazi di egoismo che sottraiamo al dono totale....
- piccoli spazi di insincerità che concediamo alle nostre brame disordinate...
Sono il tarlo che, segretamente, intacca la fedeltà, svuotandola dal di dentro, fino a quando la coniugalità si avverte come un guscio vuoto. A quel punto si dice la fatidica frase: "Non abbiamo più niente da dirci, non c'è più nulla che ci lega!" Il fatto sta che la fedeltà si coltiva nel proprio cuore, non permettendo che vi entri niente e nessuno che metta in rischio l'amore, secondo la famosa:
REGOLA D'ORO DEL MATRIMONIO
TUTTO CIO' CHE FAVORISCE L'UNIONE DELLA COPPIA:
PERSONE, CIRCOSTANZE, COSE, E' SECONDO IL PIANO DI DIO.
TUTTO CIO’ CHE VA CONTRO L'UNIONE DELLA COPPIA:
PERSONE, CIRCOSTANZE, COSE, NON E' SECONDO IL PIANO DI DIO.
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QUESTIONARIO PER LA REVISIONE PERSONALE
- Tu ti definiresti un coniuge fedele?
- La tua fedeltà è legata alla fedeltà di Dio o alla tua dignità personale?
- Hai vissuto nel tuo matrimonio momenti di infedeltà del tuo coniuge? Come ti sei comportato?
- Hai capito che solo il perdono permette alle storie d’amore di continuare?
- L’Amore Misericordioso è un cuore che si dilata ad un amore direttamente proporzionale all’ingratitudine del coniuge, tu hai provato ad esercitarti magari nelle piccole infedeltà?
- Tieni sotto controllo la mente perché non sia attraversata da pensieri di infedeltà?
- Il cuore perché non sia contaminato da sentimenti impuri che mettono in pericolo la fedeltà?
- Cerchi di non perdere tempo in cose inutili e oziose, perché l’ozio è padre dei vizi?
- Tieni sotto controllo il tuo egoismo per non confondere l’amore con il piacere?
- Sei sempre sincero con il tuo coniuge, gli confidi anche le tentazioni?
- Chiedi tutti i giorni a Dio il dono della fedeltà?