Sant’Agostino
IL MATRIMONIO È UN BENE E SE NE RICERCANO I MOTIVI (1, 1 - 12, 14)
I figli sono il frutto, in ogni caso onesto, dei rapporti carnali.
Quello che infatti è il cibo per la conservazione dell'individuo, questo è l'unione carnale per la conservazione del genere umano; ed entrambe le cose non sono prive di piacere fisico. Ma questo piacere regolato e disciplinato dalla temperanza secondo l'uso della natura, non può essere libidine 46. Ciò che è nel sostentare la vita un cibo illecito, questo è nella ricerca della prole un rapporto di fornicazione o di adulterio. E ciò che è un cibo non permesso nella ghiottoneria, questo è un rapporto illecito nella libidine senza la ricerca della prole. E all'avidità eccessiva che alcuni hanno per un cibo consentito, corrisponde nel matrimonio il rapporto non gravemente colpevole. Come dunque è meglio morire di fame, che cibarsi di cibi sacrificali 47; così è meglio morire senza figli, che cercare discendenza da un'unione illecita. Però in qualunque maniera questi figli vengano al mondo, se non seguono i vizi dei genitori e onorano Dio rettamente potranno essere onesti e raggiungere la salvezza. Infatti il seme dell'uomo, da qualsiasi individuo provenga, è creazione di Dio: per chi lo usa male diverrà un male, ma non potrà mai essere un male in se stesso. Come i figli virtuosi degli adùlteri non costituiscono affatto una giustificazione per l'adulterio; così i figli malvagi dei coniugati non costituiscono affatto una colpa per il matrimonio. Perciò i Padri del tempo della Nuova Alleanza che prendevano cibo per doverosa preoccupazione, malgrado il naturale piacere fisico che ne potevano derivare, in nessun modo erano paragonabili a quelli che mangiavano la carne di vittime sacrificali 48 o a quelli che prendevano alimenti sia pure leciti, ma in quantità eccessiva. Così i Padri dell'Antico Testamento compivano l'atto coniugale per la preoccupazione di compiere un dovere, ma quel piacere naturale, che mai poteva arrivare a una libidine irragionevole e colpevole, non dev'esser paragonato alla depravazione nell'adulterio o all'intemperanza nel matrimonio. Senza dubbio, per la stessa madre nostra Gerusalemme, allora bisognava propagare la prole secondo la carne, come ora secondo lo spirito, ma la sorgente della carità era la stessa: solo la diversità dei tempi rendeva diverso il loro operare. Allo stesso modo i Profeti, sebbene non dediti alla carne, dovevano unirsi carnalmente; e si nutrivano carnalmente gli Apostoli, senza essere carnali.
I coniugati di oggi non sono paragonabili ai Patriarchi.
Certo tutte quelle alle quali ora viene detto: Se non sono in grado di restare continenti, si sposino, non sono da paragonarsi alle sante che si sposavano allora. Senz'altro in sé le nozze presso tutti i popoli sussistono al medesimo scopo di procreare figli e, qualunque sia la natura che poi avranno, servono a farli nascere in modo regolare e onesto. Gli uomini che non sono in grado di vivere continenti, è come se si innalzino fino alle nozze sul gradino dell'onestà; quelli invece che senza dubbio sarebbero stati in grado di vivere continenti, se le condizioni della loro età lo avessero permesso, in un certo senso si abbassarono fino alle nozze sul gradino della pietà. Le nozze dei Padri antichi e degli uomini di oggi sono entrambe buone in ugual maniera, in quanto appunto sono nozze ed esistono allo scopo della procreazione; eppure coloro che si sposano ai nostri giorni non sono paragonabili con quelli di allora. I coniugi di oggi, grazie alla dignità del matrimonio, hanno una possibilità che viene loro concessa per indulgenza, benché non appartenga alle nozze, cioè quella di oltrepassare eccedendo la necessità della generazione. Ma anche se alcuni cercano di realizzare unicamente lo scopo per cui il matrimonio è stato istituito, ammesso che se ne trovino, non possono lo stesso essere messi alla pari con quelli. In essi infatti il desiderio stesso dei figli è carnale, mentre in quelli era spirituale, perché era in armonia con il piano divino di quell'età. Adesso senza dubbio colui che è giunto al più compiuto grado di pietà non cerca di avere figli se non spiritualmente; allora invece era opera di pietà anche generare figli carnalmente, poiché il riprodursi di quel popolo preannunciava il futuro e aveva per scopo l'attività dei profeti.
La poliandria è contro ogni ordine naturale.
Perciò, se era lecito a un uomo solo avere anche più mogli, non così era lecito a una sola donna avere più mariti, neppure per ottenere figli, nel caso che ella fosse in grado di generare e l'uomo invece no. Infatti per una misteriosa legge di natura tutto ciò che domina ama la singolarità; ma ciò che è soggetto, non solo si può sottomettere singolo a singolo, ma, se il sistema naturale o sociale lo consente, si può avere senza disordine la sottomissione di molti a uno solo. Infatti un servo non può avere più padroni, come invece più servi hanno un solo padrone. Così leggiamo che nessuna di quelle donne sante furono soggette a due o più mariti viventi, ma che più mogli furono soggette a un solo marito, dal momento che quella società lo permetteva e l'interesse dell'epoca lo consigliava; e questo non è contrario alla natura delle nozze. Infatti diverse donne possono generare da un solo uomo, ma non è possibile che una sola donna generi da diversi uomini: e questo è un principio incontrovertibile, così come giustamente molte anime sono sottomesse a un solo Dio. Perciò, se non c'è che un solo Dio vero per le anime, un'anima sola può fornicare con molti falsi dèi, ma non esserne fecondata.
Il sacramento del matrimonio monogamico.
Ma da molte anime nascerà un'unica città popolata da coloro che hanno un'anima sola e un solo cuore in Dio; e questa unità sarà perfetta solo dopo la peregrinazione terrena, quando i pensieri di tutti non rimarranno più tra di loro celati né si troveranno fra loro in contraddizione. Per questo il sacramento delle nozze ai nostri tempi è stato ridotto all'unione fra un solo uomo e una sola donna; e di conseguenza non è lecito ordinare ministro della Chiesa se non chi abbia avuto una sola moglie. Alcuni sostengono che non si deve ordinare neppure chi ha avuto una seconda moglie da catecumeno o da pagano; e questi vedono senz'altro a fondo nelle parole dell'Apostolo. Si tratta infatti di un sacramento, non di un peccato. Effettivamente nel battesimo tutti i peccati sono rimessi, ma qui si tratta di un suggello indelebile, non di un peccato. Ma colui che disse: Se hai preso moglie, non hai peccato; se una vergine si è sposata, non pecca, e: faccia ciò che vuole; se si sposa, non pecca, rese ben chiaro che le nozze non sono un peccato. D'altra parte, per la santità del sacramento, una donna che sia stata profanata, sia pure da catecumena, non può dopo il battesimo essere consacrata tra le vergini del Signore. Così, si pensa giustamente, colui che ha avuto più di una moglie non ha commesso peccato, ma nei confronti del sacramento ha perduto un requisito, essenziale non per raggiungere il merito di una vita virtuosa, ma per ricevere il sigillo dell'ordinazione ecclesiastica. E perciò, come le numerose mogli degli antichi Padri simboleggiarono le nostre future Chiese di tutte le genti soggette all'unica persona di Cristo, così la guida dei fedeli che abbia avuto una sola moglie significa l'unità di tutte le genti soggette all'unica persona di Cristo. E questa unità sarà perfetta, quando rivelerà ciò che è occulto nelle tenebre e manifesterà i segreti del cuore, affinché allora ciascuno riceva da Dio la lode che gli è dovuta. Ora ci sono contrasti sia manifesti sia latenti tra quelli che saranno uno e nell'uno, anche quando non viene meno la carità; ma allora assolutamente non ve ne saranno. Come dunque a quel tempo il mistero del matrimonio poligamico significò la futura moltitudine soggetta a Dio presso tutte le genti terrene, così al nostro tempo il mistero del matrimonio monogamico significa la futura unità di tutti noi soggetta a Dio nell'unica città celeste. Pertanto, come non si può essere servo di due o più padroni, così passare da un marito vivo ad un altro matrimonio non fu permesso allora, non è permesso ora, né sarà permesso mai. Rinnegare l'unico Dio e rivolgersi all'adulterina superstizione di un altro, è sempre un male. Quindi neppure per avere una prole più numerosa i nostri santi Padri fecero quello che fece, a quanto si racconta, il romano Catone, il quale, mentre egli stesso era ancora in vita, cedette la moglie perché procurasse discendenza anche alla famiglia di un altro . Nelle nostre nozze certo vale di più la santità del sacramento che la fecondità del grembo.
RIFLETTIAMO INSIEME
S. Agostino ci dice che all’atto generativo dei coniugi è legato il piacere, come pure all’atto nutritivo. Si prova piacere sia mangiando che unendosi in coppia ma questo piacere è come il lubrificante dell’ingranaggio, Dio ve lo ha unito per facilitare compiti che sono imprescindibili sia per conservare la vita che per moltiplicarla; rientrano nei compiti che Dio ha affidato alla famiglia umana. Ma come un cibo squilibrato in quantità e qualità, invece di favorire danneggia la vita, così l’eccesso nella sessualità danneggia corpo ed anima, perché va contro il volere di Dio, che ci ha dotati di intelligenza per capire e ha lasciato a noi il compito di mettere i giusti freni inibitori, mentre per gli animali, che non hanno intelligenza razionale, Dio ha provveduto dando istinti preregolati.
Alle creature umane Dio ha dato non solo istinti ma anche comandi che fanno appello alla loro volontà, dono immenso ma che ci rende fortemente responsabili delle nostre azioni. Prima del peccato anche l’uomo aveva istinti equilibrati e un perfetto dominio di sé. Aveva, inoltre, i doni preternaturali che facilitavano i suoi compiti in molti ambiti, ma con il peccato dei progenitori questo equilibrio si è rotto e renderlo funzionale di nuovo esige impegno, conoscenza, amore obbediente a Dio e volontà di bene.
Tornare a raggiungere un buon grado di equilibrio si può ma bisogna fare attenzione a diverse cose: Le tre concupiscenze, che ci stimolano continuamente al piacere, all’avere e al potere, la nostra fragilità, che ci rende instabili nel bene, l’esempio di altri fratelli che si comportano seguendo l’istinto e non la ragione, che ci fanno illudere che ci si può comportare anche secondo l’istinto, eludendo ragione e coscienza.
I benefici della Redenzione
Questo come peso inibente ma Gesù, con la redenzione ci ha meritato doni e forze levitanti la natura, cioè, la preghiera, la Parola divina, i sacramenti, l’esempio suo, della Madonna e dei santi, oltre ad aver assegnato a ciascuno di noi un angelo custode, non visibile ma operante accanto a noi, che ci avverte e ci richiama se ci vede in pericolo.
Le nozze dei cristiani non sono da paragonare alle nozze dei Patriarchi, perché la poligamia poteva anche allora essere un vizio e un peccato, ma poteva anche essere un’azione caritatevole verso donne che rimanevano vedove che, per le leggi del tempo, erano ridotte all’accattonaggio, perché non ereditavano nulla e non avevano alcun diritto sul beni del coniuge defunto. Significativa è la storia di Rut. La trovate nel libro di Rut. Riassumo i primi due capitoli:
Rut, maobita, aveva sposato uno dei due figli di Elimélech. Sua suocera si chiamava Noemi. Elimélech morì e alle donne pensarono i due figli, ma più tardi morirono anche i due figli di Noemi e rimasero le tre vedove. Noemi pensò di tornare nella terra dei suoi padri e le due nuore la seguirono, ma lei disse: “Voi siete giovani e potete avere ancora marito, Tornate alla vostra terra e Dio vi benedica. Orfa accettò il consiglio ma Rut disse: “Resterò con te a confortare gli anni della tua vecchiaia. Andrò a spigolare per me e per te”. Spigolò nei campi di Booz parente di Noemi che osservò la ragazza e la fece sua sposa, Questo matrimonio si trova nell’albero genealogico di Gesù.
Sicuramente Booz non era celibe, aveva altre mogli, ma s’impietosì di questa ragazza senza protezione e la prese con sé: La carità prevalse sul comando del matrimonio monogamico.
Oggi la donna non si trova nella situazione di Rut, il cammino della civiltà ha riconosciuto alle donne la parità di diritto all’eredità dei genitori, non solo ma anche all’eredità del coniuge defunto per cui il motivo di carità cade. Resta la concupiscenza ma S. Paolo dice che anche se la cosa migliore è rimanere nella situazione in cui la vita ci ha messi, cioè nello stato di vedovanza, tuttavia non pecca colei che passa a seconde nozze dopo la morte del coniuge.
Per questo stesso motivo non è più ammessa la poligamia e neanche il divorzio, perché non sarebbero motivate dalla “carità, che copre una moltitudine di peccati”, ma solo dalla libidine.
Sant’Agostino dice che un uomo che abbia avuto più mogli ha perso il privilegio di diventare sacerdote qualora rimanesse vedovo. Oggi queste preclusioni sono state superate, sempre che la situazione di peccato sia stata ripudiata dalla conversione. Anche la vedova può consacrarsi al Signore, anche se non più vergine, se il Signore la chiama a questa nuova esperienza. Abbiamo l’esempio di Santa Rita che anche se rifiutata per tre volte dalle superiore del convento benedettino, fu portata miracolosamente dentro al convento a porte chiuse. Qui fece il noviziato e poi si consacrò al Signore che la associò alla sua passione dandole una spina della sua corona.
Sicuramente il matrimonio cristiano, nobilitato dalla dignità di sacramento, dona la grazia di stato, concedendo agli sposati la grazia di rimanere nell’amore nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia per tutti i giorni della vita, purché i coniugi collaborino con Gesù.
La formula rinnovata esplicita che questo può avvenire solo con la grazia di Cristo perché può accadere che l’amore coniugale sia crocifiggente, cioè inchiodi il coniuge a vivere con una creatura infedele o bugiarda o offensiva e la relazione diventi difficile, a volte impossibile per la violenza con cui si esprime. In questi casi chi rimane nell’amore, in atteggiamento vittimale, si santifica, ma se proprio sia in pericolo la sua stessa vita e quella dei figli, la Chiesa ammette la separazione, l’allontanamento temporaneo, che può servire anche per rivedere la propria posizione ed eventualmente capire che l’atteggiamento messo in atto fino ad allora, era sbagliato e promettersi vicendevolmente di reimpostare il proprio matrimonio.
Per questo la Chiesa propone cammini di armonizzazione coniugale per coppie in crisi e cammini di santificazione coniugale per tutti.
Il cammino di formazione permanente si può considerare una palestra di allenamento spirituale, che ci permette di tenere sotto controllo la nostra vita, nell’avvicendarsi delle situazioni che, strada facendo, vanno cambiando e ci presentano sempre nuove situazioni che hanno bisogno di essere passate al vaglio della ragione, illuminata dalla luce dello Spirito Santo.
Oggi il matrimonio esige di più perché sono stati superati gli schemi piramidali della famiglia (Famiglia patriarcale o matriarcale), i due coniugi si sentono uguali in dignità e quindi in corresponsabilità, ma spesso i due egoismi cozzano tra loro e si arriva alla rottura, tanto che i vari regolamenti nazionali e internazionali hanno ammesso il divorzio che scinde il legame coniugale.
Il divorzio, sicuramente non è volontà di Dio e per questo la Chiesa ha pure un tribunale per analizzare le cause di divorzio e se emergono difetti di forma può anche annullare il matrimonio e permettere ai coniugi di passare a nuove nozze. In questo caso “Quello che voi legherete (Rivolto alla Chiesa) sarà legato e quello che voi scioglierete sarà sciolto”, la coppia può sentirsi tranquilla nonostante il fallimento.
Il matrimonio cristiano tende a fare dei due una coppia santa proprio per la reciproca accoglienza misericordiosa, che comunque è sempre necessaria trattandosi di due creature imperfette. L’accoglienza reciproca è un’arte da imparare superando gli egoismi e la smania di controllarci a vicenda e di criticarci per la parte difettosa che ci disturba. Per poterci riuscire è necessario controllare i nostri pensieri e i nostri sentimenti per bloccare il giudizio negativo sul nascere, prima che arrivi alle labbra e offenda il coniuge.
Impegniamoci.
QUESTIONARIO DI REVISIONE PERSONALE
- E’ per te fondamentale il piacere nell’atto coniugale o sai rimanere nell’amore a prescindere dal piacere?
- Ti sembra che nelle vostre relazioni la libidine ponga un peso alla vostra coscienza?
- Le concupiscenze del piacere, dell’avere, del potere ostacolano la vostra relazione?
- Come mettete d’accordo piacere e dovere?
- L’avere è fonte di litigi tra parenti? Qual è il tuo atteggiamento?
- E il potere come si manifesta? Ti capita di voler far prevalere il suo pensiero su quello dell’altro?
- I valori spirituali vi mettono in contrasto o vi uniscono?
- Verso i figli avete lo stesso linguaggio o cercate di attirarli a voi denigrando il coniuge?
- Stai imparando l’arte dell’accoglienza reciproca?
- Tieni sotto controlli il tuoi pensieri e i tuoi sentimenti perché non si trasformino in parole offensive verso il coniuge?