Sant’Agostino
Il matrimonio è un bene e se ne ricercano i motivi (1, 1 - 12, 14)
L'obbedienza è la madre di tutte le virtù.
23. 30. La domanda posta giustamente dunque non è se si debba paragonare una vergine sotto ogni rispetto disobbediente a una coniugata obbediente, ma una vergine meno obbediente a una coniugata più obbediente: infatti anche quella nuziale è castità, e pertanto un bene, anche se è inferiore alla castità verginale. Ora la vergine in paragone con la maritata è di tanto inferiore nel bene dell'obbedienza quanto superiore nel bene della castità; quale delle due vinca il confronto lo si può giudicare paragonando prima direttamente la castità con l'obbedienza: allora si vedrà che l'obbedienza è in un certo qual modo la madre di tutte le virtù. Per questo vi può essere l'obbedienza senza la verginità, perché la verginità proviene da un consiglio, non da un precetto. Ma per obbedienza io intendo naturalmente la sottomissione ai precetti divini; quindi l'obbedienza ai precetti si potrà trovare senza la verginità, ma non senza la castità. Alla castità infatti appartiene di non fornicare, non commettere adulterio, non macchiarsi di nessuna relazione illecita: chi non osserva tutto ciò, agisce contro i precetti di Dio, e perciò è bandito dalla virtù dell'obbedienza. Ma la verginità può trovarsi senza l'obbedienza per il fatto che una donna, presa e osservata la risoluzione della verginità, può trascurare i precetti. Conosciamo molte vergini consacrate a Dio che sono pettegole, curiose, propense al bere, litigiose, avare, superbe, tutte cose che sono contrarie ai precetti e che inducono in perdizione, come Eva stessa, attraverso la colpa della disobbedienza. Perciò non solo si deve preferire la donna obbediente alla disobbediente, ma la coniugata più obbediente alla vergine meno obbediente.
I Patriarchi superano i contemporanei anche nella virtù dell'obbedienza.
23. 31. Per osservare questa obbedienza il Patriarca, che non si privò di una sposa, fu pronto a privarsi dell'unico figlio, uccidendolo con le sue mani 74. E si può ben chiamare unico quel figlio di cui il Signore disse: Da Isacco prenderà nome la tua progenie 75. Quanto più prontamente avrebbe accettato di rimanere anche senza sposa, se ciò gli fosse stato comandato? Per questo, spesso non senza ragione, destano la nostra meraviglia certi individui dell'uno e dell'altro sesso, astinenti da ogni rapporto, che mentre con tanto entusiasmo hanno scelto di rinunciare a cose lecite, obbediscono poi negligentemente ai precetti divini. Quindi, anche se quei santi furono padri e madri, e generarono figli, senza dubbio a torto si paragonano alla loro eccellenza uomini e donne del nostro tempo, perché questi, anche quando si astengono da ogni rapporto, restano inferiori ad essi nella virtù dell'obbedienza. E resterebbero inferiori anche ammettendo che a quei padri mancasse perfino nella disposizione abituale dell'animo la continenza che è manifesta nell'agire di costoro. Dunque i giovani che non si contaminarono con donne 76, come è scritto nell'Apocalisse, seguono l'Agnello cantando il nuovo cantico, per non altro diritto se non perché rimasero vergini. E tuttavia essi non devono ritenere con questo di essere migliori dei santi Padri antichi, che usarono delle nozze, per così dire, in maniera nuziale. L'uso delle nozze comporta infatti che oltrepassare in esse con l'unione carnale la necessità di procreare costituisce una contaminazione, benché non grave. Infatti che cosa purifica l'indulgenza, se l'eccesso carnale non è affatto colpevole? Ma sarebbe strano se i giovani che seguono l'Agnello fossero immuni da questa contaminazione, salvo il caso che siano rimasti vergini.
Si conclude la confutazione degli eretici (24, 32 - 26, 35)
Riepilogo dei tre beni del matrimonio.
24. 32. Dunque il bene del matrimonio presso tutte le genti e tutti gli uomini consiste nello scopo della generazione e nella casta fedeltà; ma per ciò che riguarda il popolo di Dio vi si aggiunge la santità del sacramento, per la quale non è lecito a una donna risposarsi dopo il ripudio, finché il marito vive, nemmeno se lo fa soltanto per avere figli. Pur essendo la generazione il solo fine delle nozze, anche se si fallisce lo scopo per cui si è compiuto il matrimonio il vincolo nuziale non si scioglie, a meno che uno dei due coniugi non venga a mancare. Allo stesso modo, se si fa un'ordinazione sacerdotale per raccogliere una comunità di fedeli, anche se non ne risulta effettivamente la raccolta, in quelli che sono stati ordinati il sacramento dell'ordinazione rimane comunque. E se per una qualche colpa uno di essi vene rimosso dal suo ufficio, non gli si potrà mai togliere il suggello del Signore, che una volta imposto, permane fino al momento del giudizio. Dunque il matrimonio avviene allo scopo della generazione, e lo testimonia l'Apostolo che dice: Voglio che le [vedove ancora] giovani si risposino 77. E come se gli venisse domandato: A quale scopo? Subito specifica: perché abbiano figli e siano madri di famiglia 78. Riguarda invece l'osservanza della castità la frase: Non è la moglie che ha potestà sul proprio corpo, ma il marito; e ugualmente non è il marito che ha potestà sul proprio corpo, ma la moglie 79. E per la santità del sacramento dice: La donna non si separi dal marito; ma se si separa, non si risposi o si riconcili con lui; e l'uomo non ripudi la moglie 80. Ecco dunque tutti i beni grazie ai quali le nozze stesse sono un bene: la prole, la fedeltà, il sacramento. Ma ormai ai giorni nostri è senz'altro preferibile e più santo non cercare prole carnale, conservarsi perciò liberi definitivamente da ogni interesse di tal genere e sottomettersi in spirito a Cristo come all'unico sposo. Tuttavia di questa liberazione dai doveri coniugali gli uomini dovranno usare così come è stato scritto, per pensare alle cose del Signore e per piacere al Signore 81: cioè la continenza dovrà sempre badare a non mettere in secondo piano l'obbedienza. Infatti è questa che i santi Padri esercitarono di fatto, come matrice, per così dire, primaria e assolutamente generale di ogni altra virtù. Si limitarono invece a serbare la continenza come disposizione abituale dell'animo, essi che, per l'obbedienza in virtù della quale erano giusti e santi e sempre pronti ad ogni buona opera, avrebbero senz'altro obbedito anche se fosse stato loro comandato di astenersi da ogni relazione carnale. Infatti quanto più facilmente, per ordine o per esortazione di Dio, avrebbero potuto rinunciare ad ogni rapporto, se per obbedienza erano disposti a sacrificare la prole che di quei rapporti costituiva l'unico scopo!
Si conclude la difesa dei Patriarchi contro gli eretici.
25. 33. Stando così le cose, si è risposto più che abbastanza agli eretici, siano essi manichei o quanti altri rimproverano ingiustamente la poligamia ai Padri dell'Antico Testamento, ritenendo essere questa la prova per dimostrare la loro incontinenza. Essi al contrario devono convincersi che ciò che i Patriarchi facevano non andava contro natura, perché si univano alle loro donne non per lascivia ma per generare; non andava contro il costume, perché a quei tempi queste cose si facevano normalmente; non andava contro un precetto, perché nessuna legge lo proibiva: dunque non era peccato. Quelli poi che avevano rapporti illeciti è la stessa sentenza divina che li dichiara colpevoli nelle Scritture; oppure attraverso la lettura ci sono proposti perché li giudichiamo un esempio da evitare, non da approvare e da imitare.
Esortazione ai coniugati a non paragonarsi ai santi Padri.
26. 34. Dunque noi esortiamo con tutte le nostre forze i fedeli sposati a non giudicare temerariamente quei santi Padri in base alla propria debolezza, mettendo se stessi in paragone con se stessi 82, come dice l'Apostolo. Per questo non capiscono quante risorse possa avere l'animo che si dedica alla giustizia contro le passioni, per non soggiacere a tali tendenze carnali ed impedire che esse si spingano nei rapporti sessuali oltre la necessità della generazione, secondo quanto prescrivono l'ordine della natura, le usanze della morale e le norme della legge. Certo gli uomini interpretano malamente la condotta dei santi Padri perché essi stessi o scelsero le nozze per incontinenza o commettono eccessi nel matrimonio. Certo, sia gli uomini che le donne che restarono continenti dopo la morte dei rispettivi coniugi, sia le coppie che di comune accordo dedicarono a Dio la loro continenza, sappiano che a loro si deve una ricompensa più grande di quella che richiede la castità coniugale. Però non disprezzino le nozze dei santi Padri, paragonandole alla loro decisione; ma anzi senza esitare le antepongano ad essa, perché quelli si univano profeticamente, nell'unione non cercavano se non la prole, e nella prole stessa non intendevano altro che favorire la futura incarnazione di Cristo.
Coloro che fanno voto di restare vergini sono esortati all'umiltà.
26. 35. In particolar modo le nostre esortazioni sono rivolte ai giovani e alle fanciulle che dedicano a Dio la loro verginità; essi siano consapevoli di dover circondare il tempo della loro vita terrena di un'umiltà tanto più grande quanto più appartiene al cielo quello che hanno dedicato. Appunto è stato scritto: Quanto più sei grande, tanto più umiliati in tutte le cose 83. Dunque a noi spetta parlare della loro grandezza, a loro pensare a una grande umiltà. Dobbiamo escludere dunque il paragone con alcuni di quei santi che si sposarono e furono padri e madri: essi, benché non siano sposati, non sono superiori a loro, perché, se fossero sposati, non sarebbero neppure pari. Ma siano certi che superano assolutamente tutti quelli della nostra età che sono sposati o che hanno scelto la continenza dopo aver sperimentato il matrimonio; e li superano non di quanto Anna supera Susanna, ma di quanto Maria supera entrambe. Mi riferisco naturalmente solo a ciò che riguarda la santa integrità della carne: infatti chi non conosce gli altri meriti di Maria? Dunque questi giovani adottino i costumi che si accordano a una scelta tanto elevata ed avranno la completa sicurezza di una splendida ricompensa. Infatti sanno bene che essi stessi e tutti i fedeli, diletti ed eletti membri di Cristo, provenendo in gran numero da Oriente e da Occidente, risplenderanno di una luce di gloria diversa in proporzione ai loro meriti; ma il grande premio comune sarà di sedere a mensa nel regno di Dio con Abramo, Isacco e Giacobbe 84
RIFLETTIAMO INSIEME
L’obbedienza è la madre di tutte le virtù
S. Agostino fa il paragone tra il matrimonio e la castità consacrata.
Si tratta di due stati di vita che non vanno messi a confronto perché sono due vocazioni, tutte e due orientati alla santità. La scelta non è lasciata all’uomo ma a Dio che, fin dal seno materno progetta per la creatura che chiama alla vita. All’uomo è riservata l’accoglienza e la possibilità di rifiuto. La riuscita di entrambi gli stati di vita dipende non dalla superiorità di uno stato sull’altro ma da come il ognuno di noi vive la sua vocazione. Se un coniugato vive santamente il suo stato può raggiungere un alto grado di santità, mentre se il religioso, chiamatoo alla castità per il Regno non vive santamente la sua consacrazione, può non raggiungere lo stesso grado di santità. Le vocazioni dipendono dal fatto che “nella Casa del Padre ci sono molte mansioni” e tutte contribuiscono all’armonia del Regno. La cosa veramente importante è l’obbedienza alla volontà di Dio su di noi.
S. Agostino mette a paragone la verginità e la castità che sembrano sinonimi ma non lo sono, perché per “castità” s’intende vivere la propria sessualità nell’ordine e l’ordine è dato dal VI comandamento: “Non fornicare” E questo implica l’uso responsabile ed equilibrato della sessualità: Vieta l’adulterio e ogni tipo di relazione sessuale illecita anche nella coppia. Quindi si tratta di un comandamento che interpella tutti.
La “verginità”, al contrario, non è un comandamento ma un consiglio: “Ma se vuoi essere perfetto, vendi tutto, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi”. E’ un invito ad abbracciare il progetto di Gesù , a continuare la sua opera nel mondo, quindi uno sposalizio mistico con Gesù e perciò incompatibile con il matrimonio con un’altra persona. Potremmo chiamarla una chiamata di elezione? Sicuramente, ma proprio perché è una selezione a continuare l’opera di Gesù nel mondo, è una chiamata alla santità a 360 gradi e quindi il popolo di Dio dai consacrati si attende una vita esemplare, che sia per loro richiamo ad elevare il cuore a Dio. Se questo non avviene si diventa “sale insipido” che non serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente” ovviamente anche il matrimonio se perde le sue caratteristiche di fedeltà, di unicità, di responsabilità diventa inutile e dannoso per se stesso, per la sua famiglia, per la comunità.
Quindi l’obbedienza ai precetti divini e, per i vergini anche ai consigli evangelici, fa i santi.
I Patriarchi superano i contemporanei
Il confronto con i Patriarchi non regge perché per loro la generatività era un comando divino, almeno così lo avevano interpretato. Per cui non era tanto importante avere un figlio dalla moglie o da chi, ma avere un figlio per educarlo alla conoscenza del Dio unico. Era come educare figli a Dio. Anche se dal lamento di Abramo capiamo che l’anima ricorda sempre l’ordine divino. Infatti aveva accettato anche di avere un figlio dalla schiava Agar, che chiamò Ismaele, ma sapeva che il vero matrimonio era quello con Sara, ma aveva accettato di avere un figlio dalla schiava, pensando che quella era la forma scelta da Dio per realizzare le sue promesse
“Dopo tali fatti, questa parola del Signore fu rivolta ad Abram in visione: «Non temere Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Mio Signore Dio, che mi darai? Io me ne vado senza figli e l'erede della mia casa è Eliezer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non costui sarà il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Genesi 15:1-5
Oggi ci sono di quelli che vivono la castità matrimoniale o addirittura vivono la verginità per il Regno, ma non hanno la fede di Abramo e degli altri Patriarchi, per cui la loro vita, pur essendo qualitativamente più perfetta, perché seguono il consiglio, non è altrettanto coerente per la fede.
Nell’Apocalisse si dice che chi consacrò a Dio la sua verginità, “seguirà l’Agnello dovunque vada e canterà il canto nuovo”, mentre gli altri saranno la “moltitudine immensa che avranno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello” ma se questi ultimi avranno risposto alla fede con maggior determinazione, saranno più santi dei vergini pur vivendo nel matrimonio.
I tre beni del Matrimonio
Il 1° bene del Matrimonio è generare i figli, il 2* è la castità coniugale, cioè la fedeltà ad un solo uomo/donna, ma per chi si sposa nel Signore con 3* il sacramento del matrimonio, anche se ripudiata, la donna non può risposarsi finché il marito vive, neanche se lo facesse per avere dei figli, perché il vincolo nuziale si scioglie solo con la morte del coniuge. Lo stesso si dice dell’Ordinazione sacerdotale: anche se per indegnità, un sacerdote venisse rimosso dall’ufficio, non gli si può togliere il sacerdozio, perché permane fino al giorno del giudizio. I sacramenti sono vincolanti. La persona sposata, comunque, non è più padrona del suo corpo, soggetto anch’esso all’offerta matrimoniale, che è l’unica forma di amore che include anche il corpo. Per cui anche nel caso in cui uno dei coniugi si separa dall’altro, non può passare a nuove nozze, perché il sacramento non lo permette.
Dunque i beni del matrimonio sono: 1. La prole; 2. La fedeltà; 3. Il sacramento. Comunque la cosa più importante, a imitazione dei santi Padri, è fare la volontà di Dio. Essi avrebbero sacrificato anche la prole per compiacere a Dio.
S. Agostino ha fatto tutta questa disquisizione sul matrimonio dei Patriarchi e sui matrimoni cristiani, perché nella Chiesa si era infiltrata l’eresia Manichea che riteneva che non vi possono essere due verità entrambi buone, cioè il matrimonio dei Patriarchi, che ammetteva anche la poligamia e il divorzio e il Matrimonio risanato da Gesù Cristo e reso sacramento.
Ma Gesù è venuto a perfezionare e perciò + chiaro che ci siano differenze ma questo non ci autorizza a condannare chi viveva una legislazione che non li condannava.
Quindi, secondo S. Agostino sarebbe temerario giudicare i Padri che non sono giudicati da Dio. Gesù è venuto proprio a rimettere ordine e a perfezionare la legge, anche in forza della grazia, che è l’aiuto che ci viene dal sacramento e che i Patriarchi non avevano.
S. Agostino ha anche affrontato il paragone tra la verginità consacrata e il matrimonio, perché Gesù stesso considera la verginità un di più, avendone fatto solo un consiglio e non un precetto. La verginità è sicuramente più perfetta se vissuta nella fedeltà a Cristo: casto, povero e ubbidiente, ma a parità di incoerenza: matrimonio per soddisfare la libidine e la consacrazione vissuta stancamente, la differenza è nulla. Gesù premierà che avrà vissuto la sua fedeltà vocazionale con impegno e sacrificio.
Esortazione all’umiltà
A tutti è fatto voto di rimanere nell’umiltà, ponendo la propria vocazione nelle mani di Dio, confidando nell’aiuto della grazia nei momenti in cui siamo messi alla prova. Questo è richiesto in modo speciale ai religiosi che si pongono su un piano di perfezione evangelica.
Superiori ai religiosi stessi sono i coniugi che di comune accordo, si decidessero a vivere la continenza, che per il loro stato è un sacrificio maggiore. Maria, pur vivendo in matrimonio con Giuseppe, restò vergine proprio per la fedeltà a Dio, che l’aveva resa Madre senza concorso umano. Giuseppe visse in castità, consapevole della dignità della sua missione di protettore della verginità di Maria e di custode di Gesù. I meriti di Giuseppe sono grandi perché lui non aveva l’immunità dalla colpa di origine come Maria, ma per la grande consapevolezza della sua missione, faceva tacere ogni altro desiderio.
In sintesi non è importante la missione a cui siamo chiamati ma il modo consapevole di viverla, facendo tacere ogni richiamo della natura e sottomettendosi alla grazia.
Quando lo spirito è forte, la carne tace, l’orgoglio tace, tutte le altre esigenze si annullano. Quando la grazia è presente in noi tutto è possibile in Colui che ci dà forza. S. Paolo pregò per essere liberato dalla sua tentazione, ma Gesù gli disse: “Ti basta la mia grazia” Il sentire non è peccato, è peccato l’acconsentire. Il sentire e non acconsentire è virtù. Usiamo tutti i mezzi della grazia e “nulla ci separerà dall’amore di Dio”: