CAPITOLO PRIMO
LA CHIAMATA ALLA SANTITÀ
I santi che ci incoraggiano e ci accompagnano
3. Nella Lettera agli Ebrei si menzionano diversi testimoni che ci incoraggiano a «[correre] con perseveranza nella corsa che ci sta davanti» (12,1). Lì si parla di Abramo, di Sara, di Mosè, di Gedeone e di altri ancora (cfr 11,1-12,3) e soprattutto siamo invitati a riconoscere che siamo «circondati da una moltitudine di testimoni» (12,1) che ci spronano a non fermarci lungo la strada, ci stimolano a continuare a camminare verso la meta. E tra di loro può esserci la nostra stessa madre, una nonna o altre persone vicine (cfr 2 Tm 1,5). Forse la loro vita non è stata sempre perfetta, però, anche in mezzo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e sono piaciute al Signore.
4. I santi che già sono giunti alla presenza di Dio mantengono con noi legami d’amore e di comunione. Lo attesta il libro dell’Apocalisse quando parla dei martiri che intercedono: «Vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano reso. E gridarono a gran voce: “Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e veritiero, non farai giustizia?”» (6,9-10). Possiamo dire che «siamo circondati, condotti e guidati dagli amici di Dio. […] Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta».[1]
5. Nei processi di beatificazione e canonizzazione si prendono in considerazione i segni di eroicità nell’esercizio delle virtù, il sacrificio della vita nel martirio e anche i casi nei quali si sia verificata un’offerta della propria vita per gli altri, mantenuta fino alla morte. Questa donazione esprime un’imitazione esemplare di Cristo, ed è degna dell’ammirazione dei fedeli.[2] Ricordiamo, ad esempio, la beata Maria Gabriella Sagheddu, che ha offerto la sua vita per l’unità dei cristiani.
I santi della porta accanto
6. Non pensiamo solo a quelli già beatificati o canonizzati. Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto nel santo popolo fedele di Dio, perché «Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità».[3] Il Signore, nella storia della salvezza, ha salvato un popolo. Non esiste piena identità senza appartenenza a un popolo. Perciò nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità umana: Dio ha voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo.
7. Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”.[4]
8. Lasciamoci stimolare dai segni di santità che il Signore ci presenta attraverso i più umili membri di quel popolo che «partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di Lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità».[5] Pensiamo, come ci suggerisce santa Teresa Benedetta della Croce, che mediante molti di loro si costruisce la vera storia: «Nella notte più oscura sorgono i più grandi profeti e i santi. Tuttavia, la corrente vivificante della vita mistica rimane invisibile. Sicuramente gli avvenimenti decisivi della storia del mondo sono stati essenzialmente influenzati da anime sulle quali nulla viene detto nei libri di storia. E quali siano le anime che dobbiamo ringraziare per gli avvenimenti decisivi della nostra vita personale, è qualcosa che sapremo soltanto nel giorno in cui tutto ciò che è nascosto sarà svelato».[6]
9. La santità è il volto più bello della Chiesa. Ma anche fuori della Chiesa Cattolica e in ambiti molto differenti, lo Spirito suscita «segni della sua presenza, che aiutano gli stessi discepoli di Cristo».[7] D’altra parte, san Giovanni Paolo II ci ha ricordato che «la testimonianza resa a Cristo sino allo spargimento del sangue è divenuta patrimonio comune di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti».[8] Nella bella commemorazione ecumenica che egli volle celebrare al Colosseo durante il Giubileo del 2000, sostenne che i martiri sono «un’eredità che parla con una voce più alta dei fattori di divisione».[9]
Il Signore chiama
10. Tutto questo è importante. Tuttavia, quello che vorrei ricordare con questa Esortazione è soprattutto la chiamata alla santità che il Signore fa a ciascuno di noi, quella chiamata che rivolge anche a te: «Siate santi, perché io sono santo» (Lv 11,44; 1 Pt 1,16). Il Concilio Vaticano II lo ha messo in risalto con forza: «Muniti di salutari mezzi di una tale abbondanza e di una tale grandezza, tutti i fedeli di ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, a una santità la cui perfezione è quella stessa del Padre celeste».[10]
11. «Ognuno per la sua via», dice il Concilio. Dunque, non è il caso di scoraggiarsi quando si contemplano modelli di santità che appaiono irraggiungibili. Ci sono testimonianze che sono utili per stimolarci e motivarci, ma non perché cerchiamo di copiarle, in quanto ciò potrebbe perfino allontanarci dalla via unica e specifica che il Signore ha in serbo per noi. Quello che conta è che ciascun credente discerna la propria strada e faccia emergere il meglio di sé, quanto di così personale Dio ha posto in lui (cfr 1 Cor 12,7) e non che si esaurisca cercando di imitare qualcosa che non è stato pensato per lui. Tutti siamo chiamati ad essere testimoni, però esistono molte forme esistenziali di testimonianza.[11] Di fatto, quando il grande mistico san Giovanni della Croce scriveva il suo Cantico spirituale, preferiva evitare regole fisse per tutti e spiegava che i suoi versi erano scritti perché ciascuno se ne giovasse «a modo suo».[12] Perché la vita divina si comunica ad alcuni in un modo e ad altri in un altro.[13]
12. Tra le diverse forme, voglio sottolineare che anche il “genio femminile” si manifesta in stili femminili di santità, indispensabili per riflettere la santità di Dio in questo mondo. E proprio anche in epoche nelle quali le donne furono maggiormente escluse, lo Spirito Santo ha suscitato sante il cui fascino ha provocato nuovi dinamismi spirituali e importanti riforme nella Chiesa. Possiamo menzionare santa Ildegarda di Bingen, santa Brigida, santa Caterina da Siena, santa Teresa d’Avila o Santa Teresa di Lisieux. Ma mi preme ricordare tante donne sconosciute o dimenticate le quali, ciascuna a modo suo, hanno sostenuto e trasformato famiglie e comunità con la forza della loro testimonianza.
13. Questo dovrebbe entusiasmare e incoraggiare ciascuno a dare tutto sé stesso, per crescere verso quel progetto unico e irripetibile che Dio ha voluto per lui o per lei da tutta l’eternità: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato» (Ger 1,5).
Anche per te
14. Per essere santi non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova.
- Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione.
- Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa.
- Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli.
- Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù.
- Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali.[14]
15. Lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità. Lascia che tutto sia aperto a Dio e a tal fine scegli Lui, scegli Dio sempre di nuovo. Non ti scoraggiare, perché hai la forza dello Spirito Santo affinché sia possibile, e la santità, in fondo, è il frutto dello Spirito Santo nella tua vita (cfr Gal 5,22-23). Quando senti la tentazione di invischiarti nella tua debolezza, alza gli occhi al Crocifisso e digli: “Signore, io sono un poveretto, ma tu puoi compiere il miracolo di rendermi un poco migliore”. Nella Chiesa, santa e composta da peccatori, troverai tutto ciò di cui hai bisogno per crescere verso la santità. Il Signore l’ha colmata di doni con la Parola, i Sacramenti, i santuari, la vita delle comunità, la testimonianza dei santi, e una multiforme bellezza che procede dall’amore del Signore, «come una sposa si adorna di gioielli» (Is 61,10).
16. Questa santità a cui il Signore ti chiama andrà crescendo mediante piccoli gesti. Per esempio: una signora va al mercato a fare la spesa, incontra una vicina e inizia a parlare, e vengono le critiche. Ma questa donna dice dentro di sé: “No, non parlerò male di nessuno”. Questo è un passo verso la santità. Poi, a casa, suo figlio le chiede di parlare delle sue fantasie e, anche se è stanca, si siede accanto a lui e ascolta con pazienza e affetto. Ecco un’altra offerta che santifica. Quindi sperimenta un momento di angoscia, ma ricorda l’amore della Vergine Maria, prende il rosario e prega con fede. Questa è un’altra via di santità. Poi esce per strada, incontra un povero e si ferma a conversare con lui con affetto. Anche questo è un passo avanti.
17. A volte la vita presenta sfide più grandi e attraverso queste il Signore ci invita a nuove conversioni che permettono alla sua grazia di manifestarsi meglio nella nostra esistenza «allo scopo di farci partecipi della sua santità» (Eb 12,10). Altre volte si tratta soltanto di trovare un modo più perfetto di vivere quello che già facciamo: «Ci sono delle ispirazioni che tendono soltanto ad una straordinaria perfezione degli esercizi ordinari della vita cristiana».[15] Quando il Cardinale Francesco Saverio Nguyên Van Thuân era in carcere, rinunciò a consumarsi aspettando la liberazione. La sua scelta fu: «vivo il momento presente, colmandolo di amore»; e il modo con il quale si concretizzava questo era: «afferro le occasioni che si presentano ogni giorno, per compiere azioni ordinarie in un modo straordinario».[16]
18. Così, sotto l’impulso della grazia divina, con tanti gesti andiamo costruendo quella figura di santità che Dio ha voluto per noi, ma non come esseri autosufficienti bensì «come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio» (1 Pt 4,10). Bene hanno insegnato i Vescovi della Nuova Zelanda che è possibile amare con l’amore incondizionato del Signore perché il Risorto condivide la sua vita potente con le nostre fragili vite: «Il suo amore non ha limiti e una volta donato non si è mai tirato indietro. E’ stato incondizionato ed è rimasto fedele. Amare così non è facile perché molte volte siamo tanto deboli. Però, proprio affinché possiamo amare come Lui ci ha amato, Cristo condivide la sua stessa vita risorta con noi. In questo modo, la nostra vita dimostra la sua potenza in azione, anche in mezzo alla debolezza umana».[17]
La tua missione in Cristo
19. Per un cristiano non è possibile pensare alla propria missione sulla terra senza concepirla come un cammino di santità, perché «questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione» (1 Ts 4,3). Ogni santo è una missione; è un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento determinato della storia, un aspetto del Vangelo.
20. Tale missione trova pienezza di senso in Cristo e si può comprendere solo a partire da Lui. In fondo, la santità è vivere in unione con Lui i misteri della sua vita. Consiste nell’unirsi alla morte e risurrezione del Signore in modo unico e personale, nel morire e risorgere continuamente con Lui. Ma può anche implicare di riprodurre nella propria esistenza diversi aspetti della vita terrena di Gesù: la vita nascosta, la vita comunitaria, la vicinanza agli ultimi, la povertà e altre manifestazioni del suo donarsi per amore. La contemplazione di questi misteri, come proponeva sant’Ignazio di Loyola, ci orienta a renderli carne nelle nostre scelte e nei nostri atteggiamenti.[18] Perché «tutto nella vita di Gesù è segno del suo mistero»,[19] «tutta la vita di Cristo è Rivelazione del Padre»,[20] «tutta la vita di Cristo è mistero di Redenzione»,[21] «tutta la vita di Cristo è mistero di ricapitolazione»,[22] e «tutto ciò che Cristo ha vissuto fa sì che noi possiamo viverlo in Lui e che Egli lo viva in noi».[23]
21. Il disegno del Padre è Cristo, e noi in Lui. In definitiva, è Cristo che ama in noi, perché «la santità non è altro che la carità pienamente vissuta».[24] Pertanto, «la misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua».[25] Così, ciascun santo è un messaggio che lo Spirito Santo trae dalla ricchezza di Gesù Cristo e dona al suo popolo.
22. Per riconoscere quale sia quella parola che il Signore vuole dire mediante un santo, non conviene soffermarsi sui particolari, perché lì possono esserci anche errori e cadute. Non tutto quello che dice un santo è pienamente fedele al Vangelo, non tutto quello che fa è autentico e perfetto. Ciò che bisogna contemplare è l’insieme della sua vita, il suo intero cammino di santificazione, quella figura che riflette qualcosa di Gesù Cristo e che emerge quando si riesce a comporre il senso della totalità della sua persona.[26]
23. Questo è un forte richiamo per tutti noi. Anche tu hai bisogno di concepire la totalità della tua vita come una missione. Prova a farlo ascoltando Dio nella preghiera e riconoscendo i segni che Egli ti offre. Chiedi sempre allo Spirito che cosa Gesù si attende da te in ogni momento della tua esistenza e in ogni scelta che devi fare, per discernere il posto che ciò occupa nella tua missione. E permettigli di plasmare in te quel mistero personale che possa riflettere Gesù Cristo nel mondo di oggi.
24. Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita. Lasciati trasformare, lasciati rinnovare dallo Spirito, affinché ciò sia possibile, e così la tua preziosa missione non andrà perduta. Il Signore la porterà a compimento anche in mezzo ai tuoi errori e ai tuoi momenti negativi, purché tu non abbandoni la via dell’amore e rimanga sempre aperto alla sua azione soprannaturale che purifica e illumina.
L’attività che santifica
25. Poiché non si può capire Cristo senza il Regno che Egli è venuto a portare, la tua stessa missione è inseparabile dalla costruzione del Regno: «Cercate innanzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 6,33). La tua identificazione con Cristo e i suoi desideri implica l’impegno a costruire, con Lui, questo Regno di amore, di giustizia e di pace per tutti. Cristo stesso vuole viverlo con te, in tutti gli sforzi e le rinunce necessari, e anche nelle gioie e nella fecondità che ti potrà offrire. Pertanto non ti santificherai senza consegnarti corpo e anima per dare il meglio di te in tale impegno.
26. Non è sano amare il silenzio ed evitare l’incontro con l’altro, desiderare il riposo e respingere l’attività, ricercare la preghiera e sottovalutare il servizio. Tutto può essere accettato e integrato come parte della propria esistenza in questo mondo, ed entra a far parte del cammino di santificazione. Siamo chiamati a vivere la contemplazione anche in mezzo all’azione, e ci santifichiamo nell’esercizio responsabile e generoso della nostra missione.
27. Forse che lo Spirito Santo può inviarci a compiere una missione e nello stesso tempo chiederci di fuggire da essa, o che evitiamo di donarci totalmente per preservare la pace interiore? Tuttavia, a volte abbiamo la tentazione di relegare la dedizione pastorale e l’impegno nel mondo a un posto secondario, come se fossero “distrazioni” nel cammino della santificazione e della pace interiore. Si dimentica che «non è che la vita abbia una missione, ma che è missione».[27]
28. Un impegno mosso dall’ansietà, dall’orgoglio, dalla necessità di apparire e di dominare, certamente non sarà santificante. La sfida è vivere la propria donazione in maniera tale che gli sforzi abbiano un senso evangelico e ci identifichino sempre più con Gesù Cristo. Da qui il fatto che si parli spesso, ad esempio, di una spiritualità del catechista, di una spiritualità del clero diocesano, di una spiritualità del lavoro. Per la stessa ragione, in Evangelii gaudium ho voluto concludere con una spiritualità della missione, in Laudato si’ con una spiritualità ecologica e in Amoris laetitia, con una spiritualità della vita familiare.
29. Questo non implica disprezzare i momenti di quiete, solitudine e silenzio davanti a Dio. Al contrario. Perché le continue novità degli strumenti tecnologici, l’attrattiva dei viaggi, le innumerevoli offerte di consumo, a volte non lasciano spazi vuoti in cui risuoni la voce di Dio. Tutto si riempie di parole, di piaceri epidermici e di rumori ad una velocità sempre crescente. Lì non regna la gioia ma l’insoddisfazione di chi non sa per che cosa vive. Come dunque non riconoscere che abbiamo bisogno di fermare questa corsa febbrile per recuperare uno spazio personale, a volte doloroso ma sempre fecondo, in cui si intavola il dialogo sincero con Dio? In qualche momento dovremo guardare in faccia la verità di noi stessi, per lasciarla invadere dal Signore, e non sempre si ottiene questo se uno «non viene a trovarsi sull’orlo dell’abisso, della tentazione più grave, sulla scogliera dell’abbandono, sulla cima solitaria dove si ha l’impressione di rimanere totalmente soli».[28] In questo modo troviamo le grandi motivazioni che ci spingono a vivere fino in fondo i nostri compiti.
30. Gli stessi strumenti di svago che invadono la vita attuale ci portano anche ad assolutizzare il tempo libero, nel quale possiamo utilizzare senza limiti quei dispositivi che ci offrono divertimento e piaceri effimeri.[29] Come conseguenza, è la propria missione che ne risente, è l’impegno che si indebolisce, è il servizio generoso e disponibile che inizia a ridursi. Questo snatura l’esperienza spirituale. Può essere sano un fervore spirituale che conviva con l’accidia nell’azione evangelizzatrice o nel servizio agli altri?
31. Ci occorre uno spirito di santità che impregni tanto la solitudine quanto il servizio, tanto l’intimità quanto l’impegno evangelizzatore, così che ogni istante sia espressione di amore donato sotto lo sguardo del Signore. In questo modo, tutti i momenti saranno scalini nella nostra via di santificazione.
Più vivi, più umani
32. Non avere paura della santità. Non ti toglierà forze, vita e gioia. Tutto il contrario, perché arriverai ad essere quello che il Padre ha pensato quando ti ha creato e sarai fedele al tuo stesso essere. Dipendere da Lui ci libera dalle schiavitù e ci porta a riconoscere la nostra dignità. Questa realtà si riflette in santa Giuseppina Bakhita, che fu «resa schiava e venduta come tale alla tenera età di sette anni, soffrì molto nelle mani di padroni crudeli. Tuttavia comprese la verità profonda che Dio, e non l’uomo, è il vero padrone di ogni essere umano, di ogni vita umana. Questa esperienza divenne fonte di grande saggezza per questa umile figlia d’Africa».[30]
33. Ogni cristiano, nella misura in cui si santifica, diventa più fecondo per il mondo. I Vescovi dell’Africa Occidentale ci hanno insegnato: «Siamo chiamati, nello spirito della nuova evangelizzazione, ad essere evangelizzati e a evangelizzare mediante la promozione di tutti i battezzati, affinché assumiate i vostri ruoli come sale della terra e luce del mondo dovunque vi troviate».[31]
34. Non avere paura di puntare più in alto, di lasciarti amare e liberare da Dio. Non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. La santità non ti rende meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia. In fondo, come diceva León Bloy, nella vita «non c’è che una tristezza, […] quella di non essere santi».[32]