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GENNAIO 2018

     

 

TRAGUARDO DEL CRISTIANO

Efesini 4,1-16

 “Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo sta scritto:

Ascendendo in cielo ha portato con sé prigionieri,

ha distribuito doni agli uomini.

Ma che significa la parola «ascese», se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose.

È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo. Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore. Al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità”.

(Ef 4:1-16)

Dignità del battezzato

            Paolo è prigioniero a Roma; è agli arresti domiciliari in attesa di giudizio. E’ una situazione di disagio, ma lui non pensa a se stesso ma continua la sua missione di evangelizzazione e, oltre ad annunciare la Parola di salvezza ai Romani scrive agli Efesini, raccomandando loro di vivere all’altezza della vocazione ricevuta. Sono battezzati, si sono immersi nell’acqua che ha lavato i peccati dell’uomo vecchio si sono rivestiti della veste candida, segno della loro nuova identità di cristiani e quindi della nuova dignità di figli di Dio, fratelli di Gesù  ed eredi del Regno dei cieli: hanno fatto un salto di qualità! Questa nuova identità non li autorizza a sentirsi superiori agli altri ma li obbliga ad identificarsi con Gesù, che li ha lavati con il Suo Sangue e li ha rigenerati ad una vita plasmata sulla Sua.

            E’ una nuova vocazione.

Ogni vocazione ha come fine una missione a beneficio dell’intero corpo mistico che è la Chiesa. Per questo Paolo ci esorta a vivere secondo la vocazione santa che abbiamo ricevuto, perché quella è la nostra missione.

Ne deriva un modo nuovo di comportarsi nelle relazioni reciproche. con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace”.

            Non ci si può più comportare secondo i criteri della giustizia umana: “Tanto mi dai, tanto ti do”. Questi sono i criteri della giustizia retributiva, ma il Battesimo ci ha fatto entrare in una Famiglia speciale, la Famiglia di Dio, per cui abbiamo: Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti”.

Una ragazza che sposa un re, diventa regina e quindi eleva la sua dignità, noi, che siamo stati inseriti in Cristo abbiamo acquistato una dignità divina.

 

Compito specifico di ogni battezzato

Ovviamente pur avendo tutti la stessa dignità, nel grande corpo mistico ognuno ha il suo ruolo, stabilito sempre da Gesù.

È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo”.

Perché questa diversità di ruoli? perché come nel nostro corpo ci sono molte membra che ci permettono di vivere secondo la nostra specificità di essere pensanti e amanti, così nel Corpo Mistico di Gesù ci sono molte funzioni. Queste funzioni sono tutte importanti, di per sé non creano una gerarchia d’importanza perché in questo corpo spirituale la gerarchia d’importanza la crea solo la fedeltà nella risposta: Sarà più santo, avrà più gloria e darà maggior gloria a Dio chi avrà assolto il suo ruolo con maggiore fedeltà e maggiore amore.

 

Traguardo del cristiano

Il compito che ci è stato affidato è insindacabile, lo sceglie Dio prima della nostra nascita nel seno materno e Lui stesso ci correda delle doti necessarie per assolvere il nostro compito ma poi la realizzazione dipende da noi, e noi non siamo sempre fedeli, perciò S. Paolo ci stimola a rispondere responsabilmente alla missione che ci è stata affidata.

E tutto questo: “Affinché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo”.

Non è davvero poco quello che ci viene richiesto: se siamo corpo di Cristo, dobbiamo comportarci come si comporta Cristo, altrimenti creiamo un disordine, una disarmonia.

La misura che S. Paolo ci dà è quella di raggiungere la statura di Cristo, cioè un processo di crescita che ci porta alla piena maturità umana, psicologica e spirituale. Questo percorso è possibile, molte persone l’hanno fatto e lo fanno con un impegno costante. Questo percorso può anche includere momenti di cadute, di scoraggiamento, di smarrimento e questo non può farci meraviglia, sono traguardi da conquistare faticosamente, non semplici tappe programmate che non richiedono sforzo, ma si può fare perché Dio è disposto a sostenerci con la sua grazia.

 

Responsabilità personale

“Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore”.

            Anche al tempo di Paolo c’erano persone che avevano idee diverse da quelle di Gesù e cercavano di convincere anche altri ad accettare le loro idee. Inoltre Paolo parlava agli Efesini e, al tempo di Paolo nelle agorà, nelle piazze, gli uomini si radunavano per filosofeggiare, confrontavano le loro idee, limavano il pensiero, erano cercatori della verità e questo non è male, oggi le filosofie anche  più lontane dalla verità circolano indisturbate perché non c’è un vaglio critico e danneggiano soprattutto i giovani che accolgono empaticamente ciò che la cultura attuale propone. Paolo mette in guardia i cristiani a valutare le varie filosofie del tempo, a maggior ragione lo direbbe oggi quando il pensiero ha proprio operato uno stacco dal retto pensare.

            E questo perché: “Vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità”.

            Ecco, Paolo ci dice che dobbiamo impegnarci a vitalizzare questo grande Corpo Mistico che formiamo, respirando l’alito divino e crescere nella carità che è vita di questo corpo, ognuno nella mansione che gli è stata affidata e ognuno secondo il momento particolare che sta vivendo di gioia, di dolore, di fecondità, di aridità, di pace, di incomprensione … tutto deve essere santificato nell’offerta quotidiana o almeno settimanale dell’Eucaristia, che ci unisce anche fisicamente al nostro Capo, mettendo nelle nostre vene il suo Sangue prezioso, nutrendoci del suo vero corpo e della sua divinità. Non ci manca davvero nulla per raggiungere i traguardi individuati da Paolo.

 

La vocazione matrimoniale

Il matrimonio è vocazione santa come la consacrazione: i chiamati al matrimonio devono custodire sulla terra l’amore che ha creato la nuova famiglia e la vita che ne è il suo frutto naturale; i consacrati, invece, devono essere per tutti richiamo all’assoluto di Dio, che solo può soddisfare pienamente il cuore umano assetato di verità, di totalità, di amore puro.

            Polo è stato chiamato a testimoniare l’assoluto di Dio, i coniugi sono chiamati a rimanere nell’amore nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia, di considerarsi come immagine di Dio sempre, anche quando il dialogo s’incaglia nei reciproci egoismi e l’incomprensione li rende ostili o per lo meno estranei; quelli sono i momenti in cui si rende necessario rimanere nell’amore generoso e paziente, come per Paolo la fedeltà a Cristo ebbe i suoi momenti eroici nelle persecuzioni.

            Perciò pur nella diversità dei ruoli nel grande Corpo Mistico di Gesù, la finalità è la stessa: dare funzionalità al Corpo di Gesù: se ogni vocazione assolvesse il suo ruolo perfettamente, il Corpo sarebbe in salute e sarebbe efficiente, se qualche parte s’indebolisce e si ammala il corpo soffre e noi sappiamo che anche l’organo più piccolo del corpo, se si ammala, ci fa soffrire e proprio allora scopriamo la sua funzione: pensate se cade un’unghia!

            S. Paolo, dopo la caduta da cavallo (vedi Atti 2,1-20) si dedica senza indugio e senza tentennamenti ad annunziare Cristo Crocifisso e risorto in ambienti non facili: le sinagoghe erano luoghi dove si riuniva il popolo di Dio per ascoltare la parola e formarsi in quella Parola. Lui annuncia che quanto i Patriarchi e i Profeti avevano testimoniato si era realizzato in Gesù di Nazareth; lui, perfetto israelita, ne aveva fatto esperienza.

Doveva essere un annuncio consolante, eppure non trovava accoglienza soprattutto nei cultori della parola, che avevano interpretato l’idea del Messia come quella di un conquistatore, idea era avvincente ma non corrispondeva al modo scelto da Dio. Inoltre avevano fatto del ministero una fonte di guadagno, di sfruttamento dei poveri e di asservimento, e il messaggio evangelico diceva precisamente il contrario e metteva in crisi molte convinzioni egoistiche.

            Paolo paga caramente la sua caduta da cavallo ma non si arrende, ciò che ha visto e sperimentato è troppo grande, troppo bello, troppo vero perché lui si fermi vigliaccamente di fronte alle difficoltà.

            Noi abbiamo capito la nostra vocazione personale?

            La maggior parte delle persone che abitano i nostri paesi, le nostre città, le nostre nazioni vive la situazione matrimoniale e familiare; è nella famiglia che si educano le nuove generazioni, è sul grembo materno che s’impara a dare un nome a quel Dio che il bimbo già conosce per un’esperienza d’anima a noi incomprensibile, infatti il bambino come nasce col suo quoziente intellettuale, nasce anche con un quoziente religioso: il bambino conosce Dio prima che noi glielo riveliamo, non si stupisce quando per la prima volta gli parliamo di questo Ente supremo che lo ama e che lui sente di amare. L’aspetto religioso non è una forzatura o un’imposizione, se la famiglia vive serenamente il suo rapporto con Dio, il bambino lo assorbe e lo fa suo perché gli sembra naturale. Pensate ai vostri bambini: (se la pratica religiosa non è imposta magari mentre sta giocando) se in casa si crea un momento di silenzio per rivolgere a Dio un pensiero, il bambino si unirà spontaneamente e attivamente.

            L’adulto è solo uno specchio per il bambino, guardandolo egli impara  tante cose, da come si mangia, ci si lava, ci si rapporta con i familiari a come ci si rapporta con Dio. I bambini fanno capricci e si rifiutano per tante cose, sono ancora regolati dalle tre concupiscenze, non hanno ancora imparato a gestirle, ma come, con pazienza s’insegna il modo corretto di comportarsi in famiglia e fuori, così bisogna impegnarsi a fargli vivere il rapporto con Dio. Questo è uno dei compiti principali della famiglia e inoltre la religiosità ha un valore enorme per la salute fisica, psichica e spirituale del bambino, trascurare la religiosità significa sbarrargli la strada della mente, la capacità di progettare la vita, la speranza che ogni problema ha una soluzione e la stessa morte è apertura alla vera vita, senza la speranza si può arrivare anche alla disperazione e gli effetti sono devastanti.

            La coppia per assolvere a questo compito deve solo non lasciarsi sfuggire l’amore, per nessuna cosa al mondo. Anche i momenti più difficili si possono vivere rimanendo nell’amore, ma noi, prima dei bambini, dobbiamo imparare l’autocontrollo, la capacità di gestire le nostre pulsioni, che spesso sono provocate da chi amiamo e ci dovrebbe amare.

            Il perdono, la pazienza, l’attesa, la pacificazione del cuore ci aiuteranno in questo compito, ma queste sono virtù, che s’imparano solo alla scuola di Gesù. La coppia non può staccarsi da Dio, se lo fa il suo cuore s’inquina e non è più in grado di offrire un  amore puro, perciò bisogna sempre vigilare alla porta del cuore perché non vi entri nulla di egoistico neanche se è ammantato di giustizia.

            Non è umiliante cedere, pazientare, aspettare, è saggio farlo e chi lo fa rimane nell’amore, chi invece risponde al disamore col disamore, uccide il suo amore e arriva alla divisione, distrugge la famiglia perché spezza il vincolo che la univa. Il peccato è una sorta mi micro bomba atomica personale. L’amore e il peccato sono in antitesi. E’ sempre il peccato, in uno dei suoi aspetti che crea crisi e problemi familiari, ed è sempre il perdono paziente e ricostruttivo, che permette alle storie d’amore di continuare.

            Nella vita matrimoniale ci possono essere crisi, ma devono servire per crescere nell’amore, cercando appunto dentro di noi un amore più grande del problema che si è creato e allora assisteremo alle risurrezioni. Il male crocifigge, ma se sapremo rimanere sulla croce soffrendo, offrendo aspettando, vivremo sì la morte ma poi godremo della risurrezione di un amore più maturo, più vero, più libero da sentimentalismi sterili e ingannatori e ci accorgeremo di aver fatto un salto di qualità.

            I figli possono assistere a queste svolte dell’amore, purché vengano vissute nel rispetto reciproco, nel dialogo costruttivo, nella capacità di cedere anche parte dei propri diritti, perché l’amore comunque vale più di tutte le rivendicazioni dell’orgoglio.

            Così la coppia fa vivere il Corpo Mistico di Gesù proprio quando rimane nell’amore come Gesù sulla croce e riesce a dire: “Padre, perdonalo,/a, perché non sa quello che fa”. Ma questo senza lasciare rimuginamenti dentro ma con cuore libero e sincero. Così si vive la spiritualità coniugale e familiare.

 

QUESTIONARIO PER L’APPROFONDIMENTO PERSONALE

 

    • Hai preso coscienza della tua dignità di battezzato?
    • Ti senti onorato di far parte della Famiglia trinitaria?
    • La Madre Speranza ci diceva che noi facciamo parte di una famiglia distinta, tu ti premuri di far conoscere ai tuoi figli i titoli nobiliari della famiglia cristiana?
    • Quali sono?
    • Vivi all’altezza di questa nobiltà e insegni ai tuoi figli un uguale comportamento cristiano?
    • Hai capito il ruolo che ti è stato affidato nel Corpo di Cristo?
    • T’impegni a custodire l’amore “costi quel che costi” e ad accogliere ed educare la vita?
    • Sapresti individuare i momenti di crescita che ha vissuto il tuo matrimonio?
    • I tuoi figli stanno imparando da voi l’arte di amare?
    • Accompagni i momenti di crescita dei tuoi familiari, senza esasperarli ma indirizzandoli con positività e facendo scoprire traguardi sempre più belli?
    • Custodisci sempre il tuo rapporto con Dio per rimanere nell’amore anche quando sei messo alla prova dal tuo e dall’altrui egoismo?
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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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