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FEBBRAIO 2018

     

 

VITA NUOVA DEL CHIAMATO

Efesini 4,17-32

 

Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani nella vanità della loro mente, accecati nei loro pensieri, estranei alla vita di Dio a causa dell'ignoranza che è in loro, e per la durezza del loro cuore. Diventati così insensibili, si sono abbandonati alla dissolutezza, commettendo ogni sorta di impurità con avidità insaziabile.

Ma voi non così avete imparato a conoscere Cristo, se proprio gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, per la quale dovete deporre l'uomo vecchio con la condotta di prima, l'uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici e dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera. Perciò, bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membra gli uni degli altri. Nell'ira, non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira, e non date occasione al diavolo. Chi è avvezzo a rubare non rubi più, anzi si dia da fare lavorando onestamente con le proprie mani, per farne parte a chi si trova in necessità. Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano. E non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione.

Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.

 

Paolo scongiura i cristiani di Efeso che, prima di conoscere Gesù erano schiavi delle loro passioni e magari credevano di essere liberi perché facevano quello che gli istinti, rafforzati dalle tre concupiscenze (piacere, avere, potere) chiedevano loro, e dice:.

“Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani nella vanità della loro mente, accecati nei loro pensieri, estranei alla vita di Dio a causa dell'ignoranza che è in loro, e per la durezza del loro cuore. Diventati così insensibili, si sono abbandonati alla dissolutezza, commettendo ogni sorta di impurità con avidità insaziabile”

Questa, infatti, non era libertà, era un lasciarsi travolgere da un turbine che non permetteva loro di ragionare per capire dove andavano a finire. Infatti, quando l’uomo decide di fare il comodo suo, senza tener conto né dei comandamenti di Dio né dei consigli di chi vuole il suo vero bene si getta in un baratro senza fondo dal quale pensa che nessuno possa più liberarlo e, ad un certo punto, si accorge di essere diventato schiavo delle sue passioni e non riesce più a governare la sua vita, arriva alla dissolutezza che comunque non sazia la sua brama di sempre nuovi piaceri.

E’ uno stato pericolosissimo nel quale molte persone cadono e se qualche barlume di luce arriva alla loro mente, pensano che ormai non ci sia più speranza, che non potranno liberarsene mai.

 

Ma Madre Speranza dice che “Anche la persona che fosse caduta nel più profondo abisso di peccati può salvarsi, perché anche là la seguono l’Amore e la Misericordia del suo Dio” E  aggiunge: “Il nostro Salvatore ha istituito il sacramento della Riconciliazione per riabilitare il peccatore: lo fa risalire dall’abisso in cui era sprofondato per innalzarlo ad un grado che lui non avrebbe osato neppure immaginare”.

San Paolo, infatti, dice agli Efesini che loro hanno ricevuto una grazia eccezionale, quella dell’annunzio evangelico che ha aperto loro un nuovo orizzonte, una prospettiva di vita limpida, pulita, serena, equilibrata, essendo stati chiamati addirittura ad avere come traguardo la maturità stessa di Cristo Gesù. Per questo dono sono stati chiamati a deporre nell’acqua battesimale l’uomo vecchio con tutta la sua cattiva condotta:

dovete deporre l'uomo vecchio con la condotta di prima, l'uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici e dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera”

Impegnati in questo cammino di santità, non si possono conservare dentro di sé angoli bui, di attaccamento al peccato, bisogna vivere nella verità che è luce, bisogna fare la propria verità, riconoscere in cosa il nostro nemico infernale ci tiene ancora schiavi, perché la verità, anche se non detta verbalmente, si dice con il comportamento e la comunità se ne edifica oppure rimane scandalizzata dal nostro modo ambiguo di vivere.

La vita del cristiano deve essere una vita luminosa, che traspare dai suoi atteggiamenti, dal modo di pregare, di rapportarsi con gli altri, di relazionarsi in famiglia, di assolvere ai suoi compiti vocazionali, di partecipare alle riunioni. Chi veramente è stato toccato da Dio e ha deciso in cuor suo di seguire i suoi insegnamenti trasmette questa sua disposizione da tutto il suo essere, non mette maschere per apparire come non è:

Perciò, bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membra gli uni degli altri”..

Torna il discorso del Corpo Mistico di cui ha parlato precedentemente.

Noi, dopo 2000 anni di cristianesimo, il discorso del Corpo Mistico lo conosciamo forse come teoria ma non  lo abbiamo calato nelle applicazioni della vita pratica. Anche se ci vogliamo bene e forse ci aiutiamo, non so se ci consideriamo davvero come facenti parte dello stesso organismo, oppure, come forse facevano gli Efesini, alcune cose le lasciamo in chiesa ma poi nella vita pratica ci conformiamo ancora alla mentalità del mondo.

E’ una riflessione che dobbiamo fare: l’occhio non può disinteressarsi del dito perché anche se il compito dell’occhio sembra superiore, tuttavia senza il dito non potrebbe realizzare ciò che ha visto. Noi non siamo uguali nella società, nella famiglia, nel gruppo, perché abbiamo compiti diversi, ma queste diversità sono la nostra ricchezza.

Anche in comunità ci sono alcuni più capaci di approfondire la Parola, altri più sensibili alle sofferenze altrui, altri ancora più propensi all’educazione dei piccoli, altri all’assistenza degli anziani, alcuni all’organizzazione, altri all’esecuzione dei progetti … Ma queste nostre diversità le sappiamo vedere come provvidenziali oppure pretendiamo che quando si organizza tutti devono essere capaci di dare il proprio contributo, quando si attuano i progetti tutti intervengano a dare la loro collaborazione, quando si affronta un problema tutti siano in grado di risolverlo? Se fosse così la teoria evangelica del Corpo Mistico sarebbe sbagliata mentre forse, con umiltà, dobbiamo riconoscere che rivela una sapienza divina che ci deve portare ad un rapporto rispettoso gli uni verso gli altri e quelli che ci sembrano più sprovveduti, forse, nell’attuazione pratica sono i più necessari.

Se avessimo la vera carità ci comporteremmo così ma chi può dire di averla? Interroghiamoci sinceramente: noi abbiamo la stessa stima di tutte le persone o dentro di noi abbiamo creato una scaletta d’importanza?

I nostri rapporti, anche in famiglia, non sempre sono sereni, per questo Paolo raccomanda agli Efesini e indirettamente a noi.

Nell'ira, non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira, e non date occasione al diavolo”.

Perché ci adiriamo? Perché non abbiamo pazienza, non sappiamo ascoltarci, vogliamo far prevalere il nostro parere, non sappiamo, con calma, convincere l’altro qualora ci accorgessimo che veramente sta sbagliando e si sta facendo male. Di solito la nostra reazione, di fronte ad una persona care che sta vivendo in maniera disordinata, è di giudizio, di sofferenza e spesso di chiusura, per cui si interrompe il dialogo ma ci si guarda con sospetto. Sicuramente certe situazioni non sono di facile soluzione, amore e dolore vanno insieme ma dovremmo imparare a gestire il dolore, a rafforzare la fiducia e ad avvolgere spiritualmente la persona interessata nell’amore di Dio, sicuri che Lui la sta lavorando e poi fare tutto quello che la situazione può esigere da noi, con umiltà, perché siamo servi inutili.

“Chi è avvezzo a rubare non rubi più, anzi si dia da fare lavorando onestamente con le proprie mani, per farne parte a chi si trova in necessità”.

Questa raccomandazione di Paolo ci sembra eccessiva, parlando a cristiani, ma chissà … si ruba in tante maniere: non facendo con responsabilità il proprio lavoro, non riconoscendo e disprezzando le doti altrui, mettendo noi stessi come parametro di tutti gli altri, pensando di essere la perfezione personificata e magari con la pretesa di educare gli altri manchiamo alla carità e portiamo i nostri cari all’esasperazione. Rubare un oggetto o dei soldi è grave, ma rubare ciò che costituisce il patrimonio personale ad una creatura che vive con noi è molto più grave e sono diverse le coppie che si relazionano offendendosi e denigrandosi abitualmente, dopo aver detto all’altare: “Prometto di amarti e onorarti per tutta la vita” e questo non è rubare la serenità, la stima, il rispetto della persona che abbiamo sposato nel Signore?

Oltre a dire che, anche materialmente si può rubare quando ci appropriamo del tempo che è di chi ci paga per il servizio che svolgiamo, quando deviamo nelle nostre tasche ciò che non ci è dovuto con raggiri e magari autoingannandoci per giustificarci..

“Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano”.

Ecco, il cristiano, secondo S. Paolo, è una persona che tiene sotto controllo il suo pensiero, per non rischiare di mancare con la bocca. Sono parole cattive tutte quelle che fanno soffrire il nostro prossimo, quelle che lo ridicolizzano, che lo offendono, che esaltano i loro difetti, anche quando sono dovuti a malattia, proprio perché il nostro cuore non sa amare e compatire ma è sempre pronto a giudicare, a cercare il particolare che esce dal normale, magari per raccontarlo agli amici e provocare una risata. Paolo ci dice che il cristiano deve edificare il prossimo con parole, proposte e azioni che lo facciano crescere nella carità.                      

La Madre Speranza ci dice che “Senza una fede viva e soprannaturale è molto difficile la pratica della vera carità. Pertanto ogni cristiano deve vedere nel fratello un’anima che porta impressa l’immagine del buon Gesù.

La carità interpreta favorevolmente le azioni, le guarda con occhi semplici e retti, e scusa l’intenzione quando non può giustificare l’azione. Sopporta senza mormorare né difendersi il disprezzo e le offese.

Il vero credente praticherà con fervore la carità edificando i fratelli con il suo buon esempio, in modo da poter essere un modello che li aiuta a raggiungere la santità.

Se in ogni tempo deve risplendere nel cristiano la carità e l’amore con cui è necessario che vivano uniti, ciò dovrà avvenire soprattutto quando uno di essi sta male o è impedito”.

E non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione.

Paolo ritorna sempre, nelle sue esortazioni, al momento in cui ricevemmo il Battesimo, perché quel gesto, col tempo, non resti un’inutile ritualità e perda il suo significato di spartiacque, un punto di non ritorno. Se il Battesimo ha separato definitivamente l’uomo vecchio dall’uomo nuovo, non si può tornare al vecchio senza infrangere quella barriera. In quell’occasione, fu lo Spirito Santo che spazzò via il tenebroso e fece il suo trono nell’anima del battezzato ma se il battezzato ritorna alle opere vecchie del peccato è come se cacciasse lo Spirito dal suo trono, dal suo tempio per intronizzarvi di nuovo il nemico. Quel giorno fu il giorno della nostra redenzione e perciò non è davvero conveniente annullare tanta grazia per la nostra leggerezza nel parlare e nell’agire, per la nostra mancanza di riflessione e di consapevolezza di sé. Il cristiano deve essere sempre presente a se stesso per poter indirizzare tutta la sua vita: pensieri, parole e opere secondo lo Spirito che abita in lui e vuol fare di lui un altro piccolo Cristo.

Disturbare l’azione divina dello Spirito in noi è davvero sconveniente e dà tristezza a Dio che ci ama. Non facciamo che questa esortazione di Paolo diventi un rimprovero per noi a motivo della nostra incoerenza.

Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità..

Tutte queste cose sconvenienti, di cui parla Paolo non le ritroviamo per caso, qualche volta anche a casa nostra? Asprezza nelle relazioni, parlandosi sempre in modo imperativo di rimprovero; sdegno, quando pensiamo davvero di aver ragione perché quel piccolo episodio non doveva avvenire e quello sdegno provoca sicuramente un danno psicologico e morale maggiore di quello che l’imprevidenza ha causato, magari solo a livello materiale; ira, quando ci si sente così provocati dall’accaduto da perdere il lume della ragione e magari passare anche a gesti offensivi, a parole che umiliano, e creano distanze dolorose. L’ira esalta a dismisura i piccoli incidenti familiari; clamore, quante strillate inutili ed inefficaci nelle nostre case, quanto parlarsi addosso senza dirsi niente, perché ognuno è impegnato a difendere la propria posizione piuttosto che a riflettere sull’accaduto, nel tentativo di trovare una soluzione! Maldicenze: e in quelle raffiche di sdegno quante parole non solo offensive ma addirittura di desiderio di male per la persona che ha provocato l’inconveniente; a volte, diciamolo piano, forse anche maledizioni!

In quei momenti l’uomo vecchio è tornato di prepotenza e si è insediato sul suo vecchio trono. Corriamo ai ripari: l’accaduto che ha provocato il nostro sdegno è nulla rispetto agli affetti dannosi che ha provocato. Accorgiamoci subito, torniamo in dietro, scacciamo via le opere delle tenebre e facciamo tornare nel nostro cuore la luce

Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo

            Ecco, queste sono le opere del cristiano: benevolenza, misericordia, perdono vicendevole come Gesù ha perdonato e perdona a noi, anche le nostre uscite di stile, che purtroppo non sono molto rare.

            Chiediamo a Gesù la grazia di un costante autocontrollo, di una capacità di affrontare le novità sgradite, di saperle trasformare in offerta e di utilizzare tutto ciò che ci accade per progredire verso la meta che Lui ha stabilito per noi e che passa anche per il Calvario, come è stato per Lui.

 

QUESTIONARIO DI APPROFONDIMENTO PERSONALE

 

    • Nella tua vita c’è stato un momento in cui hai avvertito di dover allontanare da te l’uomo vecchio, fatto di peccato, di licenze imprudenti, di atteggiamenti offensivi verso il prossimo?
    • Se hai fatto l’esperienza della schiavitù del peccato, hai capito le parole di Madre Speranza che dice che nessuno può cadere più in basso delle mani di Dio, perché ovunque sia caduto troverà sempre la mano di Dio pronta a liberarlo?
    • Cosa ha provocato in te questo risveglio di coscienza?
    • Hai apprezzato il dono di luce che hai ricevuto, che ti rende più consapevole della tue azioni?
    • Hai abbandonato davvero l’uomo vecchio o ci sono momenti di ritorno?
    • Hai fatto la verità nella tua vita, sai quello che veramente vuoi?
    • Paolo dice di non rubare, spero che tu non lo faccia, ma ti capita di rubare con la critica il buon nome di qualche persona, mettendo in risalto i suoi difetti e tacendo sulle sue virtù?
    • Hai sempre sotto controllo la bocca, perché non escano parole cattive?
    • Gesù dice che per evitare questo bisogna vigilare sulla mente e sul cuore, lo stai facendo?
    • Avverti la presenza dello Spirito dentro di te che gode o soffre in base al tuo comportamento?
    • A casa tua avvengono ancora scenate di ira, di discordia, di contrasto? Tu che ruolo svolgi in queste circostanze?
    • Hai imparato l’arte del perdono misericordioso che dimentica e cancella le offese?
    • Ti stai impegnando nell’autocontrollo perché certe situazioni sgradevoli si evitino?
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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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