MORALE FAMILIARE
Efesini 5,21-33;6,1-9
Morale domestica
Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo.
Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.
E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito.
Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. Onora tuo padre e tua madre: è questo il primo comandamento associato a una promessa: perché tu sia felice e goda di una vita lunga sopra la terra. E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell'educazione e nella disciplina del Signore.
Schiavi, obbedite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore, con semplicità di spirito, come a Cristo, e non servendo per essere visti, come per piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, compiendo la volontà di Dio di cuore, prestando servizio di buona voglia come al Signore e non come a uomini. Voi sapete infatti che ciascuno, sia schiavo sia libero, riceverà dal Signore secondo quello che avrà fatto di bene.
Anche voi, padroni, comportatevi allo stesso modo verso di loro, mettendo da parte le minacce, sapendo che per loro come per voi c'è un solo Signore nel cielo, e che non v'è preferenza di persone presso di lui.
Interdipendenza
San Paolo c’invita all’interdipendenza. Infatti chi si sposa rinuncia a se stesso per dedicarsi al bene e alla felicità del proprio coniuge.
Essere sottomessi significa, in sintesi, passare sotto, mettersi sotto perché l’altro/a, la persona amata, passi sopra.
Ma questa è una sottomissione volontaria esigita dall’amore, quindi non ha niente di oppressivo, di supremazia dell’uno sull’altro/a, è semplicemente la legge dell’amore.
Se in famiglia vige la legge dell’amore, l’amore, per sua natura, tende a procurare il bene della persona amata, perciò fra coniugi s’instaura (o dovrebbe instaurarsi) una sorta di gara a chi si sottomette prima.
S. Paolo ci dà, come modello di sottomissione, lo stesso Gesù che, essendo capo della Chiesa, si è sottomesso al supplizio della croce per elevare l’umanità, teneramente amata.
La Chiesa, a sua volta, si sottomette a Gesù e opera non a nome proprio ma a nome suo: “Fate questo in memoria di me”, “Io ti battezzo”, “Io ti assolvo” … Queste parole che compiono un prodigio di grazia, il sacerdote non le dice a nome suo ma sa di dirle a nome di Gesù, di cui in quel momento fa le veci. Il perfetto israelita si sottomette alla legge dicendo: “Tutto ciò che il Signore ha detto noi lo faremo”, il cristiano si sottomette ai sacramenti, vivendoli nella fede secondo il rito stabilito da Gesù. Alcuni preferirebbero essere protagonisti e non passare attraverso la Chiesa e magari confessarsi direttamente con Gesù nell’intimità della preghiera, ma non è questa la volontà di Gesù. Egli solo agli Apostoli e indirettamente ai loro successori ha detto: “Tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato anche in cielo, tutto ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche in cielo”.
Nella famiglia non c’è supremazia ma c’è interdipendenza amorosa per cui la moglie fa passare sopra il marito perché lo ama e il marito, a sua volta, ama la moglie come se stesso e si mette al suo servizio.
E come Cristo ha purificato la sua sposa, la Chiesa mediante il lavacro del Battesimo accompagnato dalla Parola, perché apparisse tutta gloriosa e senza macchia né ruga né alcunché di simile ma santa e immacolata, così lo sposo deve preservare la sua sposa perché splenda sempre in lei la bellezza della giovinezza e dell’innocenza. Quindi mai portare la moglie al peccato, trasgredendo la legge per il proprio piacere, anche se la moglie fosse consenziente. Ognuno deve preservare la purezza del proprio coniuge attraverso il dialogo, la rinuncia volontaria a tutto quanto la nostra concupiscenza ci porta a desiderare solo perché piacevole. Se si fa il contrario, la bellezza interiore del proprio coniuge si deturpa e la persona diventa sgradevole davanti a Dio, davanti a se stessa e anche la relazione si atrofizza.
Il matrimonio tende a fare dei due una sola cosa e perciò il male procurato al coniuge ritorna come male procurato a se stesso perché nel momento in cui la coppia si decide per il peccato il livello della comunione si abbassa perché il cuore si atrofizza, si impoverisce, si impiccolisce, perché comincia ad avere un altro padrone: il peccato! E allora la gioia, la serenità, la semplicità, l’apertura reciproca pian piano si perde e l’altro diventa solo l’oggetto della nostra dipendenza dal peccato. Ciò che unisce la coppia è solo la complicità nella schiavitù, mentre la gioia dell’amore, dono generoso e vicendevole sostegno, decade.
Non è davvero questo che ha pensato Dio quando ha creato l’uomo e la donna e li ha legati con il vincolo dell’amore, perché fossero concreatori con Lui delle nuove generazioni. Questo dono è così grande che richiede dalla coppia una profonda comunione con Dio, con il Quale collaborano formando il corpo dei nuovi figli, ai quali lo stesso Dio, attraverso il suo Spirito, infonde l’anima spirituale ed immortale.
Che mistero grande! “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola”, perché la carne del figlio sarà carne di tutti e due e Dio, infondendo in questa carne il suo Spirito, le darà la vita; perciò il figlio sarà di Dio che l’ha vivificato e dei due che hanno contribuito a formare il suo corpo.
Il progetto che Dio ha sulla coppia è un progetto divino. E’ chiaro che Dio poteva fare da sé anima e corpo delle creature che avrebbe voluto chiamare alla vita, ma se, nella sua onniscienza, ha voluto chiamare la coppia a collaborare con Lui, l’ha nobilitata tanto che ha corso il rischio di perdere tanti figli che la coppia avrebbe generato per il solo piacere e dei quali non si sarebbe resa disponibile ad accoglierli, educarli e farli crescere sino a raggiungere la statura perfetta, quella di Gesù Cristo.
Che grande responsabilità ha la coppia nei riguardi di Dio! Oggi questa consapevolezza sembra essersi persa, avvolta e soffocata da una cultura che ignora volontariamente Dio e fa credere all’uomo di essere padrone delle sue scelte, di essere insindacabile. Per questo motivo l’uomo si rende sempre più irresponsabile, facendo di sé un re da burla, perché poi la vita ti dimostra che sei legato ad un filo così sottile che può spezzarsi al primo urto e tu cadi nel vuoto esistenziale, vagando senza meta e senza destino, (nichilismo) perché hai rifiutato l’unica via che poneva nel tuo orizzonte, una porta spalancata sull’infinito, sull’eterno.
Ed è grazia se, vedendoti nel vuoto, aggancerai la mano che può ancora salvarti, perché l’amore di Dio è tanto grande che non bada alla tua stoltezza, di aver creduto di poter fare da te, e corre in tuo aiuto, ti tende la mano, perché comunque ti ama e non vuol perderti, vuole solo avvolgerti nel suo Amore perché il tuo cuore, rigenerato, torni a battere, all’unisono col suo, di amore umile e riconoscente.
Figli, obbedite ai vostri genitori
“Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. Onora tuo padre e tua madre: è questo il primo comandamento associato a una promessa: perché tu sia felice e goda di una vita lunga sopra la terra. E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell'educazione e nella disciplina del Signore”.
San Paolo dà norme di comportamento anche ai figli, facendo conoscere loro la gerarchia di valori che mette Dio al primo posto, poi la coppia e poi i figli.
I genitori hanno sui figli un’autorità delegata da Dio e generalmente vogliono il bene dei figli, perciò li orientano all’onestà, alla moderazione dei desideri, al rapporto gentile con gli altri, all’amore di Dio e del prossimo. Il loro compito è quello di guida e modello per i figli. A loro è dovuto, da parte dei figli il rispetto, l’amore, l’ascolto, la collaborazione.
A volte questa saggezza, questo amore, questo equilibrio non c’è, perché i genitori stessi hanno problemi non risolti e si comportano in maniera inadeguata al ruolo che ricoprono. In questi casi i figli ricevono messaggi discordanti e fanno confusione nello stabilire dentro di sé una gerarchia di valori. E può accadere che i ruoli si invertano e sono i figli che cercano di guidare i loro genitori, vittime di dipendenze, di errori perpetrati, di povertà morali invincibili.
Una vita basata sull’amor non dovrebbe aver bisogno di regole, perché l’amore vero orienta sempre a fare la cosa migliore; ma anche nelle famiglie che definiamo “normali” le difficoltà ci sono perché gli egoismi, le intemperanze, le impazienze si scontrano e lottano fra di loro. Quando è l’egoismo dei figli che predomina, allora la pazienza dei genitori viene messa alla prova ed è richiesto a loro di non esasperare i figli con norme familiari dette e ridette, ma piuttosto aspettare un momento di calma nel quale, con argomentazioni valide, si cercherà di far capire il valore della norma, perché i figli vi si adeguino con obbedienza consapevole. Dire: “Fino a 18 anni mi devi ubbidire, poi farai quello che vuoi” è sbagliatissimo, perché il compito educativo non finisce a diciotto anni ma continua per tutta la vita, sempre con discrezione e in maniera convincente.
Imporre le regole perché “io sono io e ho diritto su di te!”, indispone i figli che pure dovrebbero riconoscere l’autorità dei genitori ma sono disturbati dalle loro intemperanze, che non sanno gestire e allora se l’autorità non è esercitata in maniera equilibrata e ragionevole, ottiene l’effetto contrario.
Al quarto comandamento: “Onora tuo padre e tua madre” è legato la promessa di una lunga e felice vita sulla terra. Questo perché l’amore vicendevole crea serenità e la serenità si traduce in salute, in gioia, in buon umore e di questo stato di benessere ne gode anche il fisico che sopporta e vince con più facilità le contrarietà della vita e le intemperie fisiche, si ammala di meno e vive più a lungo
Schiavi, obbedite ai vostri padroni
Schiavi, obbedite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore, con semplicità di spirito, come a Cristo, e non servendo per essere visti, come per piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, compiendo la volontà di Dio di cuore, prestando servizio di buona voglia come al Signore e non come a uomini. Voi sapete infatti che ciascuno, sia schiavo sia libero, riceverà dal Signore secondo quello che avrà fatto di bene.
Oggi la schiavitù non c’è più ma ci sono altri tipi di dipendenza e anche questi vanno normati: gli alunni hanno il dovere di rispettare e ubbidire ai loro insegnanti, l’operaio deve sottostare al suo datore di lavoro, i fedeli devono rispettare le norme che il parroco stabilisce per la comunità, ecc … Tutte queste relazioni che generano subalternanza vanno vissute con la dignità propria del cristiano che compie il suo dovere per amore e accetta il ruolo che deve occupare, assolvendolo con diligenza e senso di responsabilità.
Nella scuola, nel posto di lavoro si trascorrono molte ore del giorno e le persone che condividono il nostro ruolo non le abbiamo scelte, possono avere i problemi più svariati, possono essere persone serene e persone inquiete e non ci è dato di poterle cambiare …
La maniera migliore per vivere queste relazioni al meglio è quella del rispetto dei ruoli, del rispetto delle persone, dell’accoglienza misericordiosa, a volte del perdono generoso.
Se nelle discussioni assumiamo lo stesso atteggiamento disdicevole di chi ci provoca, solo per essere alla pari, cadiamo di stile e diventiamo incoerenti. No, non è così che si comporta il cristiano che ha Cristo per modello. La tolleranza il rispetto, il silenzio possono sembrare un atteggiamento perdente per debolezza, ma in realtà è vincente: è la vittoria di chi sa gestire le sue emozioni attraverso l’autocontrollo e il dominio di sé. Non si tratta perciò di vincere sugli altri, quasi a dimostrare la nostra superiorità, ma a vincere sui nostri sentimenti negativi, magari stimolati dagli altri, e gestire le nostre emozioni per non lasciarsi travolgere dall’ira o da altre passioni.
Padroni, siate umani
Anche voi, padroni, comportatevi allo stesso modo verso di loro, mettendo da parte le minacce, sapendo che per loro come per voi c'è un solo Signore nel cielo, e che non v'è preferenza di persone presso di lui.
Anche ai padroni, ai dirigenti, ai responsabili di un servizio, a chiunque ha un incarico anche all’interno di gruppi religiosi, sportivi, di svago è richiesto un atteggiamento umile e fraterno, perché, come dice S. Paolo, di fronte a Dio siamo tutti uguali, le gerarchie le creiamo noi, magari per un sentimento di superiorità sollecitato dalla nostra superbia.
Dovunque siamo, qualunque sia il ruolo che rivestiamo, cerchiamo di comportarci da fratelli, come facevano i primi cristiani di Roma, dei quali i pagani dicevano: “Ma guardate come si amano!”.
L’unica carta d’identità del cristiano è l’amore e l’amore è sempre umile, paziente, temperante, generoso, comprensivo, altruista, perché tutte queste sono le qualità del nostro Maestro che cerchiamo di imitare. Minacciare, imporre regole rigide, punire, sgridare energicamente indica debolezza; sono i bambini che misurano le loro forze cercando sempre di prevalere sull’altro, perché non hanno ancora strumenti validi per dimostrare il loro valore in maniera diversa, ma l’uomo adulto, la donna matura, il cristiano consapevole non può comportarsi come loro. S. Paolo infatti dice; “Quando eravamo bambini ci comportavamo da bambini, ma, diventati adulti, dobbiamo abbandonare gli atteggiamenti puerili e comportarci con la dignità di chi da Gesù Cristo ha imparato i sentimenti fraterni e li vive”.
QUESTIONARIO DI APPROFONDIMENTO PERSONALE
- Hai capito il senso in cui S. Paolo dice alle mogli di sottomettersi ai mariti?
- In famiglia t’impegni a servire il tuo amore in tutte le maniere, perché i tuoi familiari, a partire dal coniuge siano felici?
- Questo ruolo di sottomissione ti fa sentire umiliata o esaltata?
- Se pensi che Gesù si è sottomesso fino alla morte di croce, perché noi fossimo innalzati alla dignità di figli di Dio, ti sembra ancora troppo quello che fai per i tuoi familiari?
- Se pensi che il Padre si sottomette alla coppia nel dar vita a nuove creature, ti senti onorato nel tuo ruolo di accoglienza della vita?
- Come genitore, ti tocca l’esortazione di Paolo: “Voi padri, non inasprite i vostri figli?”
- Come figlio, ti prendi cura dei tuoi genitori con amore, rispetto, tenerezza …?
- Come vivi le relazioni nel lavoro, nella parrocchia, con gli amici?
- Hai mai stupito qualcuno per l’amore che dimostri nei tuoi rapporti con il prossimo?
- Hai pazienza sufficiente anche con le persone più ferite dalla vita, meno serene?
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