“NON SONO PIU’ IO CHE VIVO”
La Madre Speranza, come ogni anima che anela a Dio e si lascia conquistare da Lui, come S. Paolo, alla fine della sua vita, poteva dire: “Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me”.
Nel 1952 si registra nei suoi scritti un lampo di luce:
«Oggi posso dirti che mi sento felice, perché mi hai detto che finalmente ho acquisito quell’atteggiamento che Tu desideri da me o, meglio detto, che Tu hai infuso in me ed è che io pensi sempre e solo a Te e che il mio cuore e la mia mente siano fissi sempre in Te e che niente e nessuno mai mi possa distrarre da Te».
La sponsalità è già consegna totale di sé all’Amato, ma l’umanità può ancora sussistere in qualche residuo di resistenza o in qualche particolare momento di prova difficile. Solo col stabilizzarsi del cammino di totale espropriazione può arrivare il momento in cui l’anima può fare sue le parole di S. Paolo.
23 marzo 1952: questa notte l’ho trascorsa distratta, ma senza coricarmi perchè non ne ho avuto il tempo. Il buon Gesù mi diceva che l’unione più vera, intima e profonda è quella esistente tra due volontà e che, conformandomi con la divina volontà, sottometterò la mia unendola alla sua, il cui cibo è stato sempre fare la volontà del Padre, ossia, padre mio, che la volontà di Gesù è consistita nella fusione di due voleri in uno solo e questo è ciò che Lui vuole da me.
Come arriverò a questo, padre mio? Io lo desidero, ma non posso ancora dire in verità “vivo, non io però, ma in me vive il mio Dio”.
Devo dirle, padre, con grande pena, che, nonostante il mio proposito di far piacere al buon Gesù, nel momento della prova dimentico che nel dolore debbo unirmi sempre più al mio Dio e accrescere il mio amore per Lui e dimentico anche che, conformare la mia volontà alla sua, secondo Lui, è scambiare i cuori, accettare i suoi giudizi come legge per me, le sue prove come regola per la mia volontà. Come lo otterrò, Gesù mio?
Gesù mio, fa’ che l’amore e la sofferenza mi uniscano profondamente a te e possa dire, con verità, che non ho più volontà mia.
Anche per S. Paolo è stato necessario un cammino. Dopo la caduta da cavallo ha dovuto purificare il suo cuore, togliervi il vecchio lievito e mettervi il nuovo e questo ha richiesto anni di lavoro ma poi la sua fiducia in Gesù si è solidificata e ha potuto dire: “Io so in chi ho messo la mia speranza”.
“Io so infatti a chi ho creduto e son convinto che egli è capace di conservare il mio deposito fino a quel giorno”. (2Tim 1:1-14)
Dopo anni di impegno, di travagli, di pericoli e di difficoltà senza numero per diffondere la Buona novella della croce, ha capito che la grazia di Dio opera nella debolezza di chi ha buona volontà e ha potuto dire, quasi a mo’ di sfida: “Chi mi separerà dall’amore di Dio?"
“Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi"? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? (…) Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? (…) Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore”. (cfr.Rm 8,31-39)
E’ un bellissimo traguardo quello raggiunto da Paolo, ma Dio voleva portare il suo apostolo ad un livello ancora più intimo con Lui e più vuoto di se stesso e, attraverso le vicende della vita, che lo hanno portato a Roma, prigioniero per Cristo, ha potuto finalmente consegnare completamente se stesso in sacrificio di olocausto per la diffusione del Vangelo e ha potuto dire: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”.
“Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me”. (Gal.2,20)
VOTO DI VITTIMA
Gesù, fin dalle prime apparizioni a Madre Speranza le chiede il voto di vittima per riparare le offese che riceve dal suo amato clero
Questa notte 5 Novembre 1927 mi sono distratta e il buon Gesù mi ha detto, che non debbo desiderare altro che amarlo e soffrire, per riparare le offese che riceve dal suo amato clero. Debbo far sì che quanti vivono con me sentano questo desiderio di soffrire e offrirsi come vittime di espiazione per i peccati che commettono i sacerdoti del mondo intero. Devo adoperarmi con tutte le forze per cercare solo la sua gloria, anche se ciò comporterà il disprezzo di me stessa. Che vuol dirmi Gesù, con tutto questo, padre mio?
Questa offerta la Madre probabilmente la rinnovava tutti i giorni ma in modo speciale quando qualche difficoltà o persecuzione la tormentava; allora andava davanti al Santissimo e rinnovava il suo impegno a non lasciarsi sfuggire nessuna sofferenza senza santificarla unendola a quella di Gesù per il suo “amato clero”.
“Oggi, 24 dicembre 1941, sento il trasporto a rinnovare l’offerta come vittima di espiazione in riparazione delle offese dei sacerdoti del mondo intero, fatta il 24 dicembre 1927 ricordando quanto ha sofferto e fatto Gesù per tutti noi, l’amore che continuamente ci dimostra, la poca riconoscenza delle anime consacrate e le numerose offese che riceve dai suoi sacerdoti. Dio mio, quello che ti do per una sì grande riparazione è ben poca cosa, ma tu uniscila al tuo amore e alla tua misericordia e tutto sarà saldato.
In questa circostanza la Madre stava subendo una vera persecuzione da parte del famoso Don Doroteo, che non sopportava che la signorina Maria Pilar de Arratia gli avesse tolto la direzione della Casa dell’Ave Maria per affidarla a Madre Speranza. L’ “Ave Maria”, era un collegio da lei istituito per i bambini poveri e dove invece lui accoglieva bambini di famiglie ricche che potevano pagare.
Dopo aver rinnovato l’offerta vittimale, la Madre si ammala e giunge quasi in fin di vita… Era il prezzo da pagare per riparare le offese di quel povero sacerdote.
La Madre pregherà per lui non solo durante la vita ma anche dopo la sua morte, chiedendo al Signore di liberarlo dal purgatorio anche se non aveva completato la purificazione, dicendo che l’avrebbe completata lei dopo la sua morte.
Alla fine il Signore accolse la sua preghiera e lo liberò dal purgatorio e la Madre fece festa insieme a tutte le sue figlie, perché il suo più grande persecutore si era salvato.
IL SIGNORE CHIEDE ANCHE A NOI L’OFFERTA VITTIMALE
Ma il Signore ha detto alla Madre che tutti quelli che sono raggiunti dalla spiritualità dell’Amore Misericordioso devono arrivare a dire: “Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me”, e fare l’offerta di tutte le sofferenze che la vita propone per riparare i peccati del clero del mondo intero. I sacerdoti sono i figli prediletti del Padre, il sacerdozio è il dono del Giovedì santo alla Chiesa e sono necessari al popolo di Dio, perciò dobbiamo proteggerli con la preghiera, la stima, la collaborazione, l’aiuto di cui hanno bisogno.
Gesù sapeva che stava per lasciare questo mondo per tornare al Padre, ma non voleva lasciarci soli. Per questo aveva istituito i sacramenti e, prima di salire al cielo, li consegnò alla Chiesa nascente.
I sacramenti sono azioni sacre, che Dio compie in favore di chi vuole accogliere la salvezza. Gli interventi sacri voluti da Gesù per le sue creature teneramente amate, e accompagnano l’uomo in tutte le sue necessità e in tutto il percorso della sua vita.
La vita dell’uomo comincia con la nascita, c’è poi la crescita fino allo sviluppo, l’età feconda, il tramonto. Ci sono poi gli incidenti di percorso, che possono menomare la vita, infine c’è bisogno di continuo nutrimento.
I sacramenti accompagnano questi eventi: per la nascita c’è il Battesimo, per lo sviluppo c’è la Cresima, per l’opzione fondamentale della vita ci sono il Matrimonio e l’Ordine sacro, per il tramonto c’è l’Unzione degli infermi, per le malattie spirituali c’è la Confessione o Riconciliazione, per il nutrimento c’è l’Eucaristia.
Ma la forma eucaristica è un mistero di fede più grande ancora dell’Incarnazione. Perché nell’Incarnazione vediamo il Figlio di Dio in forma umana, ammiriamo i suoi esempi, udiamo le Sue parole, contempliamo la sua immolazione e, anche se non riusciamo a dare ai nostri sentimenti lo spessore divino, almeno partecipiamo nei limiti che ci sono consentiti. L’Incarnazione è già una grande umiliazione per Dio, ma nella forma eucaristica Gesù addirittura si offre come un cibo ed occorre davvero tutta la fede per poter superare i nostri limiti legati alla sensibilità, unica forma per noi per poter entrare in relazione con il divino, per questo ogni sacramento ha la “materia sacramentale”.
L’Eucaristia è un’azione sacra che ci permette di inserirci nell’infinito di Dio, nella sua eternità, nel suo presente eterno, in maniera soprannaturale, incomprensibile a noi, che viviamo una temporaneità in divenire inarrestabile, che non ci permette neanche di gustare gli eventi, ma ci travolge nel suo moto continuo, e comunque ci richiama alla nostra povera realtà.
Ma queste azioni sacre hanno bisogno di un mediatore visibile, che operi in nome e con l’autorità del Dio invisibile. Questo mediatore è il Sacerdote.
Il Sacerdote mediatore visibile del Dio invisibile
Dio sceglie i suoi sacerdoti tra gli uomini; avrebbe potuto sceglierli tra gli angeli, ma nella sua sapienza inoppugnabile ha disposto così; ed ecco che alcuni giovani, in tutto come gli altri, sentono di voler continuare la missione di Gesù sulla terra, facendosi, per un dono di predilezione divina, mediatori del “sacro”.
La missione del sacerdote è santa, è grande, è inarrivabile. Tra i traguardi umani che si possono raggiungere, quella del sacerdozio è la più sublime. Neanche la missione della Madonna uguaglia quella del sacerdote. Il sacerdote, nell’esercizio delle sue funzioni è un alter Christus. quando lui battezza e dice: “Io ti battezzo…”, a battezzare, a ridare la vita soprannaturale persa per il peccato originale, è Gesù; quando al confessionale dice: “Io ti assolvo”, ad assolvere è Gesù; quando all’altare invoca lo Spirito sul pane e sul vino, la sua autorità, che è quella del Figlio di Dio, muove il cielo e lo Spirito ubbidisce e scende a transustanziare il pane e il vino nel “corpo donato e nel sangue versato” del Figlio di Dio, e quel pane e quel vino sono presenza viva di Gesù in mezzo a noi, sono pegno di redenzione efficace davanti al Padre, che perdona e usa misericordia al mondo intero per il prezioso dono del Figlio suo diletto, fattosi vittima di espiazione dei nostri peccati.
Da quanto detto si può capire l’importanza del sacerdote e la sua missione insostituibile nella Chiesa e nel mondo, perché l’azione liturgica, con il suo carico di grazia, non raggiunge solo i cristiani ma l’umanità intera.
Tutti i momenti importanti della vita sono sanciti dal sacerdote che, in nome di Dio ci apre ai traguardi a cui ci sentiamo chiamati. Anche il matrimonio cristiano è accolto da Gesù per mezzo del sacerdote che benedice le nozze. E’ vero che ci si può sposare anche al comune, ma quel matrimonio non ha valore salvifico perché i contraenti non chiedono al Cristo coniugale di accoglierlo e accompagnarlo.
I sacramenti ci sono offerti ma non ci sono imposti, Dio non vuole persone che forzatamente accolgono le sue offerte, vuole che liberamente ci offriamo a Lui e accogliamo i suoi doni di salvezza e di santificazione.
I VERI CRISTIANI NEL MONDO CONTEMPORANEO
I veri cristiani nel mondo contemporaneo, che sembra voglia fare a meno non solo della Chiesa ma di Dio stesso, devono andare contro corrente. E’ necessario che il mondo cambi rotta, la strada intrapresa non porta ad alcun porto felice e noi portiamo scritto dentro di noi un destino di felicità. Checché ne dica il mondo, l’uomo cerca Dio, l’anima non solo lo cerca ma lo brama e nulla può renderla felice. Sono tante le persone che umanamente non mancano di nulla, ma la felicità è un’altra cosa: la felicità si sperimenta non quando il portafogli è pieno ma quando l’anima è piena e la nostra anima si può riempire solo con Dio.
E’ l’esperienza già fatta da S. Agostino, che pure aveva attinto ad altre fonti nel tentativo di riempire il suo vuoto esistenziale e poi dovette ammettere: “Signore, ci hai fatti per Te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”.
Anche il semplice cristiano può ambire a raggiungere il più alto grado di perfezione, purché voglia farlo e voglia farlo come Madre Speranza “Costi quel che costi”.
Inoltre ogni anima può dire; “Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me”, e lo può dire senza timore di essere superbo perché ad ogni Eucaristia, ricevuta in stato di grazia, si verifica questo inserimento profondo in Dio.
La Madre Speranza narra una sua estati in cui Gesù le permise di penetrare il mistero eucaristico:
29 febbraio 1952: Non posso nasconderle, padre mio, che, nonostante tutto, sono felice, molto felice, poiché questa notte il buon Gesù mi ha invitato a soffrire insieme a Lui, facendomi vedere, in un modo misterioso che non saprei spiegarle, la sua immolazione come vittima nella celebrazione della santa cena o, meglio, nella prima messa celebrata nel mondo dal Santo dei santi. La messa che Lui ha santificato col suo sangue!
Gesù mi ha fatto vedere anche i doni di santità che ci ha propiziato nel Calvario, soprattutto la comunione che ci unisce alla fonte di ogni grazia. Io, padre mio, ho sofferto angosce di morte, ma mi sentivo così unita a Gesù, che mi pareva che il mio cuore fosse una cosa sola col suo…che commozione!
Non le nascondo che, questa notte, mi sono profondamente convinta che il buon Gesù mi chiede e mi impone l’obbligo di aspirare ad una maggiore perfezione, utilizzando tutti i mezzi e per prima cosa “che mi incoraggi verso grandi mete, costi quello che costi”.
Poi la Madre ha avuto la bella esperienza di vedere una sua figlia, che aveva ricevuto Gesù in stato di grazia e lei non la riconosceva perché Gesù l’aveva trasfigurata con la sua presenza.
Questo avviene per ognuno di noi se facciamo la comunione in stato di grazia e perciò in quei momenti possiamo dire in verità: “Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me”, anche se non abbiamo trasporti mistici particolari.
QUESTIONARIO DI REVISIONE PERSONALE
- In questo anno di formazione ti sembra di aver fatto dei passi dietro Madre Speranza?
- Hai allontanato dal tuo cuore il peccato grave?
- Hai diminuito i peccati veniali e le imperfezioni?
- Sei diventato più delicato, più gentile con tutti stando alla scuola di Gesù?
- Sai valorizzare meglio la sofferenza in tutte le sue forme, trasformandola in offerta?
- E’ cresciuto nel tuo cuore l’amore a Gesù e il desiderio di possedere la beatitudine eterna?
- Quando preghi e ti sembra di non essere ascoltato, sai aspettare il tempo della purificazione?
- Il mondo con le sue lusinghe ti inganna meno? Ti senti più libero dalle sue suggestioni?
- Ricevi e vivi i sacramenti con più fede?
- Sai vivere l’Eucaristia come vera esperienza di Gesù che vive in te?
- Sei convinto di essere chiamato alla perfezione della vita cristiana, cioè alla santità?
- Il tuo rapporto con Il Padre, il Figlio, Lo Spirito, con Maria è più confidenziale?
- La tua fede è diventata certezza?