IL RAPPORTO TRA FEDE E RAGIONE
Fin dall’inizio l’annunzio cristiano dovette confrontarsi con la filosofia del tempo, che comunque era profondamente convinta che Dio c’è ed è il Creatore dell’universo. Avevano immaginato un Olimpo a modello terreno, in cui le divinità si dividevano il potere e i fedeli. Spesso gli dei stessi erano in lotta tra di loro e sempre il più debole doveva soccombere al più forte, per poi riprendersi la rivincita e così via, in un eterno conflitto.
Comunque credevano in una specie di paradiso, intuivano che l’uomo ha l’anima immortale ed è destinato all’Olimpo. La vita morale era un’esigenza per raggiungere il fine, quindi la Rivelazione andò solo a fare chiarezza, a precisare, a perfezionare.
Paolo e gli altri apostoli che portarono l’annuncio ai gentili non poterono partire dai Patriarchi e dai Profeti ma dovettero partire dal noto all’ignoto.
La rivelazione suppone già la fede mentre l’intuizione lascia spazio all’incognita, che in quel caso era “Il Dio ignoto”. Una sorta di fede l’avevano anche i pagani ma loro potevano partire solo dall’intelligenza umana e perciò davano alle diverse divinità attributi superlativi ma non potevano immaginare la perfezione dell’Amore di un Dio che passa attraverso il dolore e la morte per salvare la creatura amata. Un Dio così non l’avevano immaginato neanche gli Stoici.
Stoicismo
Stoicismo, corrente di pensiero filosofico che ha avuto come iniziatore Zenone di Cizio. Sorto verso il 300 a. C., fu poi continuato da Cleante, che chiuse il periodo dell'Antica Stoà. Seguì la Media Stoà, che ebbe come maggiori rappresentanti Pamezio di Rodi e il suo allievo Posidonio di Apamea. L'Ultima Stoà fiorì a Roma, iniziando con Seneca e chiudendo il suo ciclo con Marco Aurelio.
Gnoseologia
La prima ricerca filosofica dello stoicismo è data dal problema della conoscenza:
- primo elemento del conoscere sono i sensi, ma il suo contenuto non sono gli oggetti reali (inattingibili dalla nostra mente), bensì le rappresentazioni sensoriali da essi prodotte. Un processo intellettivo elabora dette rappresentazioni conferendo loro un significato universale, il cosiddetto lektón, che diventa a sua volta oggetto di un'indagine semantica (conoscitiva);
- in quanto risultato incorporeo fra realtà e anima (entrambe corporee) il lektón è la chiave per spiegare la conoscenza fisica;
- al di là di questa conoscenza gli stoici ammettono anche l'esistenza di nozioni comuni a tutti gli uomini, non innate, non immesse nella loro mente da una realtà universale "soprasensoriale", ma prodotte dalla propria riflessione con il contributo decisivo del linguaggio (indagine semantica) ed elevate a dignità di valore universale dal consenso di tutti gli uomini: un universale che esiste solo nell'anima come nome adatto a comprendere più individui. È questa la logica stoica, alla quale è riconosciuta, a differenza di Aristotele che ne faceva uno strumento dell'ontologia e della metafisica, piena autonomia come parte della filosofia, che studia i modi del pensiero e della sua espressione. Struttura di questa logica è la forma enunciativa che, ridotta ad assiomi fondati sul sillogismo ipotetico: se è buio è notte, ma è buio, quindi è notte.
Fisica
Seconda parte della filosofia stoica è la fisica, in cui è presente il richiamo al pensiero eracliteo: principi materiali (e inseparabili) del mondo sono il fuoco (principio attivo) e la materia (principio passivo), che si evolvono in un processo continuo e senza fine; una parziale estinzione del fuoco dà luogo all'aria, alle acque e alla terra, ma ritorna poi al fuoco originario con una deflagrazione, che inizia un nuovo ciclo cosmico.
Il fuoco è lo spirito vitale del mondo, a esso immanente (interpretazione panteistica). Una sua scintilla si ritrova in ogni essere (anche in quelli inanimati) e ne forma l'anima. Il divino nel mondo è la sua razionalità, che ne struttura l'evoluzione con perfetto determinismo e ne costituisce il fine; in forza di questo determinismo, infatti, l'universo può scegliere solo il bene (il male non esiste e ciò che giudichiamo tale è solo un prodotto di conoscenza erronea; in realtà le azioni dette "cattive" sono solo una condizione per attuare il bene).
Etica
Ed ecco il principio etico: l'uomo non può sottrarsi alla razionalità insita nel mondo in cui vive. Saggezza vuole perciò che vi si adegui volontariamente, tanto più che "seguire la ragione" significa "seguire la natura" e accettarla è segno che si comprende l'ordine che in essa regna.
Vero bene è quindi l'accettazione della razionalità dell'universo; unico male il rifiutarla; fra questi due estremi tutto quanto vive è solo un cumulo di cose indifferenti (adiáphora). La virtù è nell'agire secondo ragione, unico vero bene per l'uomo e quindi fonte della sua felicità; è, ancora, dominio delle passioni, perché lasciandole libere di predominare nel nostro spirito causano una fatale confusione fra bene e male obnubilando la ragione e allontanandoci dalla felicità. Virtù che porta a una consapevole apatia verso le cose indifferenti, che ci rende autarchici (indipendenti) da esse, pur vivendo a contatto con gli altri uomini con un profondo senso del cosmopolitismo, perché la legge di natura, uguale per tutti, non ci fa cittadini di questo o quello Stato particolare, ma cittadini del mondo.
In tal modo l'etica stoica, nel mondo ellenistico-romano, si collocava come alternativa da una parte a quella epicurea e dall'altra a quella cristiana. E fu questo rigore etico l'elemento emergente nell'ultima fase dello stoicismo, che si sviluppò soprattutto in ambiente romano: sfumano ormai i già preponderanti problemi gnoseologici e logici; la fisica s'irrigidisce in metafisica, offrendo l'humus ideale al sorgere di una visione religiosa, improntata al panteismo. Il problema etico diventa fondamentale, ma all'ottimismo, di cui prima era pervaso per il sicuro approdo alla razionalità buona della natura, subentra un fondo pessimistico, che radicalizza il disprezzo per il mondo e la carne e si avvia a un deciso ascetismo mistico: s'insinua il senso di una fine prossima, per cui l'unica salvezza è da ricercarsi in una resistenza passiva. Un'etica che trova i suoi motivi più profondi nella realtà politico-sociale dell'Impero romano, giunto al suo apogeo, ma già minato da profondi contrasti sociali, che ne determineranno la decadenza prima economica e poi politico-militare. Anche per questi motivi l'etica stoica diventò l'etica "ufficiale". Maggiori interpreti dello stoicismo romano furono Seneca, Epitteto, Marco Aurelio.
Epicurei
La prima delle grandi scuole ellenistiche fu quella di Epicuro che sorse ad Atene verso la fine del IV secolo a.C. Egli innanzitutto aveva una concezione materialistica della realtà perciò si rifece alla dottrina più materialista di tutte e fino ad allora: quella degli Atomisti.
Per quanto riguarda la loro etica per Epicuro:
- il vero bene è il piacere,
- il vero piacere è l"assenza di dolore nel corpo" ( aponia) e
- la "mancanza di turbamento nell'anima" (atarassia) perché è il solo che non può crescere ulteriormente e quindi non può lasciarci insoddisfatti.
Epicuro ritenne i piaceri dell'anima superiori a quelli del corpo. Infatti, l'anima soffre anche per le esperienze passate e per quelle future, mentre il corpo soffre solo per quelle presenti. Per garantire il raggiungimento dell’aponia e dell’atarassia Epicuro distinse i piaceri in:
- piaceri naturali e necessari tra cui pose unicamente quei piaceri che sono strettamente legati alla conservazione della vita dell'individuo come ad esempio il mangiare, il bere e il riposare. Questi sono gli unici che vanno sempre e comunque soddisfatti perché sono gli unici che trovano in sé un limite preciso;
- piaceri naturali ma non necessari che sono, invece, tutti quei piaceri che costituiscono variazioni superflue dei piaceri naturali: mangiare bene, bere bevande raffinate, ecc. Questi non hanno già più quel limite perché non sottraggono il dolore corporeo, ma variano solo il piacere e possono provocare un notevole danno;
- piaceri non naturali e non necessari che sono quei desideri "vani" come tutti i piaceri legati alla ricchezza, potenza e onore. Questi, infine, non tolgono il dolore corporeo e arrecano sempre turbamento all'anima e ci rendono insaziabili.
Pur riconoscendo a queste filosofie una certa saggezza, tuttavia Paolo mette in guardia i Colossesi da esse: “Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo”. (Col 2:8)
Il motivo di questo richiamo sta nel fatto che di fronte alla verità rivelata ogni altro pensiero perde valore. Cosa direbbe Paolo di fronte all’ateismo attuale, che spezza il motivo stesso del ragionare, del ricercare anche solo razionalmente. Se Dio non c’è, se Dio è frutto di una mente debole che non sa accettare la fragilità umana, se tutto finisce col finire dei giorni è chiaro che non vale la pena impegnarsi in una catarsi faticosa perché non asseconda la natura corrotta.
Marx afferma che la religione è alienazione, perdita, è l'uomo che crea Dio e non viceversa. L'uomo deve prendere per sé tutto ciò che ha ceduto a Dio.
Da questa idea sono nate le diverse filosofie degli ultimi secoli.
Esistenzialismo
Anche l’Esistenzialismo, pur non dichiarandosi ateo, mettendo al primo posto l’uomo e il fatto di percepirsi nel suo esistere in continuo divenire, non prende in considerazione Dio, anzi se ne distanzia come di un limite alla piena libertà dell’individuo di autodeterminarsi.
Sartre, uno dei maggiori esponenti dell’Esistenzialismo, esclude sia la tesi dell’esistenza di un Dio artefice che ha creato l’uomo in conformità ad un prototipo ideale prefissato, sia la versione laica di questa convinzione, ossia la tesi di una natura umana dotata di prerogative specifiche – e pertanto universale, immutabile e altrettanto prefissata. La tesi essenziale dell’esistenzialismo sartriano è pertanto quella secondo cui l’esistenza precede l’essenza; la conseguenza di ciò è che non vi sono principi a priori che possano stabilire il significato del vivere dell’uomo, il quale è totalmente responsabile di fronte alla vita. L’uomo è privo di fondamenti, non ha valori predeterminati a cui riferire la propria condotta e deve pertanto assumersi la piena responsabilità delle sue azioni e deve costruire da sé i principi del suo comportamento.
L’assenza di Dio (e di ogni altro fondamento o valore) obbliga l’uomo a creare da sé i propri fini e i propri significati.
In conclusione, il significato della filosofia sartriana può essere così riassunto:
l’uomo non è nient’altro che ciò che fa di se stesso.
Egli non ha una natura che preceda la sua azione e che è capace di condizionare la sua azione; in altre parole non c’è determinismo e l’uomo è totalmente libero, ma questa sua assoluta libertà è al tempo stesso una condanna, giacché gli impone in ogni istante di inventare e re-inventare se stesso. L’essere dell’uomo è totalmente nelle mani dell’uomo stesso. La sua essenza emergerà solo attraverso i progetti e le scelte che egli saprà realizzare.
Dall’esistenzialismo è derivato il Nichilismo, dottrina filosofica che nega, anche questa che nega la consistenza di qualsiasi valore e l’esistenza di qualsiasi verità.
Anche il radicalismo, altra corrente filosofica, nella sua smania di riformare fin dalle radici delle istituzioni, svuota di ogni valore morale le azioni dell’uomo, basandosi sul principio della assoluta sovranità dell’uomo stesso e della facoltà illimitata di autodeterminarsi, senza regole che lo condizionerebbero.
Comunque il materialismo e l’esistenzialismo, il nichilismo, il radicalismo sono essenzialmente atee e quindi privano l’uomo della sua parte più nobile che è l’anima. In questa maniera indeboliscono talmente l’uomo da renderlo un automa in mano alle sue passioni e al potere. In un uomo così ridotto, la facoltà di pensare s’indebolisce e facilmente accetta di diventare un numero della catena di montaggio, al quale si può imporre addirittura come deve passare il tempo libero, per lui si può fare anche un programma economico che lo espropria completamente, in favore di un fantomatico “Papà Stato” che pensa a tutto e lo imbocca.
Questo è già successo ma la storia insegna poco. Oggi si parla di NUOVO ORDINE MONDIALE che anche se non ha la stessa radice ha però lo stesso fine: fare dell’uomo un robot manovrato da pochi potenti o prepotenti. Qui viene bandita sia la fede che la ragione, è la stessa intelligenza che viene confusa con milioni di parole vuote che non esprimono il vero obiettivo dei nuovi potenti della terra, che vogliono globalizzare il mondo, e per farlo creano situazioni di destabilizzazione che obbligano i popoli sovrani a cedere la loro sovranità ad una struttura superiore che li espropria dei suoi diritti, in modo da poterlo manovrare a suo piacimento. Inoltre, creando situazioni impossibili da gestire, le lobby del potere non permettono a persone di retta coscienza di subentrare nella gestione della cosa pubblica. Questa strategia è già in atto.
E allora vediamo i nostri cieli attraversati da scie chimiche senza poter sapere cosa sono e perché vengono prodotte sul nostro territorio. Fra breve ci obbligheranno ad accettare il micro chip invece della moneta, per poterci togliere a piacere tutto ciò che vogliono, in nome di leggi dello Stato non sancite dal beneplacito dei cittadini. Il Dio denaro sarà l’unico vero signore della terra, a scapito del Dio vero che ama tutte le Sue creature, le dota di intelligenza, volontà, libero arbitrio, per potersi orientare nella vita al conseguimento del vero bene.
Chi ci libererà da queste trappole mortali?
Sarà sempre ancora e solo il nostro Vero Dio, che ascolta il grido del povero e interviene con la Sua onnipotenza, per abbattere i superbi dai troni e innalzare gli umili o gli umiliati.
Dio è l’unica ancora di salvezza che possiamo avere in questi tempi difficili e di lotta per la Chiesa. Già i cattivi semi, gettati di nascosto dal nemico hanno infestato il campo della Chiesa seminato dal Seminatore divino con sapienza e amore. Cosa fare? Ascoltiamo la parabola:
«Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la mèsse fiori e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio». (Mt 13,24-30)
Anche noi ci potremmo chiedere come i contadini della parabola evangelica: “Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?”
Gesù non ci manda in battaglia ma c’invita a metterci in preghiera: Solo il Padrone della messe è in grado di fare una giusta selezione e perciò riserva a sé questo compito. Noi, pregando potremo avere luce per riconoscere il nemico e non essere fatti sua preda, potremo ottenere luce per tanti fratelli che, vivendo a contatto con la zizzania, rischiano di non poter produrre il frutto dovuto e vedersi intristire in una vita senza ideali superiori e perciò triste e vuota.
In sintesi possiamo dire:
- Il Razionalismo riduce l’uomo alla sola ragione, chiudendo la sua ricerca nello stretto ambito del verificabile.
- Il materialismo considera l’uomo come un animale evoluto
- L’ateismo nega addirittura l’esistenza di Dio, ritenendo Dio un frutto della frustrazione dell’uomo.
- L’esistenzialismo ritiene che l’unica certezza è l’esistenza