“IO SONO IL SIGNORE DIO TUO”
Con questa presentazione sul Sinai, Dio stabilisce il principio di autorità e quindi stabilisce una gerarchia di valori:
Tutto ha origine da Lui come Creatore dell’esistente in terra e in cielo e perciò Lui è “il punto fermo”.
Archimede disse: “Datemi una leva e un punto di appoggio e vi solleverò il mondo”.
Ebbene la Mano onnipotente di Dio è il punto d’appoggio e la leva è il “Voglio!” di Dio.
L’uomo moderno è un navigante senza la bussola della verità, nel mare della vita. Negando l’esistenza di Dio ha buttato la bussola in fondo al mare e vaga senza meta alla ricerca di “senso” per il suo esistere. E si fa leggi, così crede, per non soffrire neanche nel momento estremo in cui dovrà lasciare questa vita per il suo destino eterno. Non vuole essere protagonista della sua vita dal nascere al morire, vuole ignorare il dolore, vuole illudersi di aver diritto alla gioia e che sia un torto fargli assaggiare quell’amore forte, che passa attraverso il dolore, e poi ci permette di assaporare ogni piccola gioia.
L’accoglienza dei comandamenti implica la virtù della religione, che ci viene donata insieme con la vita, perché il bisogno di Dio è inscritto nel DNA dell’uomo e fa parte del suo patrimonio insieme con l’intelligenza, la sensibilità, la capacità di amare e il bisogno di essere amato, ecc.
Solo se ci consideriamo creature venute da Dio e quindi desiderose di essere in rapporto con Lui, accoglieremo il progetto che Lui ha su di noi, quello di darci l’immortalità nella gloria e accetteremo le condizioni per ottenerla, che consiste nel vivere nell’amore di Dio e del prossimo. La nostra FEDE è proporzionata alla forza di questa convinzione; l’immortalità nella gloria è l’oggetto della SPERANZA, la condizione per possederla è la CARITA’, perché l’amore è la vita del cielo, è il respiro di Dio e di tutti i beati del paradiso.
L’uomo moderno, anche il cristiano moderno non conosce più “I Comandamenti di Dio”, perché l’ateismo ha cancellato proprio la premessa: “Io sono il Signore Dio tuo”, banalizzando anche tutto il resto. I Comandamenti restano norme del vivere civile, ma non hanno più valenza morale, per cui si può giocare sulle parole, accettando, per quel che ci conviene il comandamento di “Non ammazzare”, ma poi ritenere un diritto l’aborto e l’eutanasia; gridare magari contro lo stupro e contro la pedofilia, ma tollerare, anzi preferire programmi pornografici che accendono le passioni impure; scandalizzarsi per una trasgressione, ma ammettere una moda eccitante e spudorata…
L’ateo o lo pseudo cristiano si fa un Dio a misura della sua mediocrità, un Dio di cui prende solo quegli aspetti consoni alla sua leggerezza e alla sua de responsabilità, tutto quello che coinvolge la sua condotta morale e quindi implica sacrificio, lo scarta. Realizzare il progetto di Dio non deve costare niente né materialmente né in termini di sacrificio, di dominio di sé, di rinuncia all’illecito. E’ il trionfo dell’effimero, il trionfo delle vanità, l’esaltazione del nulla… e i comandamenti di Dio non sono presi in considerazione come norme di vita.
Siamo in piena confusione, c’è proprio bisogno di mettere ordine, di farsi una gerarchia di valori non a partire dai propri istinti indisciplinati, ma a partire dall’imperativo morale: “Io sono il Signore Dio tuo”!
Il Dio dell’Oreb poteva sembrare un Dio severo, ma al popolo indisciplinato e dalle corte vedute, questo era l’aspetto di Dio necessario, perché potesse costituire una società fraterna basata sui diritti e sui doveri.
In tempo di globalizzazione in cui le distanze si sono riavvicinate e le notizie scorrono sui cellulari in tempo reale, inondandoci di informazioni che non abbiamo tempo di interiorizzare, occorre ripresentare pochi punti fermi su cui far scorrere l’esistenza e i dieci comandamenti sono sempre quelli che rivelano una sapienza inarrivabile e incontestabile.
PERDITA DEL PRINCIPIO DI AUTORITA’
Oggi sappiamo molte cose ma confuse in un relativismo esasperato. Questa confusione di idee poggia proprio sulla perdita della fede. Dalla mancanza di fede si è giunti alla perdita di autorità dell’adulto, del genitore, del professore, anche del sacerdote. Spesso questo deprezzamento dell’adulto è motivata da comportamenti incoerenti da parte dell’adulto stesso, che non corrispondono alle regole che intende imporre ai figli, agli alunni, ai dipendenti o fedeli che siano. La fraternità evangelica, che scaturisce dal riconoscimento della paternità di Dio, viene così banalizzata, l’individualismo e l’egoismo dilagano, l’indifferenza reciproca ci rende isole angosciate e sfiduciate.
Ma Dio è sempre lì e ci ripete: “Io sono il Signore tuo Dio”.
Questa affermazione dovrebbe darci tanta consolazione, perché è un Dio d’amore che si fa vicino a noi proprio per dare un senso al nostro esistere, per rivelarci la nostra origine, la nostra meta, e un cammino sicuro per raggiungerla: Il principio è Lui, il fine è Lui, l’esistenza terrena è solo il ritorno a casa da persone libere, intelligenti, responsabili.
Da questo principio fondamentale (cioè che dà fondamento), deriva anche l’autorità umana, che è sempre autorità delegata, missione, vocazione, sia essa paternità e maternità naturale, sia gerarchia religiosa, sia funzione educativa o semplice detenzione della funzione organizzativa, a tempo determinato, all’interno di un gruppo.
Sicuramente altro è l’autorità di Dio: Sapienza, Bontà, Amore per essenza… altro è l’autorità delegata agli uomini fragili, trasgressivi, incostanti, incoerenti.
Chiunque è detentore di un ufficio di presidenza, che lo rende punto di riferimento per altri, dovrebbe premurarsi di sostenere la sua autorità con l’autorevolezza.
La santità della vita rende la persona autorevole; la persona autorevole ammaestra anche senza parlare. La santità deriva dall’identificazione con Cristo. Gesù prima che maestro è il nostro modello. Noi siamo chiamati ad essere santi: “Io sono il Signore, che vi ho fatti uscire dal paese d'Egitto, per essere il vostro Dio; siate dunque santi, perché io sono santo”. (Lv 11,45)
Ma solo Gesù poteva dire: “Imparate da me”, mentre per noi Gesù ha detto: “Non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo”. (Mt 23,10)
Tutti perciò dobbiamo stare alla scuola di Gesù che ha fatto della sua vita una grande obbedienza al Padre: “Allora ho detto: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”. (Eb 10:7)
COMPITO EDUCATIVO
Il rispetto verso Dio e verso l’autorità costituita va anche educato. Oggi siamo giunti al livellamento delle persone, che vanifica l’attività educativa. I giovani si ribellano ad ogni tipo di autorità. I mezzi di comunicazione, anche nei dibattiti seri, usano un’aggressività che ostacola il confronto delle idee, perché tutti si sentono attaccati e perciò si mettono in difesa di se stessi e non in difesa della verità. Inoltre si presentano tutte le opinioni su un dato argomento, ma poi non si fa discernimento, mettendo in risalto la saggezza di certe affermazioni e magari l’autorevolezza da cui ci giungono. Non parliamo poi dei programmi “leggeri”: gli adulti vivono situazioni adolescenziali, non maturano mai, non prendono mai le loro responsabilità di padre o di madre, continuano a passare da un amore all’altro, spesso anche fortemente trasgressivo, senza porsi il problema morale. E così la filosofia radicale dei “Figli dei fiori” in cui non ci sono vincoli stabili e norme da seguire, diventa cultura popolare, modo collettivo di concepire la vita.
Se questi modelli sono davanti agli occhi di tutti e solo questi, non può meravigliare che, a lungo andare, si formi la mentalità relativista dell’ “usa e getta” o quella edonista del “mi piace” oppure quella della ribellione ad ogni imposizione.
NON AVRAI ALTRO DIO FUORI DI ME
Ma noi siamo cristiani:
- Con il Battesimo abbiamo stretto un’alleanza con Dio, nel Sangue redentore di Cristo,
- con la Cresima siamo stati confermati dal sigillo dello Spirito Santo,
- con la Riconciliazione siamo stati tante volte perdonati,
- con l’Eucaristia ci siamo uniti al sacrificio redentore di Gesù e ci siamo offerti al Padre,
- spesso ci nutriamo del Suo Corpo, per inserirci fin da questa terra nella Sua glorificazione,
- con il Matrimonio abbiamo consacrato il nostro amore umano, perché sia segno sacramentale dell’amore di Dio per il Suo popolo, di Gesù per la Sua Chiesa,
- Siamo illuminati dalla Sua Parola di sapienza, di bontà, di amore,
- aspettiamo solo di concludere in pace il nostro pellegrinaggio terreno, vivendo nella carità, come le vergini sagge, che si premurano di mettere olio nei loro vasetti, perché la lampada della fede non si spenga.
Abbiamo fatto la nostra scelta, abbiamo accolto il Suo progetto sull’uomo, facciamo parte del Suo ovile santo…
RISCHI E PERICOLI
Ma possiamo veramente dire che non abbiamo altro Dio?
Alla scuola del Magistero, facciamo la nostra verifica:
DAL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA (2110 -2141)
Cosa chiede il Primo comandamento:
- Di amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come noi stessi.
- Di custodire le virtù teologali che ci vengono da Dio: La fede, la speranza e la carità.
- L’adorazione: Riconoscere che Dio è Creatore, Salvatore e Signore, Amore Misericordioso.
- La preghiera: Elevare lo spirito a Dio, lodarlo, ringraziarlo, benedirlo, chiedere il Suo aiuto.
- Il sacrificio: Offrire con la Chiesa il sacrificio eucaristico e unirvi l’offerta di noi stessi.
- Le promesse e ai voti: E’ bene fare promesse a Dio, ma si richiede la fedeltà al dono fatto.
- Il diritto alla libertà religiosa: E’ dovere dei governanti garantire la libertà religiosa.
Cosa proibisce il Primo comandamento:
“La superstizione è la deviazione del sentimento religioso o delle pratiche che esso impone. Può anche presentarsi mascherata sotto il culto che rendiamo al vero Dio, per esempio si attribuire alla materialità della preghiera o dei segni sacramentali la loro efficacia, prescindendo dalle disposizioni interiori che richiedono, è cadere nella superstizione”.
“L’idolatria non concerne soltanto i falsi culti del paganesimo. Consiste nel divinizzare ciò che non è Dio. C'è idolatria quando l'uomo onora e riverisce una creatura al posto di Dio, si tratti degli dèi o dei demoni (per esempio il satanismo), del potere, del piacere, della razza, degli antenati, dello Stato, del denaro, ecc. “Non potete servire a Dio e a mammona”, dice Gesù (Mt 6,24 ). Numerosi martiri sono morti per non adorare “la Bestia”, [Cf Ap 13-14 ]. L'idolatria respinge l'unica Signoria di Dio; perciò è incompatibile con la comunione divina [Cf Gal 5,20; Ef 5,5). (CCC n°”113)
La divinazione e la magia
Dio può rivelare l'avvenire ai suoi profeti o ad altri santi. Tuttavia il giusto atteggiamento cristiano consiste nell'abbandonarsi con fiducia nelle mani della Provvidenza per ciò che concerne il futuro e a rifuggire da ogni curiosità malsana a questo riguardo.
Tutte le forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana o ai demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene che “svelino” l'avvenire [Cf Dt 18,10; Ger 29,8 ]. La consultazione degli oroscopi, l'astrologia, la chiromanzia, l'interpretazione dei presagi e delle sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium occultano una volontà di dominio sul tempo, sulla storia ed infine sugli uomini ed insieme un desiderio di rendersi propizie le potenze nascoste. Sono in contraddizione con l'onore e il rispetto, congiunto a timore amante, che dobbiamo a Dio solo.
Tutte le pratiche di magia e di stregoneria con le quali si pretende di sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed ottenere un potere soprannaturale sul prossimo - fosse anche per procurargli la salute - sono gravemente contrarie alla virtù della religione. Tali pratiche sono ancor più da condannare quando si accompagnano ad una intenzione di nuocere ad altri o quando in esse si ricorre all'intervento dei demoni. Anche portare gli amuleti è biasimevole. Lo spiritismo spesso implica pratiche divinatorie o magiche. Pure da esso la Chiesa mette in guardia i fedeli. Il ricorso a pratiche mediche dette tradizionali non legittima né l'invocazione di potenze cattive, né lo sfruttamento della credulità altrui.
L'irreligione:
L'azione di tentare Dio consiste nel mettere alla prova, con parole o atti, la sua bontà e la sua onnipotenza. E' così che Satana voleva ottenere da Gesù che si buttasse giù dal Tempio obbligando Dio, in tal modo, ad intervenire [Cf Lc 4,9]. Gesù gli oppone la parola di Dio: “Non tenterai il Signore Dio tuo” (Dt 6,16). La sfida implicita in simile tentazione di Dio ferisce il rispetto e la fiducia che dobbiamo al nostro Creatore e Signore. In essa si cela sempre un dubbio riguardo al suo amore, alla sua provvidenza e alla sua potenza [Cf 1Cor 10,9; 2119 Es 17,2-7; Sal 95,9].
Il sacrilegio consiste nel profanare o nel trattare indegnamente i sacramenti e le altre azioni liturgiche, come pure le persone, gli oggetti e i luoghi consacrati a Dio. Il sacrilegio è un peccato grave soprattutto quando è commesso contro l'Eucaristia, poiché, in questo sacramento, ci è reso presente sostanzialmente il Corpo stesso di Cristo [Cf Codice di Diritto Canonico, 1367; 376].
La simonia [Cf At 8,9-24] consiste nell'acquisto o nella vendita delle realtà spirituali. A Simone il mago, che voleva acquistare il potere spirituale che vedeva all'opera negli Apostoli, Pietro risponde: “Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di Dio” (At 8,20). Così si conformava alla parola di Gesù: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8) [Cf Is 55,1].
“Il ministro, oltre alle offerte determinate dalla competente autorità, per l'amministrazione dei sacramenti non domandi nulla, evitando sempre che i più bisognosi siano privati dell'aiuto dei sacramenti a motivo della povertà” [Codice di Diritto Canonico, 848]. L'autorità competente determina queste “offerte” in virtù del principio che il popolo cristiano deve concorrere al sostentamento dei ministri della Chiesa. “L'operaio ha diritto al suo nutrimento” (Mt 10,10 ) [Cf Lc 10,7; Cor 9,5-18; Tm 5,17-18].
L'ateismo Il termine ateismo indica fenomeni molto diversi. Una forma frequente di esso è il materialismo pratico, che racchiude i suoi bisogni e le sue ambizioni entro i confini dello spazio e del tempo. L'umanesimo ateo ritiene falsamente che l'uomo “sia fine a se stesso, unico artefice e demiurgo della propria storia”. Un'altra forma dell'ateismo contemporaneo si aspetta la liberazione dell'uomo da una liberazione economica e sociale, alla quale “si pretende che la religione, per sua natura, sia di ostacolo, in quanto, elevando la speranza dell'uomo verso una vita futura, la distoglierebbe dall'edificazione della città terrena” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 19].
Per il fatto che respinge o rifiuta l'esistenza di Dio, l'ateismo è un peccato contro la virtù della religione [Cf Rm1,18]. L'imputabilità di questa colpa può essere fortemente attenuata dalle intenzioni e dalle circostanze. Alla genesi e alla diffusione dell'ateismo “possono contribuire non poco i credenti, in quanto per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione fallace della dottrina, o anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il genuino volto di Dio e della religione” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 19].
L'agnosticismo In certi casi l'agnostico si rifiuta di negare Dio; ammette invece l'esistenza di un essere trascendente che non potrebbe rivelarsi e di cui nessuno sarebbe in grado di dire niente. In altri casi l'agnostico non si pronuncia sull'esistenza di Dio, dichiarando che è impossibile provarla, così come è impossibile ammetterla o negarla. L'agnosticismo può talvolta racchiudere una certa ricerca di Dio, ma può anche costituire un indifferentismo, una fuga davanti al problema ultimo dell'esistenza e un torpore della coscienza morale. Spesso l'agnostico cade nell’ateismo pratico.
“Non ti farai alcuna immagine scolpita...”
Nell'Antico Testamento con tale comando si proibiva di rappresentare il Dio assolutamente trascendente. A partire dall'Incarnazione del Figlio di Dio, il culto cristiano delle sacre immagini è giustificato, poiché si fonda sul Mistero del Figlio di Dio fatto uomo, nel quale il Dio trascendente si rende visibile. Non si tratta di un'adorazione dell'immagine, ma di una venerazione di chi in essa è rappresentato: Cristo, la Vergine, gli Angeli e i Santi.
Gli atti di culto non sono rivolti alle immagini considerate in se stesse, ma in quanto servono a raffigurare il Dio incarnato. Ora, il moto che si volge all'immagine in quanto immagine, non si ferma su di essa, ma tende alla realtà che essa rappresenta [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II,81, 3, ad 3].