QUARTO COMANDAMENTO
ONORA IL PADRE E LA MADRE (Dal Cat. Della Chiesa Cattolica Nn.2196 – 2257)
Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio (Es 20,12). Stava loro sottomesso (Lc 2,51). Lo stesso Signore Gesù ha ricordato l'importanza di questo “comandamento di Dio” (Mc 7,8-13). L'Apostolo insegna: “Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. "Onora tuo padre e tua madre": è questo il primo comandamento associato a una promessa: "perché tu sia felice e goda di una vita lunga sopra la terra"”
Il quarto comandamento apre la seconda tavola della Legge. Indica l'ordine della carità. Dio ha voluto che, dopo lui, onoriamo i nostri genitori ai quali dobbiamo la vita e che ci hanno trasmesso la conoscenza di Dio. Siamo tenuti ad onorare e rispettare tutti coloro che Dio, per il nostro bene, ha rivestito della sua autorità.
Questo comandamento è espresso nella forma positiva di un dovere da compiere. Annunzia i comandamenti successivi, concernenti un rispetto particolare della vita, del matrimonio, dei beni terreni, della parola. Costituisce uno dei fondamenti della dottrina sociale della Chiesa.
Il quarto comandamento si rivolge espressamente ai figli in ordine alle loro relazioni con il padre e con la madre, essendo questa relazione la più universale. Concerne parimenti i rapporti di parentela con i membri del gruppo familiare. Chiede di tributare onore, affetto e riconoscenza ai nonni e agli antenati. Si estende infine ai doveri degli alunni nei confronti degli insegnanti, dei dipendenti nei confronti dei datori di lavoro, dei subordinati nei confronti dei loro superiori, dei cittadini verso la loro patria, verso i pubblici amministratori e i governanti.
Questo comandamento implica e sottintende i doveri dei genitori, tutori, docenti, capi, magistrati, governanti, di tutti coloro che esercitano un'autorità su altri o su una comunità di persone.
L'osservanza del quarto comandamento comporta una ricompensa: “Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio” (Es 20,12 ) [Cf Dt 5,16]. Il rispetto di questo comandamento procura, insieme con i frutti spirituali, frutti temporali di pace e di prosperità. Al contrario, la trasgressione di questo comandamento arreca gravi danni alle comunità e alle persone umane.
La famiglia nel piano di Dio
Natura della famiglia
La comunità coniugale è fondata sul consenso degli sposi. Il matrimonio e la famiglia sono ordinati al bene degli sposi e alla procreazione ed educazione dei figli. L'amore degli sposi e la generazione dei figli stabiliscono tra i membri di una medesima famiglia relazioni personali e responsabilità primarie.
Un uomo e una donna uniti in matrimonio formano insieme con i loro figli una famiglia. Questa istituzione precede qualsiasi riconoscimento da parte della pubblica autorità; si impone da sé. La si considererà come il normale riferimento, in funzione del quale devono essere valutate le diverse forme di parentela.
Creando l'uomo e la donna, Dio ha istituito la famiglia umana e l'ha dotata della sua costituzione fondamentale. I suoi membri sono persone uguali in dignità. Per il bene comune dei suoi membri e della società, la famiglia comporta una diversità di responsabilità, di diritti e di doveri.
La famiglia cristiana
“La famiglia cristiana offre una rivelazione e una realizzazione specifica della comunione ecclesiale; anche per questo motivo, può e deve essere chiamata "chiesa domestica" ” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 21; cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. Essa è una comunità di fede, di speranza e di carità; nella Chiesa riveste una singolare importanza come è evidente nel Nuovo Testamento [Cf Ef 5,21-6,4; Col 3,18-21; 1Pt 3,1-7].
La famiglia cristiana è una comunione di persone, segno e immagine della comunione del Padre e del Figlio nello Spirito Santo. La sua attività procreatrice ed educativa è il riflesso dell'opera creatrice del Padre. La famiglia è chiamata a condividere la preghiera e il sacrificio di Cristo. La preghiera quotidiana e la lettura della Parola di Dio corroborano in essa la carità. La famiglia cristiana è evangelizzatrice e missionaria.
Le relazioni in seno alla famiglia comportano un'affinità di sentimenti, di affetti e di interessi, che nasce soprattutto dal reciproco rispetto delle persone. La famiglia è una comunità privilegiata chiamata a realizzare “un'amorevole apertura di animo tra i coniugi e... una continua collaborazione tra i genitori nell'educazione dei figli” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 52].
La famiglia e la società
La famiglia è la cellula originaria della vita sociale. E' la società naturale in cui l'uomo e la donna sono chiamati al dono di sé nell'amore e nel dono della vita. L'autorità, la stabilità e la vita di relazione in seno alla famiglia costituiscono i fondamenti della libertà, della sicurezza, della fraternità nell'ambito della società. La famiglia è la comunità nella quale, fin dall'infanzia, si possono apprendere i valori morali, si può incominciare ad onorare Dio e a far buon uso della libertà. La vita di famiglia è un'iniziazione alla vita nella società.
La famiglia deve vivere in modo che i suoi membri si aprano all'attenzione e all'impegno in favore dei giovani e degli anziani, delle persone malate o handicappate e dei poveri. Numerose sono le famiglie che, in certi momenti, non hanno la possibilità di dare tale aiuto. Tocca allora ad altre persone, ad altre famiglie e, sussidiariamente, alla società provvedere ai bisogni di costoro: “Una religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo” (Gc 1,27).
La famiglia deve essere aiutata e difesa con appropriate misure sociali. Là dove le famiglie non sono in grado di adempiere alle loro funzioni, gli altri corpi sociali hanno il dovere di aiutarle e di sostenere l'istituto familiare. In base al principio di sussidiarietà, le comunità più grandi si guarderanno dall'usurpare le sue prerogative o di ingerirsi nella sua vita.
L'importanza della famiglia per la vita e il benessere della società, [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 47] comporta per la società stessa una particolare responsabilità nel sostenere e consolidare il matrimo-nio e la famiglia. Il potere civile consideri “come un sacro dovere rispettare, proteggere e favorire la loro vera natura, la moralità pubblica e la prosperità domestica” [Cf Gaudium et spes, 47].
La comunità politica ha il dovere di onorare la famiglia, di assisterla, e di assicurarle in particolare:
- la libertà di costituirsi, di procreare figli e di educarli secondo le proprie convinzioni morali e religiose;
- la tutela della stabilità del vincolo coniugale e dell'istituto familiare;
- la libertà di professare la propria fede, di trasmetterla, di educare in essa i figli, avvalendosi dei mezzi e delle istituzioni necessarie;
- il diritto alla proprietà privata, la libertà di intraprendere un'attività, di procurarsi un lavoro e una casa, il diritto di emigrare;
- in conformità alle istituzioni dei paesi, il diritto alle cure mediche, all'assistenza per le persone anziane, agli assegni familiari;
- la difesa della sicurezza e della salute, particolarmente in ordine a pericoli come la droga, la pornografia, l'alcolismo, ecc.;
- la libertà di formare associazioni con altre famiglie e di essere in tal modo rappresentate presso le autorità civili [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 46].
Il quarto comandamento illumina le altre relazioni nella società. Nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle, vediamo i figli dei nostri genitori; nei nostri cugini, i discendenti dei nostri avi; nei nostri concittadini, i figli della nostra patria; nei battezzati, i figli della Chiesa, nostra madre; in ogni persona umana, un figlio o una figlia di colui che vuole essere chiamato “Padre nostro”. Conseguentemente, le nostre relazioni con il prossimo sono di carattere personale. Il prossimo non è un “individuo” della collettività umana; è “qualcuno” che, per le sue origini conosciute, merita un'attenzione e un rispetto singolari.
Le comunità umane sono composte di persone. Il loro buon governo non si limita alla garanzia dei diritti e all'osservanza dei doveri, come pure al rispetto dei contratti. Giuste relazioni tra imprenditori e dipendenti, governanti e cittadini presuppongono la naturale benevolenza conforme alla dignità delle persone umane, cui stanno a cuore la giustizia e la fraternità.
Doveri dei membri della famiglia
Doveri dei figli
La paternità divina è la sorgente della paternità umana; [Cf Ef 3,14] è la paternità divina che fonda l'onore dovuto ai genitori. Il rispetto dei figli, minorenni o adulti, per il proprio padre e la propria madre, [Cf Pr 1,8; Tb 4,3-4] si nutre dell'affetto naturale nato dal vincolo che li unisce. Questo rispetto è richiesto dal comando divino [Cf Es 20,12].
Il rispetto per i genitori (pietà filiale) è fatto di riconoscenza verso coloro che, con il dono della vita, il loro amore e il loro lavoro, hanno messo al mondo i loro figli e hanno loro permesso di crescere in età, in sapienza e in grazia. “Onora tuo padre con tutto il cuore e non dimenticare i dolori di tua madre. Ricorda che essi ti hanno generato; che darai loro in cambio di quanto ti hanno dato?” (Sir 7,27-28 ).
Il rispetto filiale si manifesta anche attraverso la vera docilità e la vera obbedienza: “Figlio mio, osserva il comando di tuo padre, non disprezzare l'insegnamento di tua madre… Quando cammini ti guideranno; quando riposi, veglieranno su di te; quando ti desti, ti parleranno” (Pr 6,20-22). “Il figlio saggio ama la disciplina, lo spavaldo non ascolta il rimprovero” (Pr 13,1).
Per tutto il tempo in cui vive nella casa dei suoi genitori, il figlio deve obbedire ad ogni loro richiesta motivata dal suo proprio bene o da quello della famiglia. “Figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore” (Col 3,20) [Cf Ef 6,1]. I figli devono anche obbedire agli ordini ragionevoli dei loro educatori e di tutti coloro ai quali i genitori li hanno affidati. Ma se in coscienza sono persuasi che è moralmente riprovevole obbedire a un dato ordine, non vi obbediscano.
Crescendo, i figli continueranno a rispettare i loro genitori. Preverranno i loro desideri, chiederanno spesso i loro consigli, accetteranno i loro giustificati ammonimenti. Con l'emancipazio-ne cessa l'obbedienza dei figli verso i genitori, ma non il rispetto che ad essi è sempre dovuto. Questo trova, in realtà, la sua radice nel timore di Dio, uno dei doni dello Spirito Santo.
Il quarto comandamento ricorda ai figli divenuti adulti le loro responsabilità verso i genitori. Nella misura in cui possono, devono dare loro l'aiuto materiale e morale, negli anni della vecchiaia e in tempo di malattia, di solitudine o di indigenza. Gesù richiama questo dovere di riconoscenza [Cf Mc 7,10-12 ].
Il Signore vuole che il padre sia onorato dai figli, ha stabilito il diritto della madre sulla prole. Chi onora il padre espia i peccati, chi riverisce la madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli, sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. Chi riverisce suo padre vivrà a lungo; chi obbedisce al Signore dà consolazione alla madre (Sir 3,2-6).
Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Anche se perdesse il senno, compatiscilo e non disprezzarlo mentre sei nel pieno del vigore… Chi abbandona il padre è come un bestemmiatore, chi insulta la madre è maledetto dal Signore (Sir 3,12-13; Sir 3,16).
Il rispetto filiale favorisce l'armonia di tutta la vita familiare; concerne anche le relazioni tra fratelli e sorelle. Il rispetto verso i genitori si riflette su tutto l'ambiente familiare. “Corona dei vecchi sono i figli dei figli” (Pr 17,6). “Con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza” sopportatevi “a vicenda con amore” (Ef 4,2).
I cristiani devono una speciale gratitudine a coloro dai quali hanno ricevuto il dono della fede, la grazia del Battesimo e la vita nella Chiesa. Può trattarsi dei genitori, di altri membri della famiglia, dei nonni, di pastori, di catechisti, di altri maestri o amici. “Mi ricordo della tua fede schietta, fede che fu prima nella tua nonna Lòide, poi in tua madre Eunice, e ora, ne sono certo, anche in te” (2Tm 1,5).
Doveri dei genitori
La fecondità dell'amore coniugale non si riduce alla sola procreazione dei figli, ma deve estendersi alla loro educazione morale e alla loro formazione spirituale. La funzione educativa dei genitori “è tanto importante che, se manca, può a stento essere supplita” [Conc. Ecum. Vat. II, Gravissimum educationis, 3]. Il diritto e il dovere dell'educazione sono, per i genitori, primari e inalienabili [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 36].
I genitori devono considerare i loro figli come figli di Dio e rispettarli come persone umane. Educano i loro figli ad osservare la legge di Dio mostrandosi essi stessi obbedienti alla volontà del Padre dei cieli.
I genitori sono i primi responsabili dell'educazione dei loro figli. Testimoniano tale responsabilità innanzitutto con la creazione di una famiglia, in cui la tenerezza, il perdono, il rispetto, la fedeltà e il servizio disinteressato rappresentano la norma. Il focolare domestico è un luogo particolarmente adatto per educare alle virtù. Questa educazione richiede che si impari l'abnegazione, un retto modo di giudicare, la padronanza di sé, condizioni di ogni vera libertà. I genitori insegneranno ai figli a subordinare “le dimensioni materiali e istintive a quelle interiori e spirituali” [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 36]. I genitori hanno anche la grave responsabilità di dare ai loro figli buoni esempi. Riconoscendo con franchezza davanti ai figli le proprie mancanze, saranno meglio in grado di guidarli e di correggerli: “Chi ama il proprio figlio usa spesso la frusta... Chi corregge il proprio figlio ne trarrà vantaggio (Sir 30,1-2 ).E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell'educazione e nella disciplina del Signore (Ef 6,4).
Il focolare domestico costituisce l'ambito naturale per l'iniziazione dell'essere umano alla solidarietà e alle responsabilità comunitarie. I genitori insegneranno ai figli a guardarsi dai compromessi e dagli sbandamenti che minacciano le società umane.
Dalla grazia del sacramento del Matrimonio, i genitori hanno ricevuto la responsabilità e il privilegio di evangelizzare i loro figli. Li inizieranno, fin dai primi anni di vita, ai misteri della fede dei quali essi, per i figli, sono “i primi annunziatori” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. Li faranno partecipare alla vita della Chiesa fin dalla più tenera età. I modi di vivere in famiglia possono sviluppare le disposizioni affettive che, per l'intera esistenza, costituiscono autentiche condizioni preliminari e sostegni di una fede viva.
L' educazione alla fede da parte dei genitori deve incominciare fin dalla più tenera età dei figli. Essa si realizza già allorché i membri della famiglia si aiutano a crescere nella fede attraverso la testimonianza di una vita cristiana vissuta in conformità al Vangelo. La catechesi familiare precede, accompagna e arricchisce le altre forme d'insegnamento della fede. I genitori hanno la missione di insegnare ai figli a pregare e a scoprire la loro vocazione di figli di Dio [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. La parrocchia è la comunità eucaristica e il cuore della vita liturgica delle famiglie cristiane; è un luogo privilegiato della catechesi dei figli e dei genitori.
I figli, a loro volta, contribuiscono alla crescita dei propri genitori nella santità [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 48]. Tutti e ciascuno, con generosità e senza mai stancarsi, si concederanno vicendevolmente il perdono che le offese, i litigi, le ingiustizie e le infedeltà esigono. L'affetto reciproco lo suggerisce. La carità di Cristo lo richiede [Cf Mt 18,21-22; Lc 17,4 ].
Durante l'infanzia, il rispetto e l'affetto dei genitori si esprimono innanzitutto nella cura e nell'attenzione prodigate nell'allevare i propri figli, e nel provvedere ai loro bisogni materiali e spirituali. Durante la loro crescita, il medesimo rispetto e la medesima dedizione portano i genitori ad educare i figli al retto uso della ragione e della libertà.
Primi responsabili dell'educazione dei figli, i genitori hanno il diritto di scegliere per loro una scuola rispondente alle proprie convinzioni. E', questo, un diritto fondamentale. I genitori, nei limiti del possibile, hanno il dovere di scegliere le scuole che li possano aiutare nel migliore dei modi nel loro compito di educatori cristiani [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gravissimum educationis, 6]. I pubblici poteri hanno il dovere di garantire tale diritto dei genitori e di assicurare le condizioni concrete per poterlo esercitare.
Diventando adulti, i figli hanno il dovere e il diritto di scegliere la propria professione e il proprio stato di vita. Assumeranno queste nuove responsabilità in un rapporto confidente con i loro genitori, ai quali chiederanno e dai quali riceveranno volentieri avvertimenti e consigli. I genitori avranno cura di non costringere i figli né quanto alla scelta della professione, né quanto a quella del coniuge. Questo dovere di discrezione non impedisce loro, tutt'altro, di aiutarli con sapienti consigli, particolarmente quando progettano di fondare una famiglia.
Alcuni non si sposano, al fine di prendersi cura dei propri genitori, o dei propri fratelli e sorelle, di dedicarsi più esclusivamente ad una professione o per altri validi motivi. Costoro possono grandemente contribuire al bene della famiglia umana.
La famiglia e il Regno
I vincoli familiari, sebbene importanti, non sono però assoluti. Quanto più il figlio cresce verso la propria maturità e autonomia umane e spirituali, tanto più la sua specifica vocazione, che viene da Dio, si fa chiara e forte. I genitori rispetteranno tale chiamata e favoriranno la risposta dei propri figli a seguirla. E' necessario convincersi che la prima vocazione del cristiano è di seguire Gesù: [Cf Mt 16,25 ] “Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me” (Mt 10,37).
Diventare discepolo di Gesù significa accettare l'invito ad appartenere alla famiglia di Dio, a condurre una vita conforme al suo modo di vivere: “Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre” (Mt 12,49).
I genitori accoglieranno e rispetteranno con gioia e rendimento di grazie la chiamata rivolta dal Signore a uno dei figli a seguirlo nella verginità per il Regno, nella vita consacrata o nel ministero sacerdotale.
Le autorità nella società civile
Il quarto comandamento di Dio ci prescrive anche di onorare tutti coloro che, per il nostro bene, hanno ricevuto da Dio un'autorità nella società. Mette in luce tanto i doveri di chi esercita l'autorità quanto quelli di chi ne beneficia.
Doveri delle autorità civili
Coloro che sono rivestiti d'autorità, la devono esercitare come un servizio. “Colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo” (Mt 20,26). L'esercizio di un'autorità è moralmente delimitato dalla sua origine divina, dalla sua natura ragionevole e dal suo oggetto specifico. Nessuno può comandare o istituire ciò che è contrario alla dignità delle persone e alla legge naturale.
L'esercizio dell'autorità mira a rendere evidente una giusta gerarchia dei valori al fine di facilitare l'esercizio della libertà e della responsabilità di tutti. I superiori attuino con saggezza la giustizia distributiva, tenendo conto dei bisogni e della collaborazione di ciascuno, e in vista della concordia e della pace. Abbiano cura che le norme e le disposizioni che danno non inducano in tentazione opponendo l'interesse personale a quello della comunità [Cf Giov. Paolo II, Centesimus annus, 25].
I poteri politici sono tenuti a rispettare i diritti fondamentali della persona umana. Cercheranno di attuare con umanità la giustizia, nel rispetto del diritto di ciascuno, soprattutto delle famiglie e dei diseredati.
I diritti politici connessi con la cittadinanza possono e devono essere concessi secondo le esigenze del bene comune. Non possono essere sospesi dai pubblici poteri senza un motivo legittimo e proporzionato. L'esercizio dei diritti politici è finalizzato al bene comune della nazione e della comunità umana.
Doveri dei cittadini
Coloro che sono sottomessi all'autorità considereranno i loro superiori come rappresentanti di Dio, che li ha costituiti ministri dei suoi doni: [Cf Rm 13,1-2] “State sottomessi ad ogni istituzione umana per amore del Signore… Comportatevi come uomini liberi, non servendovi della libertà come di un velo per coprire la malizia, ma come servitori di Dio” (1Pt 2,13; 1Pt 2,16). La leale collaborazione dei cittadini comporta il diritto, talvolta il dovere, di fare le giuste rimostranze su ciò che a loro sembra nuocere alla dignità delle persone e al bene della comunità.
E' dovere dei cittadini dare il proprio apporto ai poteri civili per il bene della società in spirito di verità, di giustizia, di solidarietà e di libertà. L'amore e il servizio della patria derivano dal dovere di riconoscenza e dall'ordine della carità. La sottomissione alle autorità legittime e il servizio del bene comune esigono dai cittadini che essi compiano la loro funzione nella vita della comunità politica.
La sottomissione all'autorità e la corresponsabilità nel bene comune comportano l'esigenza morale del versamento delle imposte, dell'esercizio del diritto di voto, della difesa del paese:
Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo il tributo; a chi le tasse le tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto, il rispetto (Rm 13,7).
I cristiani... abitano nella propria patria, ma come pellegrini; partecipano alla vita pubblica come cittadini, ma da tutto sono staccati come stranieri... Obbediscono alle leggi vigenti, ma con la loro vita superano le leggi... Così eccelso è il posto loro assegnato da Dio, e non è lecito disertarlo! [Lettera a Diogneto, 5, 5. 10; 6, 10]
L'Apostolo ci esorta ad elevare preghiere ed azioni di grazie “per i re e per tutti quelli che stan-no al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità” (1Tm 2,2).
Le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, nella misura del possibile, lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese di origine. I pubblici poteri avranno cura che venga rispettato il diritto naturale, che pone l'ospite sotto la protezione di coloro che lo accolgono.
Le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili, possono subordinare l'esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del paese che li accoglie. L'immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri.
Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell'ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto d'obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione tra il servizio di Dio e il servizio della comunità politica. “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,21). “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 5,29).
Dove i cittadini sono oppressi da una autorità pubblica che va al di là delle sue competenze, essi non ricusino quelle cose che sono oggettivamente richieste dal bene comune; sia però loro lecito difendere i diritti propri e dei propri concittadini contro gli abusi di questa autorità, nel rispetto dei limiti dettati dalla legge naturale ed evangelica [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 74].
La resistenza all'oppressione del potere politico non ricorrerà legittimamente alle armi, salvo quando sussistano tutte insieme le seguenti condizioni:
1. in caso di violazioni certe, gravi e prolungate dei diritti fondamentali;
2. dopo che si siano tentate tutte le altre vie;
3. senza che si provochino disordini peggiori;
4. qualora vi sia una fondata speranza di successo;
5. se è impossibile intravedere ragionevolmente soluzioni migliori.
La comunità politica e la Chiesa
Ogni istituzione si ispira, anche implicitamente, ad una visione dell'uomo e del suo destino, da cui deriva i propri criteri di giudizio, la propria gerarchia dei valori, la propria linea di condotta. Nella maggior parte delle società le istituzioni fanno riferimento ad una certa preminenza dell'uomo sulle cose. Solo la Religione divinamente rivelata ha chiaramente riconosciuto in Dio, Creatore e Redentore, l'origine e il destino dell'uomo. La Chiesa invita i poteri politici a riferire i loro giudizi e le loro decisioni a tale ispirazione della Verità su Dio e sull'uomo:
Le società che ignorano questa ispirazione o la rifiutano in nome della loro indipendenza in rapporto a Dio, sono spinte a cercare in se stesse oppure a mutuare da una ideologia i loro riferimenti e il loro fine e, non tollerando che sia affermato un criterio oggettivo del bene e del male, si arrogano sull'uomo e sul suo destino un potere assoluto, dichiarato o non apertamente ammesso, come dimostra la storia [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 45; 46].
La Chiesa, che a motivo della sua missione e della sua competenza, non si confonde in alcun modo con la comunità politica, è ad un tempo il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana. “La Chiesa… rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 76].
E' proprio della missione della Chiesa “dare il suo giudizio morale anche su cose che riguardano l'ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime. E questo farà, utilizzando tutti e solo quei mezzi che sono conformi al Vangelo e al bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle situazioni” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 76].